European AIDS Conference 2009

  

Si è conclusa la XII European AIDS Conference, organizzata a Colonia – Germania – dall’11 al 14 novembre 2009, dalla European AIDS Clinical Society (EACS): un’associazione di clinici e ricercatori attiva nel settore dal 1991. La EACS è anche nota per essersi assunta l’onere di produrre le linee guida europee per la gestione clinica e della terapia delle persone con HIV in Europa.

La conferenza ha visto la partecipazione di 60 Paesi, oltre 600 gli abstract presentati (la raccolta è disponibile presso il Centro di documentazione del Cassero). Sono state presentate numerose ricerche, molte delle quali proposte da ricercatori italiani e anche, cosa che mi ha dato un certo orgoglio, da associazioni di pazienti come Nadir Onlus, con la quale collaboriamo frequentemente.

Nadir ha presentato numerosi panel relativi alla ricerca sociale Posit, e il nome di Nadir campeggiava anche su una ricerca medica relativa all’utilizzo di un farmaco antiretrovirale (nevirapina), a dimostrazione, non che ce ne fosse il bisogno, che anche le associazioni di pazienti possono promuovere ricerche serie e di rilievo. Ne approfitto per ringraziare Nadir Onlus il cui interessamento ha reso possibile la mia partecipazione alla conferenza senza oneri per il Cassero. Le risorse del Cassero sono state utilizzate per consentire anche a Michele Novello
di partecipare alla conferenza in qualità di social worker e quindi con un costo di iscrizione molto ridotto.

Una nota di colore che mi piace segnalare: per la durata della conferenza, tutto il personale front end dell’hotel ha indossato il fiocco rosso, simbolo della lotta contro l’AIDS.

AIDS-Hilfe di Colonia ha accolto partecipanti con la esposizione, Europe against AIDS, di poster che mostrano come viene trattato il tema della prevenzione in Europa.
Sorpresa: anche la campagna di Arcigay “Sex Symbol tanto criticata in Italia anche al nostro interno (a sproposito), ha trovato posto vicino alle campagne delle altre grandi associazioni europee.La nostra campagna è risultata la più “pudica” fra quelle esposte, alcune delle quali lasciavano davvero poco spazio all’immaginazione.Pochissimo lo spazio dedicato alla conferenza mondiale sull’AIDS che si terrà a Vienna a luglio del prossimo anno, solo un piccolo banchetto con pieghevoli in un corridoio poco frequentato.

La conferenza è iniziata con diversi simposi a cura di alcune multinazionali farmaceutiche. Fra gli altri ho trovato interessante quello di Tibotec dal titolo “Meeting the patient and physician expectation“. Interessante perché ha messo a confronto le aspettative del medico e quelle del paziente, tema importante per gestire una terapia a lungo termine. Sul palco c’era proprio un paziente, Oscar Hammerstein un avvocato olandese, che ha relazionato in merito alle sfide che la terapia pone da punto di vista di chi le assume.

Ho trovato importante questa scelta di Tibotec, anche se senz’altro motivata da un ritorno economico, perché non si contano le ricerche che dimostrano come una percentuale molto importante di pazienti (oltre il 50-60%) cambia terapia a motivo della tossicità, mentre le multinazionali ancora oggi rilanciano sulla semplificazione terapeutica, sulla pillola once a day, ecc.

Non da oggi sostengo che la voce e il peso delle associazioni di pazienti, ma anche delle associazioni di comunità come è Arcigay, comunità pesantemente colpite dall’HIV, si devono sentire in queste occasioni.

A seguire la Merck Sharp & Dohme (MSD) ha presentato il simposio dal titolo Initiating HIV Therapy: open a world of possibilities.
Argomento che ho trovato interessante, al di là del fatto che è ovvio che una casa farmaceutica abbia piacere di vendere i propri prodotti, perché in effetti le possibilità offerte dalle varie combinazioni di farmaci e l’introduzione di nuovi farmaci che, per esempio, inibiscono al virus la possibilità di penetrare nella cellula da parassitare, offrono molte possibilità in termini di lotta contro l’HIV, di abbattimento della carica virale e, di conseguenza, di controllo della replicazione del virus anche in termini di prevenzione.

Il simposio pomeridiano, dal titolo “New evidence for Viramune“, è stato a cura della Boeringher Ingelheim che ha presentato alcuni studi effettuati sul suo farmaco Viramune (nevirapina).
Ne è uscito un farmaco all’apparenza ottimo, ben tollerato a livello epatico anche in caso di presenza di coinfezioni da epatite C, tutt’altro che infrequenti nelle persone con HIV, un farmaco che non crea problemi importanti a livello lipidico. È stato inoltre presentato lo studio ArTEN: si tratta di uno studio prospettico, iniziato nel 2006, che mette a confronto Nevirapina e Atazanavir/Ritonavir entrambi sostenuti da un backbone (ossia farmaci di accompagnamento) di TDF/FTC (Tenofovir/Emtricitabina
–farmaci antiretrovirali che inibiscono un enzima di HIV chiamato Trascrittasi inversa, centrale nella riproduzione virale perché è un grado di sintetizzare DNA utilizzando come “stampo” l’RNA virale). In uno dei bracci di sperimentazione è stato valutato anche l’uso del Viramune in monoterapia (200 mg due volte al giorno o 400 mg una volta al giorno). I dati riportati, a 48 settimane, sembrano avvallare l’ipotesi attesa ossia che i risultati di Viramune non sono inferiori a quelli ottenuti con gli atri farmaci in cocktail. Data la buona tollerabilità di questo farmaco, se assunto con regolarità perché, se ben ricordo, non è impossibile che HIV diventi resistente al farmaco, questi risultati lasciano ben sperare, ma, come è stato sottolineato, attualmente Viramune non è consigliato in monoterapia.

Un certo spazio è stato riservato alla gestione dell’infezione da HIV sul piano clinico, con diversi case studies riportati, statistiche di efficacia di determinate combinazioni di farmaci, ecc. come è normale che avvenga nelle conferenze mediche. Ma è interessante notare come sia stato dato molto spazio anche alla qualità della vita del paziente sieropositivo, sia pur sempre in un’ottica clinica.

Ossia, ora che siamo riusciti a far vivere più a lungo le persone con HIV, a quali problemi andiamo incontro e quanto incide HIV nella gestione delle “normali” problematiche fisiche dovute allo scorrere degli anni, come il rischio cardiovascolare, il diabete, le problematiche cognitive, vari tipi di cancro non direttamente legati all’AIDS, ecc. A giudicare dai dati riportati incidono parecchio: i 2/3 delle morti, nell’era della terapia antiretrovirale, sono causate da eventi non correlati all’AIDS.

Un’area molto vasta su cui si stanno accumulando dati di un certo rilievo al punto che le nuove linee guida europee, presentate durante una sessione, tengono conto dei numerosi fattori relativi alla salute generale sia pur in ambito HIV.

Uno degli studi più preoccupanti riguarda l’incidenza del cancro anale in particolare negli MSM (maschi che fanno sesso con maschi), che è risultata essere molto alta in caso di MSM sieronegativi, aumenta ancora in caso di sieropositività. Al punto che nelle linee guida vengono consigliati test periodici specifici anche in considerazione del fatto che sono possibili numerosi trattamenti, dalla coagulazione ad infrarossi alle tecniche chirurgiche, con buonissime possibilità di sopravvivenza.

In considerazione del fatto che il cancro anale è molto diffuso nella popolazione generale, meglio sarebbe che questi screening periodici venissero effettuati nell’ambito di un progetto nazionale, in modo da evitare l’ennesima possibilità di stigma.

Le linee guida assegnano un ruolo importante anche alla prevenzione del rischio cardiovascolare, cosa molto importante se si tiene conto del dato emerso, se ben ricordo, da uno studio del Policlinico di Modena che stima come le arterie di una persona sieropositiva siano mediamente più “vecchie” in modo consistente, rispetto alle arterie di un pari età sieronegativo.

Ultimi, perché sicuramente non sapete già più cosa toccarvi, due punti importanti: uno riguarda l’incidenza della osteoporosi nelle persone con HIV al punto che più esperti hanno definito l’HIV stesso come fattore secondario predittivo di osteoporosi (esiste comunque il farmaco Alendronato che, come dimostra lo studio ANRS 120, riduce i problemi relativi all’osteoporosi anche se, per il paziente, è un’altra pillola da prendere una volta alla settimana praticamente per tutta la vita).

Il secondo punto riguarda lo sviluppo di problemi cognitivi. Non ho la sensazione che in Italia questo tema stia molto a cuore agli infettivologi, tuttavia lo studio presentato dal dott. Du Pasquier, se da un lato ci ha dato la buona notizia che la demenza da HIV è ormai da considerare un evento raro, anche in caso di successo terapeutico rispetto all’HIV, quindi con la soppressione della viremia nel sangue, il virus continua ad essere presente nel cervello e a fare il suo lavoro, non attaccando direttamente il cervello ma producendo enzimi tossici, es. ß-amyloid, che causano disturbi anche di tipo degenerativo.

Secondo lo studio il motivo per cui i problemi sono presenti anche in caso di soppressione della viremia plasmatica, è da ricercare nella scarsa capacità di penetrazione dei farmaci antiretrovirali nel sistema nervoso centrale. Gli stessi dati erano già stati presentati l’anno scorso alla Conferenza di Città del Messico dal dott. Levin, ma lasciano comunque perplessi.

Solo ancora un dato più di “costume”, non ho potuto non notare come mentre a Città del Messico ricevevamo preservativi ad ogni angolo del centro congressi, a Colonia i condom sono stati pochissimo presenti (gel poi totalmente assenti). Giustamente i dottori non fanno sesso sapendo a cosa vanno incontro, e le multinazionale devono pur vendere!

Il prossimo appuntamento della conferenza europea sull’AIDS è previsto a Belgrado dal 12 al 15 ottobre 2011.

Non ho ovviamente idea di chi sarà il prossimo responsabile nazionale salute, ma penso che questo sia un appuntamento importante anche solo da un punto di vista formativo.

Sandro Mattioli
Responsabile Salute Arcigay Il Cassero – Bologna
http://www.casserosalute.it/blog/

 

 


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