Perché Berlino è capitale gay

  

BERLINO – Sono in trecentomila, quasi un decimo degli abitanti della capitale della Germania unita e del Mitteleuropa. Sono attivi, fantasiosi, si organizzano sempre di più: hanno associazioni per il loro networking tra i partiti politici, una federazione di loro imprenditori, società sportive, locali esclusivi, gruppi di avvocati o medici e gallerie d’arte che lavorano per loro, una miriade di siti online per loro e per il loro dialogo col resto della società.

Parliamo dei gay, la nuova élite trendy di Berlino capitale. Nella Germania che ha una donna dell’est cancelliere, un gay dichiarato vicecancelliere e ministro degli Esteri e altri due omosessuali maschi, decisisi da tempo al coming out, governatori (Klaus Wowereit, spd, a Berlino, e Ole von Beust, cdu, ad Amburgo), la grande svolta delle pari opportunità è anche questa: i gay vivono la città come la loro, se la sono giustamente ripresa. La Berlino che sotto il Kaiser li tollerava, e sotto Hitler li perseguitò nel modo più brutale, è tornata quel che era negli anni Venti, i roaring twenties il cui vivacissimo, colto mondo omosessuale ci è tramandato da "Goodbye to Berlin" di Christopher Isherwood: la vera capitale degli omosessuali e della loro cultura, a livello europeo e sempre più anche mondiale.

Persino la liberal ma, in Germania, lontana Sueddeutsche Zeitung, il quotidiano di Monaco, primo per diffusione tra i quotidiani cartacei di qualità, da Monaco di Baviera distante anni luce per tradizioni e abitudini dalla capitale federale, si è accorta della svolta, e giustamente le ha dedicato la sua autorevole, prestigiosa terza pagina. Sono in trecentomila almeno, ma forse molti di più, perché non tutti si dichiarano. Trecentomila vuol dire l’equivalente dell’intera popolazione di Bonn, la capitale provvisoria della Repubblica federale nella guerra fredda, o di Karlsruhe, la splendida città neoclassica sede della Corte costituzionale.

Le cifre non dicono tutto, afferma Alexander Zinn, leader del Lesben-und Schwulenverband Berlin-Brandenburg (Unione delle lesbiche e dei gay di Berlino e del Brandeburgo). Sono ceto e comunità culturale, lobby e gruppo d’interesse. I suoi esponenti più audaci, sui loro media, scrivono frasi entusiasti: "La libertà di cui godiamo a Berlino è senza paragoni, non c’è mai stata in altri luoghi o tempi della Storia, nemmeno a Sodoma e Gomorra o nell’antica Roma".

La "Szene", cioè l’ambiente, delle comunità omosessuali di Berlino, si fa sempre più variegato, creativo e motore nella vita culturale, e attira visitatori alla grande da ogni parte del mondo: a ogni edizione del Christopher Street Day qui gli alberghi sono pieni al 95 per cento. Non vanno più per la maggiore solo i locali dove ti vesti in cuoio lucido, o quasi per niente: la bandiera arcobaleno sventola ovunque. Nei loro quartieri-roccaforte, Schoeneberg detto anche ‘quartiere dei premi Nobel’ per i tanti che vi vissero nel secolo scorso e oggi, Kreuzberg cittadella multietnica, o Friedrichshain all’est, dilagano gallerie d’arte e librerie, club chic per il weekend, medici e dentisti, ortopedici, psicoterapeuti che si riconoscono e si identificano nel mondo gay.

Vorspiel, gioco d’allenamento, è diventato il più importante circolo sportivo omosessuale d’Europa, ‘Seitenwechsel’ (cambio di parti) è il suo equivalente per le lesbiche. Balsam è l’associazione dei gay anziani, ‘over the Rainbow’ l’agenzia di viaggi per loro. Wirtschaftsweiber, donne in economia, si chiama il gruppo delle lesbiche decise a farsi avanti nelle aziende. E il Voelklinger Kreis è l’autorevole, influente associazione federale dei manager gay. Diversity management, gestire la diversità ma anche management con un altro stile, è il loro slogan. Ormai è normale che un manager d’alto livello, come Harald Christ della tradizionalista Weberbank, dichiari in pubblico il suo privato.

La nuova élite di Berlino festeggia, ha i suoi appuntamenti e club riservati: parties di caccia nei castelli del Brandeburgo, o gite in battello per ascoltare musica classica. Ma soprattutto è un’élite che ha anche voglia di famiglia. Una lesbica su quattro e un gay su sette nella capitale ha un bambino. Adottato, oppure procreato: in provetta, oppure a casa con l’aiuto di amici omosessuali o no. Queer and Kids è l’associazione che aiuta omosessuali maschi e femmine desiderosi di avere o crescere figli a mettersi in contatto tra loro, o a realizzare altrimenti il sogno. "Ich bin schwul, und das ist gut so" (sono omosessuale, e va bene così", la storica frase con cui il borgomastro Klaus Wowereit rivelò per la prima volta la sua omosessualità a un congresso spd, è diventata quasi motto e valore costitutivo di tolleranza d’una città intera.

Berlino, che traumatizzata da troppi drammi storici ha meno cultura borghese sedimentata di altre città tedesche ed europee, spiega Evelyn Roll sulla Sueddeutsche, è anche nei valori sul gender una città che – specie da quando vent’anni fa cadde il Muro – si reinventa in permanenza, reinventa in permanenza anche i suoi valori borghesi. Quindi coopta in essi anche la sempre più vivace comunità gay. Una comunità che tra l’altro rifiuta a ogni costo di autoghettizzarsi: verso il mondo etero lancia solo segnali di amicizia.

http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/berlino-gay/berlino-gay/berlino-gay.html


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