Arcigay Milano: donatori gay, siamo attenti

  

Da bravo lettore di Repubblica ho letto la sua risposta alla lettera sulle donazioni di sangue, e sinceramente sono rimasto un po’ basito. Trovo il riferimento alle associazioni dei gay che latitano del tutto fuori luogo e infondato. Arcigay Milano lavora in trincea in un territorio amministrato da 20 anni da una destra clericale che impedisce politiche di prevenzione e attenzione su Hiv/Aids e malattie sessualmente trasmissibili. Non vi è nessuna politica di prevenzione nelle nuove generazioni che sono allo sbando e senza informazioni riguardo le malattie trasmesse sessualmente. Da soli, senza le istituzioni, cerchiamo con le forze dei volontari di dare informazioni e di distribuire migliaia di preservativi acquistati direttamente dall’associazione. La nostra associazione svolge dal 1989 un servizio chiamato «telefono amico gay» che fu il primo numero verde Aids in questo Paese e al quale rispondono operatori volontari preparati ogni giorno della settimana. Purtroppo sussistono delle linee guida e dei protocolli che tuttora rendono impossibile la donazione del sangue a quelle che in modo disgustoso vengono ancora chiamate «categorie». Cig Arcigay Milano esiste dal 1984. Allora avevo 5 anni e sono cresciuto con campagne di informazione e discussioni a casa e a scuola. Ora invece, diciottenni eterosessuali «orfani» chiamano al nostro telefono amico per avere informazioni perché hanno le idee confuse e nessuno parla a loro di come stanno le cose.
Marco Mori, Presidente Arcigay Milano

La generosità non accetta discriminazioni

“Sono d´accordo sul fatto che gli omosessuali come altre categorie a rischio non possano donare il sangue”

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Gentile Kola, mi riferisco al divieto di donare il sangue per certe categorie di persone e sono quasi certo che questa volta riceverò, se la riceverò, una delle sue «pepate» risposte. Sono d´accordo sul fatto che gli omosessuali (contro i quali non ho nulla di personale e fra i quali ho amici), come altre categorie a rischio, non possano donare il sangue. I protocolli in merito sono giustamente rigorosi. Non si può correre il rischio di una trasmissione di Hiv (già così diffusa e pericolosa, vedi recente supplemento salute su Repubblica). Io capisco l´irritazione e la delusione di molti/e che vorrebbero fare del bene, ma in questo campo il rigore è d´obbligo.
Romano Scaffardi

Oggi giornata monotematica di Postacelere, con le due lettere qui sotto molto interessanti che mi scuso per aver tagliato, sperando di averne mantenuto integro il senso. Il tema è stato spesso segnalato dai lettori. C´è una sorta di ripetizione: si va a donare il sangue, si dichiara onestamente quali siano le preferenze sessuali e gli stili di vita e, zac, allarme rosso, allarme rosso. Quindi delusione, perché – dico e ripeto – tra una coppia di lesbiche (il riferimento è all´ultima lettrice, pubblicata martedì della settimana scorsa, lo so, il tempo vola) e un divorziato eterosessuale che frequenta i bar della notte io credo fermamente, pur non essendo medico, ma non essendo «pirla», che il più a rischio sia il secondo. E di brutto.
Ci piacerebbe che Mori, presidente Arcigay Milano, prendesse questa nostra paginetta con quanto ha scritto l´ex presidente Avis e la facesse girare. Perché, con tutto il rispetto, mi permetto di dire che Mori un po´ sbaglia: è chiaro che le associazioni fanno quello che possono per far circolare voci e notizie, ma sul tema della donazione del sangue, a mio parere, non si sono fatte sentire troppo (mai?). Cioè: è stato sinora facile sentire «voci» su movida, aggressioni, discriminazioni sul luogo di lavoro, ma forse perché donare il sangue non interessa molti, forse per sorvolare ed evitare altre polemiche, altro chiasso, il tema gay-donatori non è stato «valorizzato». Nemmeno Postacelere ama il chiasso, anzi. Ma forse questa può essere l´occasione per riflettere un po´ di più sulla «generosità» e sul «volontariato» (a cominciare da me). Popolazione invecchiata e immigrazioni, sangue che arriva da fuori Milano, gay come categoria: signori delle Asl, datevi una sveglia anche voi, e non solo per gli appalti.