Arcigay: è ora di cambiare passo su hiv-aids, al via il progetto “pratiche positive”

  

Federico Sassoli, responsabile del progetto “Pratiche positive” finanziato dal Ministero del Lavoro, spiega quali iniziative intende prendere l’associazione nei prossimi mesi per la prevenzione dell’hiv/aids e per la lotta alla discriminazione delle persone sieropositive. A loro l’invito a collaborare con l’assocazione compilando un questionario anonimo on-line. Ecco perchè.

Che cosa è il progetto “Pratiche positive” di Arcigay?

Il progetto è ambizioso e ha l’obiettivo di esplorare la relazione del paziente LGBT nei confronti della struttura sociosanitaria, ponendo in rilievo eventuali esigenze e/o criticità connesse al proprio orientamento sessuale, identità di genere e stato sierologico.
Si pone anche l’obiettivo di individuare eventuali atteggiamenti discriminatori presenti nei confronti delle persone LGBT e HIV +.
Oltre a questo si cercherà di esplorare l’area delle credenze e degli atteggiamenti del paziente LGBT e del paziente HIV + relativamente alla propria identità sessuale, al proprio stato sierologico e al proprio ruolo in quanto paziente; del personale sociosanitario coinvolto all’interno di servizi sociosanitari relativamente all’orientamento sessuale, identità di genere, infezione da HIV e sulle relazioni medico-paziente.
Oltre alla fase di ricerca, esso prevede anche una fase di formazione rivolta a volontari dell’associazione ed operatori attivi nell’ambito della salute sui temi relativi all’ascolto, all’accoglienza e al rispetto delle diversità, in particolar modo quelle connesse alle tematiche dell’identità sessuale e della sieropositività. Lo scopo della formazione è fornire strumenti utili per orientare la persona all’interno del sistema sociosanitario e dei servizi nonché per porsi essi stessi in relazione con tale sistema, avviando pratiche virtuose di collaborazione, comunicazione, supporto e sussidiarietà.

Come primo step avete diffuso un questionario, ovviamente anonimo, e avete invitato le persone sieropositive a rispondere. Ma non esistono dati sul tema?

Dal 2008 al 2010 le ricerche Sialon ed EMIS hanno evidenziato una significativa prevalenza , all’interno della popolazione LGBT ed in particolare per gli uomini gay e bisessuali, dell’infezione da HIV. Le stesse ricerche hanno posto in evidenza come la maggiore o minore presenza di omofobia percepita e/o interiorizzata siano in stretta correlazione con la maggiore o minore presenza di comportamenti volti a tutelare la propria salute.
Da qui nasce l’esigenza di indagare il tema dell’omofobia e dell’esclusione delle persone LGBT in ambito sanitario nonché di approfondire quale sia oggi la percezione dei pazienti LGBT che si relazionano ai servizi sanitari ed in particolar modo a quei servizi che si occupano di HIV e quali risposte tali servizi forniscano all’utenza, individuando quali risorse possano essere messe in atto dal personale delle strutture e dalle associazioni per migliorare il benessere della popolazione LGBT in tali contesti. Arcigay, con il suo comitato di Bologna, è promotrice di una importante ricerca, HIVOICES, che ha indagato il tema della sieropositività in ambito LGBT ha portato importanti evidenze su quali possano essere i risultati di azioni di empowerment per le persone HIV+. È in quest’ottica che nel progetto sono stati coinvolti i maggiori esponenti del panorama LGBT italiano in materia di HIV (voglio ricordare tra gli altri Sandro Mattioli e Stefano Pieralli di Plus Onlus) e il nostro segretario Nazionale Michele Breveglieri.

Stanno arrivando le prime risposte, puoi anticiparci qualcosa?

Al momento non è possibile dare nessun tipo di anticipazione.
Posso dire che al momento sono circa 300 le persone che hanno compilato interamente il questionario, saremo in grado di dare i primi dati solo nei prossimi mesi dal momento che c’è bisogno di un campione ampio e diversificato per poter giungere ad una rappresentazione il più possibile fedele alla realtà che stiamo osservando.

Perché è importante partecipare?

Perché abbiamo poche informazioni sull’entità, i contesti, e le forme di discriminazione. Far emergere queste informazioni è il primo passo per poterle contrastare. Senza queste informazioni, è difficile realizzare proposte efficaci di contrasto. Inoltre, la discriminazione, se non viene fatta emergere, problematizzata e discussa, tende a perpetuarsi con maggiore facilità.

E’ anonimo?

Assolutamente sì

Quali saranno i passaggi successivi?

Oltre all’indagine in corso, prevediamo un’indagine sul personale socio sanitario e una fase di intervento formativo con operatori socio-sanitari e pazienti HIV+.

Concretamente che cosa si può fare per ridurre discriminazione e stigma?

Intanto partecipare e diffondere iniziative come queste. Quotidianamente dando l’esempio, non banalizzando o sottostimando il problema.
Dal punto di vista di enti, istituzioni e associazioni, diffondere, proporre e promuovere iniziative di sensibilizzazione, informazione ed educazione. Poi sono necessari interventi ad hoc nelle organizzazioni, come quello previsto nel progetto con gli operatori.

Si sente spesso parlare di un presunto immobilismo di Arcigay rispetto alla questione dell’hiv-aids. Cosa pensi al riguardo?

Che è una critica assolutamente condivisibile, e in questo senso stiamo facendo noi stessi una profonda autocritica. Ma c’è una ragione storica e culturale per questa difficoltà ad assumere come proprio e prioritario il tema HIV da parte di una grande associazione come Arcigay, ed è una timidezza mista ad imbarazzo che pervade l’intero movimento LGBT a nostro parere: parliamo della resistenza atavica, ancorata agli anni ’80 e ’90 probabilmente, ad associare omosessualità ed HIV/AIDS per evitare il doppio stigma nell’immaginario pubblico, con il risultato che in termini di prevalenza la nostra comunità è la più colpita, soprattutto sul versante maschile, ma allo stesso tempo non siamo oggetto di strategie di promozione della salute focalizzate sui nostri bisogni, né da parte delle associazioni LGBT (Arcigay inclusa) né tantomeno da parte delle istituzioni pubbliche.

Altrove, ormai, questa timidezza è superata ampiamente e istituzioni e movimento LGBT collaborano su strategie orientate agli specifici bisogni della comunità. In Italia siamo ancora agli albori di questa prospettiva, come sempre in ritardo. C’è molto da fare, ma se non sgombriamo il campo da quella timidezza e da quell’imbarazzo, non andremo da nessuna parte.

Arcigay ora è determinata a cambiare passo, non solo con questo e altri progetti mirati alla prevenzione, al test HIV, alla lotta alla discriminazione delle persone che vivono con HIV, ma più in generale con una maggiore e netta presenza politica sul tema HIV, che è un tema centrale tanto quanto lo sono l’omofobia, i diritti, la visibilità.