L’Arcigay incontra il ministro

  

di Laura Galassi

Arcigay e Arcilesbica chiedono alla Provincia di associare agli aiuti economici in Uganda una campagna di sensibilizzazione sui diritti degli omosessuali. Non solo pozzi, scuole e ospedali, ma anche un tentativo di fare un passo indietro rispetto alla vigente legge omofoba, che prevede condanne fino a 14 anni di prigione per la sola colpa di frequentare una persona dello stesso sesso.
A preoccupare ancora di più Arcigay – che nel palazzo della Provincia ieri ha invitato il presidente nazionale Flavio Romani e Giorgio dell’Amico, responsabile per immigrazione – è una proposta di legge, ferma nel parlamento ugandese da qualche anno, che prevede una maggiore criminalizzazione del «reato» di omosessualità, fino alla pena di morte. Questa iniziativa legislativa, inoltre, invita alla delazione, prevedendo delle pene per famigliari e conoscenti che non «denunciano» le coppie omosex.
Una vera «caccia alle streghe», che Arcigay non può tollerare e che dovrebbe mettere all’allerta Pacher e colleghi sulla possibilità di trattare con la repubblica est-africana. Se la settimana scorsa i toni delle due associazioni erano più che accesi nei confronti dell’arrivo a Trento di James Baba , ministro degli interni ugandese, invitato in Trentino dall’Associazione centro aiuti volontari (Acav), ieri al volantinaggio e ai picchetti si è preferito il dialogo. Baba e Hassan Nginya, il governatore del distretto di Koboko, dove è molto attiva Acav, hanno accettato di sedersi faccia a faccia con una delegazione delle associazioni omosessuali.
Tra i due gruppi la distanza di pensiero è siderale, ma già il fatto di essersi accomodati allo stesso tavolo è un piccolo passo verso la presa in considerazione di un’atroce violazione dei diritti umani. Il ministro ha legato la questione della persecuzione nei confronti dei gay a un fattore culturale e religioso, ma ha assicurato che la «Kill the gays bill», la legge che prevede la pena di morte, è l’iniziativa di un singolo parlamentare. «Per il governo non è il momento di discutere questa legge, ci sono cose più importanti da fare per l’Uganda», ha detto James Baba. «L’orientamento sessuale per noi è una cosa privata, non riguarda la politica. È la promozione dell’omosessualità a essere di nostra competenza», ha aggiunto il ministro.
Il sostanziale disinteresse per la questione della delegazione africana non ha lenito la preoccupazione del neo eletto presidente di Arcigay Trentino, Paolo Zanella e dell’avvocato Alexander Schuster . «Per noi non è accettabile finire in galera perché si ama qualcuno e nemmeno ci basta il fatto che il governo ugandese si limiti a congelare la situazione esistente, dove di fatto c’è già un impianto sanzionatorio terribile nei confronti dei gay».
A fare da mediatore durante l’incontro è stato Pierluigi Floretta , direttore Acav in Uganda. «Ci vuole del tempo affinché le cose cambino in Africa, almeno due generazioni. Noi interveniamo sulle emergenze, creiamo i presupposti per la tutela di tutti i diritti umani. Più di così è difficile chiedere».


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