Analisi giuridica della legge contro l’omotransfobia approvata alla Camera

  

a cura del Responsabile  del Settore Giuridico di  Arcigay – Avv. Salvatore Simioli

 

Analisi del Disegno di Legge approvato dalla Camera dei Deputati il 4/11/2020

“Misure di prevezione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità

Link al testo della legge approvato alla Camera

 

Il 4 novembre 2020, con 265 voti favorevoli, 193 contrari, è stata approvata alla Camera la Legge sulle misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità.

Il testo di legge approvato dalla Camera si compone di dieci articoli, i primi sei riguardano l’ambito penale (1-6) e i rimanenti quattro (art.7-10) le azioni positive di specifico contrasto alle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere.

L’art. 1, riguarda le definizioni, di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Dal punto di vista tecnico-giuridico poteva non essere inserito, perché detti termini sono già ampiamente usati dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale, pertanto non necessitavano di essere definiti dal legislatore. Con le definizioni “rigide” si rischia di escludere alcune fattispecie che invece la legge intende certamente reprimere (ad esempio le condotte criminali motivate dall’odio verso le persone asessuali o intersessuali), per valutarne l’impatto sostanziale occorrerà monitorare l’evoluzione della giurisprudenza per capire se i giudici applicheranno in forma estensiva le tutele o meno. C’è da dire che l’inserimento dell’art 1 (definizioni) è stato sollecitato dalla Commissione Affari Costituzionali, ed è volto ad evitare qualsiasi dubbio sulla costituzionalità della legge, è il caso di ricordare che nel 2009 la legge contro l’omobitransfobia fu “affondata” con l’approvazione di una questione pregiudiziale di costituzionalità (proposta dall’UDC)  che lamentava la violazione del principio di tassatività delle fattispecie penali, per la presunta indeterminatezza dell’espressione “orientamento sessuale” Quindi, con la introduzione delle definizioni, si è voluto togliere una pietra d’inciampo al percorso della legge.

 

Gli art. 2 e 3 riguardano il “cuore” della legge ed apportano le modifiche agli articoli 604 bis e 604 ter del codice penale. 

L’art.2  inserisce il sesso, il genere, l’orientamento sessuale,  l’identità di genere e la disabilità tra i moventi dei reati annoverati dall’articolo 604-bis del codice penale, diretto a tutelare il rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza sostanziale, mediante la punizione di qualsiasi condotta di istigazione o commissione di discriminazione o violenza per motivi etnici, razziali o religiosi, “oppure fondati sul sesso, sul genere, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o sulla disabilità”.

Pertanto chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione fondati sul sesso, genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità è punito con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro, così come già previsto per le altre fattispecie considerate dalla disposizione (per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi)

Inoltre chi istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, così come già previsto per le altre fattispecie considerate dalla disposizione (per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi).

L’articolo interviene anche a integrare la disposizione che vieta ogni forma di organizzazione, associazione, movimento o gruppo aventi tra i propri scopi la discriminazione o la violenza fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.

La proposta approvata alla camera non ha modificato la parte del 604 bis lettera a del codice penale relativo al reato di propaganda, che attualmente punisce solo la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico. D’altronde nessun disegno di legge presentato alla camera prevedeva l’estensione del reato di propaganda.

 

L’art. 3 prevede la modifica dell’art. 604-ter del codice penale, stabilendo che la circostanza aggravante ivi prevista venga estesa ai reati commessi in ragione del sesso, del genere, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere o la disabilità della vittima. Aggravante che comporta, per i reati punibili con la pena diversa da quella dell’ergastolo, l’aumento della pena fino alla metà.

 

L’art.4 , riguarda la salvaguardia del “pluralismo delle idee e libertà delle scelte”. Dal punto di vista tecnico questo articolo è superfluo perché l’art 21 della Costituzione già garantisce la libertà di opinione. Inoltre, la norma penale nel nostro ordinamento è interpretata ed applicata secondo i principi di legalità e tassatività (ex Articolo 25 della Costituzione ed ex art. 2 codice penale: nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato) pertanto non sono punibili le azioni che non siano espressamente incriminate dalla legge, anche se socialmente pericolose. Non ha senso, quindi, specificare le condotte che non costituiscono reato, almeno che non si voglia surrettiziamente consentire, ovvero far diventare lecite, condotte che sarebbero per la stessa legge tipicamente illecite.

Per fortuna l’articolo approvato, è molto diverso rispetto a quello inserito nel testo unificato portato in discussione alla camera, non introduce più una esimente, ma si presta comunque a dubbi interpretativi.

Nella nuova formulazione l’articolo è diventato: “sono fatte salve (e non più “consentite” come nella precedente versione) la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, (e completato con la seguente integrazione assente nella prima stesura) purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.

L’introduzione di questo articolo è una scelta politica, non tecnica, volta probabilmente a garantire una maggioranza sufficiente all’approvazione della legge. Un calice amaro necessario.

 

L’articolo 5 estende e modifica le pene accessorie nei casi di condanna in base agli art. 604 bis e 604 ter codice penale (per discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità) prevedendo la possibilità di sospensione della pena in caso di attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità.

 

L’articolo 6 modifica l’articolo 90-quater del codice di procedura penale, prevedendo che la valutazione della condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa sia determinata anche dall’avere subìto reati motivati dal sesso genere, dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.

Il riconoscimento di tale condizione attribuisce alla persona offesa maggiori tutele in sede processuale.

In particolare, l’art. 134 c.p.p. consente la riproduzione delle dichiarazioni della persona offesa che versa in condizione di particolare vulnerabilità.

 

L’articolo 7 istituisce, il 17 maggio, come “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di uguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione.

Anche questo articolo è stato fortemente rimaneggiato in fase di approvazione. In particolare è stato specificato che cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile realizzata in occasione della Giornata Nazionale del 17 maggio finalizzata alla promozione della cultura del rispetto e dell’inclusione nonché per contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione, possono essere realizzate nelle scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa previsto dalla legge n.10 del 2015. In pratica le scuole devono avere il consenso dei genitori per realizzare iniziative volte all’attuazioni di principi costituzionali, quali l’eguaglianza e la non discriminazione. Come questi fossero valori negoziabili, un’offerta formativa integrativa e non indispensabile. Il problema è a monte, nella legge 10 del 2015 che tratta qualsiasi attività extracurricolare allo stesso modo senza distinzioni, e questo è un punto debole e anche pericoloso insito in quella legge, un problema che viene giocoforza mutuato all’interno di questo articolo. Quanto previsto da questo articolo è quindi un piccolo valzer che complessivamente, fa fare un passo avanti e poi un mezzo passo in dietro. La soluzione probabilmente più idonea è che le attività formative volte all’attuazione di principi costituzionali vengano a tutti gli effetti inserite nelle attività curricolari. In questo modo, giusto per fare un esempio, si eviterebbe che un genitore omofobo o razzista possa impedire alla scuola di svolgere attività di prevenzione dell’omofobia e del razzismo.

 

L’articolo 8 prevede le modifiche al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, in materia di prevenzione e contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Conferisce all’UNAR le competenze di elaborare con cadenza triennale, una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere. La strategia reca la definizione degli obiettivi e l’individuazione di misure relative all’educazione e istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media. La strategia è elaborata nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni e della promozione della parità di trattamento e individua specifici interventi volti a prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

 

L’articolo 9, prevede le misure per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno alle vittime, interviene nel programma per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di centri contro le discriminazionimotivate da orientamento sessuale e identità di genere, istituito con un fondo di 4 milioni di euro (per ogni anno) già definitamente approvato al senato.

 

L’articolo 10 interviene per superare la scarsa o nulla rilevazione da parte degli istituti nazionali di statistica dei dati relativi alla discriminazione e alla violenza per motivazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere, ma anche per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi

La proposta di legge stabilisce che l’ISTAT, nell’ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, assicuri lo svolgimento, con cadenza almeno triennale, di una rilevazione statistica sugli atteggiamenti della popolazione. La rilevazione dovrà misurare le discriminazioni e la violenza subite e le caratteristiche dei soggetti più esposti al rischio.

 

Nel complesso, nonostante le criticità sopra evidenziate, resta sostanzialmente inalterata l’efficacia innovativa della legge, che ora passerà ad essere discussa e, speriamo, senza ulteriori emendamenti, rapidamente approvata al Senato.

L’iter travagliato della legge e alcune soluzioni trovate nel testo, come la necessità ridondante di ribadire i principi di libertà di opinione già previste dalla Costituzioni e dalla giurisprudenza indicano, ancora una volta, le difficoltà che la politica ha nell’affrontare le leggi che riguardano le persone LGBTI.

Link al testo della legge approvato alla Camera


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