I figli non ci appartengono ma dobbiamo favorire la loro felicità. Intervista a Pamela Villoresi, nonna arcobaleno

  

Tutte e tutti conosciamo Pamela Villoresi perché è una grandissima interprete del teatro e del cinema ed è stata diretta da maestri come Strehler, Gassman, Bellocchio e Abel Ferrara. E la sua bravura, d’altronde, è stata premiata con numerosi riconoscimenti prestigiosi, tra cui due Maschere d’Oro, due Grolle D’oro, due premi Ubu.

Un altro merito che dobbiamo riconoscere alla Villoresi è quello di essere ormai una paladina delle famiglie omogenitoriali, una nonna arcobaleno sempre attenta a testimoniare il diritto alla genitorialià delle famiglie omosessuali.

Circa un mese fa, all’indomani di una brutta aggressione omofobica registratasi in Gay Street a Roma, la Villoresi era intervenuta per stigmatizzare duramente l’accaduto che aveva come vittime una coppia di giovanissime ragazze e come aggressori i genitori di una delle due.

L’attrice è poi intervenuta nel corso della puntata del 3 ottobre della trasmissione radiofonica L’Altra Frequenza – Lgbt on Air (90.80 FM – ww.radioamorenapoli.it) per ribadire la propria solidarietà alle persone lgbt. Ne riportiamo, di seguito, l’estratto.

Pamela, qualche giorno fa, a Roma, a pochi passi dal Colosseo, una coppia di studentesse sono state aggredite violentemente dai genitori di una delle due perché lesbiche. Ci racconti le ragioni del tuo intervento in difesa delle vittime?

Sono intervenuta perché l’aggressione al Coming Out è stata una cosa davvero ignobile. Da sempre sostengo l’Agedo, un’associazione di genitori, parenti e amici di persone LGBT. L’Agedo svolge un ruolo importantissimo perché aiuta proprio i genitori impreparati a confrontarsi con il diverso orientamento sessuale e affettivo dei figli. E allora, prima di fare sciocchezze difficilmente rimediabili, i genitori e i parenti delle persone LGBT possono confrontarsi e parlare con altri genitori e capire la normalità, la bellezza e la gioia di vivere in una famiglia felice e di fare stare sereni i propri figli.

Cosa ti senti di dire ai genitori che sono impreparati ad affrontare l’omosessualità dei propri figli, oltre al fatto di contattare l’Agedo?

I figli non ci appartengono, lo dico sempre e lo dico anche da figlia. Io decisi di fare l’attrice quando ero davvero molto giovane, avevo appena finito di frequentare le scuole medie e avevo già deciso di andare all’Accademia, i miei genitori si occupavano di commercio di tessuti, per loro una figlia che voleva fare l’attrice era una specie di alieno ma io iniziai ugualmente a fare teatro e andai via di casa a quindici anni. Era uno scandalo ma i miei genitori con molta fatica decisero di credere in me e mi lasciarono andare. Alla fine io ho avuto ragione: loro hanno avuto le loro soddisfazioni e io la mia vita. Non è detto che i nostri figli ci assomiglino. I nostri figli hanno le proprie preferenze professionali o affettive. E devono seguire la loro strada e noi non possiamo che dar loro gli strumenti per affrontare al meglio la loro vita ed essere felici. Gli strumenti culturali soprattutto. E poi, dopo, la vita è loro.

 

Rispetto al coming out in famiglia, i genitori lo sanno già da prima che i figli sono lesbiche o gay, non credi? Casomai non vogliono vederlo o hanno difficoltà a prenderne consapevolezza…

Sì probabilmente molti non lo vogliono vedere. Nel mio caso non saprei. Cioè bisognerebbe sentire un buon analista per capire se io sapessi già di mia figlia prima che me lo dicesse. A livello conscio, però, a me non era venuto in mente. Mia figlia ha avuto un’adolescenza inquietissima. Non voleva studiare, offendeva le compagne di classe più deboli. Ha avuto un’adolescenza assai tormentata. Poi, verso i diciassette anni mi scrisse una lettera, in cui mi raccontò di essere lesbica e allora io le risposi: amore mio ma è tutto qui? Potevamo finire di romperci le scatole prima. Tirai davvero un sospiro di sollievo quando capii che la sua inquietudine nasceva dal suo orientamento sessuale perché per me non era affatto un problema. Anche se la sua fatica era più ad accettarsi che ad essere accettata.

Sei anche una donna che ha un rapporto molto forte con la spiritualità e infatti hai vinto la medaglia d’oro del Vaticano perché sei tra le cento artiste che favoriscono il dialogo con la Spiritualità. Come ti relazioni con una certa contraddizione di atteggiamenti dell’attuale pontefice che mentre sembra voglia aprire uno nuova frontiera dell’accoglienza per le persone lgbt, si esprime anche in maniera molto discriminatoria come ha fatto recentemente in Georgia?

La Chiesa è un grande calderone che abbraccia personalità eccezionali come Madre Teresa di Calcutta ma anche prelati corrottissimi, fino ad arrivare alla storia di Calvi. Io ho amici molto religiosi, carissimi amici, e con loro spesso discuto allorché si parla di manifestazioni come il Family Day perché mi domando dove fossero quando nella Chiesa sono scoppiati scandali tremendi legati alla pedofilia o quando abbiamo assistito alle stragi di bambini durante gli sbarchi dei rifugiati. Mi arrabbio per il Family Day perché la gente invece di scendere in piazza per difendere dei bambini davvero maltrattati e violentati, si prende la briga di scendere in piazza per “salvare” bambini che sono amati, anzi “stra-amati”, cioè i figli delle coppie omosessuali, strumentalizzando la storia dell’utero in affitto e dello sfruttamento dei paesi poveri. Allora, schieriamoci tutti contro il fatto che i paesi ricchi si permettono di comprare i corpi dei paesi poveri, per esempio per gli organi, e allora scenderemmo tutti insieme in piazza. E poi, basta analizzare i dati per capire che pratiche come la gestazione per altri – volgarmente definita utero in affitto –eseguita in paesi del terzo mondo, come l’India, in cui davvero assistiamo al brutale sfruttamento dei corpi, sono pratiche svolte quasi esclusivamente dalle persone eterosessuali, non omosessuali, anche perché in quei paesi la gestazione per altri è consentita solo agli eterosessuali. Questo ci fa capire che manifestazioni come il Family Day sono spinte da argomentazioni addotte in malafede. Comunque, la mia è un spiritualità molto anarchica. Mi piace fare yoga, mi piace seguire le lezioni di tanti illuminati di religione ebraica ma anche di tanti laici. E, ovviamente, di tanti cristiani. Rispetto al potere della Chiesa, invece, nutro forti riserve.

 

Al termine della chiacchierata, Pamela Villoresi si è rivolta ai genitori dei ragazzi omosessuali, ricordando loro di contattare l’Agedo per superare possibili resistenze nei confronti della vita affettiva dei figli e ha ricordato che confrontarsi è il modo più semplice e diretto per superare paure e perplessità. Contattare l’Agedo non costa nulla e può rendere migliori la vita dei propri figli e la vita con i propri figli. Cosicché gli stessi genitori siano aiutati a non privarsi della gioia di un rapporto bello e pieno con figli e nipoti.


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