Londra dice sì al «matrimonio» omosessuale

  

LONDRA – Il governo Blair annuncerà mercoledì, attraverso il tradizionale discorso che la regina Elisabetta pronuncia davanti al Parlamento riunito, Comuni e Camera dei Lords, l’atteso Civil Partnership Bill , la legge che darà alle coppie gay gli stessi diritti e doveri delle coppie eterosessuali legalmente sposate. E’ una novità di rilievo, benché nove Paesi europei già discutano norme simili e almeno due, Olanda e Belgio, le abbiano approvate.

La notizia è stata data dal Daily Mail e, come sempre in occasione del discorso della regina, non viene confermata da Downing Street, l’ufficio del primo ministro Tony Blair. Ma che la legge sui rapporti civili sia pronta non sorprende, perché è dall’inizio dell’anno che il governo aveva aperto una consultazione popolare, che s’è conclusa il 30 settembre. E il ministro per la Parità, la signora Jacqui Smith, già in luglio dava per scontato l’esito: «Il complesso di obblighi e diritti rende chiaro che questo è un impegno serio: i partners saranno chiamati a sostenersi a vicenda, sia negli affetti che finanziariamente», aveva detto a un convegno sindacale.

Naturalmente, è prevista una vivace opposizione al progetto, che si scontra con radicate convinzioni. La chiesa anglicana, già lacerata per la nomina d’un vescovo gay negli Stati Uniti, potrebbe dividersi. La Camera dei Lords, dove ci s’aspetta che Lord Tebbitt tuoni ancora contro i «sodomiti», potrebbe rallentare l’iter di legge. Ma la sorpresa può venire dai conservatori, che vogliono aprirsi alla società sotto il nuovo leader Michael Howard: se rinunciassero a opporsi, darebbero prova che la parità di diritti per i gay incontra il favore della società britannica.

Piuttosto, c’è da notare come un leader del movimento omosessuale, Peter Thatchell, condanni la legge come «eterofobica», perché non riconosce gli stessi diritti alle coppie di fatto di sesso diverso.

Secondo le anticipazioni del Mail , comunque, la legge prevede che le coppie omosessuali firmino un registro, davanti a testimoni, per ufficializzare la loro relazione: «Non sarà come un matrimonio», dice Jacqui Smith, ma renderà pubblico qualcosa che prima era solo privato, o perfino segreto: «Un’invisibilità inaccettabile», secondo il ministro, nei nostri tempi. Automaticamente, i firmatari otterranno una serie di diritti finora riservati alle coppie sposate: dovranno partecipare al comune sostentamento e avranno diritto ai sussidi di Stato, potranno ereditare e ricevere la pensione alla morte del partner, così come potranno continuare a occupare un appartamento affittato dal partner. E avranno lo status riconosciuto nelle occasioni felici o infelici della vita: per esempio, potranno visitare il partner in ospedale, ciò che oggi, in molti casi, è permesso solo ai parenti. In caso di rottura del rapporto, come in un divorzio, avranno diritti nelle dispute finanziarie e anche, in caso di necessità, aiuto legale.

Ma le norme che provocheranno maggiori polemiche sono quelle che riguardano l’affidamento dei figli. Il Mail precisa che «i partners gay saranno in grado di avere la potestà di un genitore sui figli dell’altro». Molti omosessuali che formano una nuova coppia, dopo un matrimonio o comunque un rapporto di coppia da cui sono nati figli, potranno così portare la patria potestà nel nuovo rapporto, e anzi investirne il partner. Accanto, c’è l’ancora vasto settore dei diritti dei figli nati da un’unione omosessuale, attraverso le tecniche della fecondazione che ancora non sono regolate, o autorizzate.

La registrazione dovrebbe essere disponibile per i sudditi con almeno 16 anni d’età, anche se per i minori di 18 anni sarà necessario il consenso scritto di un genitore o di un tutore. La legge sarà certo rivoluzionaria, se si pensa che il sesso omosessuale era vietato dalla legge fino agli anni ’60. Oggi, invece, viene riconosciuto quale un fondamento di un rapporto che si distingue dal matrimonio (civile) solo formalmente: ma risparmierà a migliaia di sudditi, dice Jacqui Smith, «i problemi umilianti e inutili causati dal mancato riconoscimento della loro unione».


Intervista a Franco Grillini di Lorenzo Salvia
«Buona decisione. Ora anche l’Italia dovrà muoversi»

Franco Grillini Presidente onorario Arcigay

Franco Grillini Presidente onorario Arcigay

ROMA – «Bene la Gran Bretagna, ora anche l’Italia faccia un pacs avanti». Un passo avanti. «No, un pacs avanti. Pacs, come patto civile di solidarietà: un registro delle coppie di fatto, omosessuali e no, per dare loro gli stessi diritti di quelle sposate». Per realizzarlo Franco Grillini, deputato Ds e presidente onorario dell’Arcigay, ha presentato una proposta di legge già firmata da 161 parlamentari dell’opposizione. Crede che sarà approvata?
«Prima o poi sarà Bruxelles a chiedercelo. Nell’Ue solo Grecia, Austria e Irlanda, oltre a noi, non si sono mosse».

Perché ci siamo anche noi in questo gruppo?

«Per l’atteggiamento del Vaticano, rigido e addirittura violento contro i gay. E perché la Dc è finita nel ventilatore, facendo entrare i coriandoli in tutti i partiti».

Cosa intende dire?

«Su 618 deputati, 320 sono stati iscritti alla Dc. Il nostro è un Paese a maggioranza laica con un Parlamento a maggioranza confessionale. Altrimenti una riforma voluta da tanti italiani, come quella del divorzio veloce, non sarebbe stata mai bocciata con il voto segreto».

Quindi non ha molte speranze.

«I Ds hanno chiesto che la mia proposta sia discussa a gennaio in commissione. E il 14 febbraio, giorno di San Valentino, mille coppie gay si baceranno a Roma, a Campo dei Fiori. Intanto entriamo nel guinness dei primati. Poi vedremo».


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