Grosseto città aperta

  

Da "Il Tirreno" del 20.06.04 di CLAUDIO BOTTINELLI
Gay Pride, bellissima festa
Sono scese in strada quasi trentamila persone – Abolito il bacio collettivo davanti alla cattedrale

GROSSETO. Clamorosamente smentito chi temeva che la sfilata conclusiva del gay pride nazionale potesse creare problemi e tensioni in città.
Quella di ieri pomeriggio a Grosseto è stata una bellissima festa che ha finito col coinvolgere anche i grossetani eterosessuali, travolti e conquistati.

Alle 15,30 il grande piazzale dei circhi era ancora quasi deserto e si è temuto che la manifestazione potesse rivelarsi un flop. Ma, alla fine, sono state calcolate 30.000 presenze (grossetani compresi).

Una giornata colorata, sorridente, pacifica
Migliaia nelle strade per la manifestazione nazionale dell’orgoglio gay

GROSSETO. Se qualcuno temeva che la sfilata conclusiva del gay pride nazionale potesse creare problemi, è stato clamorosamente smentito. Quella di ieri pomeriggio a Grosseto è stata una festa, anzi una bellissima festa che ha finito col coinvolgere anche quei grossetani che non sono gay, ma che sono stati travolti e conquistati dall’atmosfera, dall’allegria e dalla spigliatezza dei protagonisti di questa giornata nazionale, e si sono lasciati trascinare, ben contenti di farlo.

Erano le 16,30 quando è partita la sfilata, da piazza Barsanti. Doveva essere un’ora prima, però alle 15,30 il grande piazzale dei circhi era ancora quasi deserto e si è temuto che la manifestazione potesse rivelarsi un clamoroso flop. C’erano gli stand della birra e dei paninari, c’era il gazebo dei radicali che raccoglievano firme per il referendum che intende chiedere l’abrogazione della legge sulla procreazione medicamente assistita («I gay sono fuori legge», gridavano i volantini). Ma la gente tardava ad arrivare. Poco a poco però il numero delle presenze è cominciato a crescere, ed anche la coreografia di personaggi vestiti in modo appariscente e di mille colori ha cominciato ad essere quella tradizionale del gay pride.

I politici. Da un lato della piazza i politici venuti per partecipare alla sfilata attendevano pazienti. C’era l’onorevole Ventola di Rifondazione Comunista («la legge è un affronto alla libertà», ci ha dichiarato), c’era Franco Ghillini ed il verde Gian Paolo Silvestri; c’era il consigliere regionale Ds Loriano Valentini, il confermato presidente della Provincia Lio Scheggi, il segretario Ds Luca Sani, l’onorevole Susini (Ds), sindaci neo eletti come Marzio Scheggi o Lidia Bai; e c’era anche la candidata alla Provincia per il centrodestra, Laura Cutini. Sono cominciati ad arrivare i pullman, da Bologna, da Napoli, da Milano, dal Trentino e da tante altre zone d’Italia, e la piazza è andata affollandosi.

I carri. Poi i carri. E si è così iniziato il corteo che ha formato un lunghissimo serpentone multicolore dai colori vivacissimi, pieno di vita e di musiche che si sovrapponevano le une alle altre, con cori, balli collettivi, striscioni che marcavano la presenza di partecipanti da tutta la Toscana e da gran parte dell’Italia.

Subito prima della bandiera mondiale degli omosessuali (la rainbow di sei colori) che, enorme, apriva il corteo, due vigorosi motociclisti venuti da Napoli vestiti di cuoio nero che attiravano l’attenzione. Poi il carro di Grosseto, con Lady Luxuria, applauditissimo, e perfino un sidecar con un anziano che si sbracciava a più non posso.

E la banda Città di Grosseto, proprio in testa, che non era però la sola in corteo.

Le rivendicazioni. Striscioni multicolori di tantissime città italiane (Bologna, Roma, Firenze, fra le altre), o scritte come «Sono gay e me ne vanto», o altre che inneggiavano al lesbismo, o cartelli per contestare le leggi italiane, arretrate a quelle di altri Paesi come la Spagna addirittura, si intervallavano a gruppi in gonnellino hawaiano ed a canzoni che si accavallavano: «Noi siam come le lucciole, amiche delle tenebre» si cantava in coro su un carro; e da un altro rimbalzava un «Voglio fare l’amore da Firenze in giù…»; e così via, carro dopo carro.

Colore, musica, persino un pizzico di goliardia che però non guastava, e che la gente di Grosseto ha saputo cogliere nel modo giusto.

Quasi carnevale. Sembrava di essere a carnevale, con i carri che sfilavano attesi davanti ai grossetani assiepati sui marciapiede, o seduti sulla scalinata del Palazzo di Giustizia pronti a scambiarsi pareri sulla bellezza dell’uno o dell’altro carro, ad indicarsi l’uno o l’altro personaggio che si metteva in evidenza lungo il corteo. Apprezzatissimo, per esempio quello del Movimento transessuali di Bologna; o quello di Mamam di Torre del Lago; o l’altro tutto bianco del movimento Raeliano.

I baci. Era stato annunciato il bacio collettivo in piazza Dante per ribadire i diritti delle coppie omosessuali, ma non c’è stato. Baci, fra lesbiche, se ne sono visti in verità; quelli fra due ragazzine che portavano un cartello con su scritto «Mamma posso sposarmi con lei», ad esempio; o quello di gruppo delle aderenti al movimento Raeliano; o un altro sul carro di Bologna.

Casi sporadici, però. Perchè nessuno ha voluto essere provocatorio in una città che, alla sfilata dei gay pride, ha partecipato come se andasse ad una festa qualsiasi; portando addirittura i figli in carrozzina e accodandosi poi al corteo appena passato. Quasi fosse una sagra paesana, dove far baldoria e divertirsi tutti assieme. Una festa, insomma. Questo è stato il gay pride.

HA VINTO LO SPIRITO DI ACCOGLIENZA

Gli organizzatori non l’avevano sbandierato, ma in qualche modo Grosseto era un test: per la prima volta un gay pride è stato realizzato non in un centro metropolitano, ma in una città di provincia. Non c’erano precedenti e nessuno sapeva quali sarebbero state le reazioni.
Oggi possiamo dire, con un pizzico di orgoglio maremmano, che è andato tutto molto bene. I grossetani hanno mostrato grande maturità, sfoderando una capacità di accoglienza che rende onore al loro senso civico.

Ieri è stata una giornata colorata, sorridente, pacifica. Una bella giornata.

Non era scontato e lo sapevano bene le forze dell’ordine che hanno lavorato sodo in questa settimana. Eppure neppure il miglior servizio d’ordine avrebbe potuto aver successo, senza l’affermarsi di un clima diffuso di rispetto.

A questo hanno lavorato con intelligenza le istituzioni e, in primo luogo, il sindaco Antichi che si è speso per smussare le difficoltà e soffocare le nascenti tensioni, anche a discapito di polemiche all’interno della sua stessa coalizione. E ha fatto bene il presidente provinciale Lio Scheggi a entrare nel corteo, dopo il gonfalone e la banda cittadina. Una presenza in sintonia con la gente che, seppure con qualche curiosità, ha guardato con simpatia una festa fatta anche da persone che vivono tutti i giorni in questa città.

A.L.

Grosseto città aperta
Pioggia di sorrisi e applausi hanno accolto la colorata e festosa sfilata – Commercianti entusiasti dell’iniziativa
«Sentire la gente vicina è stato bellissimo» «Siamo venuti in Maremma per dimostrare che una coppia gay è uguale ad una etero»

GROSSETO. E Grosseto si scoprì città aperta. Altro che saracinesche abbassate. Una pioggia di sorrisi ha accolto il corteo. Da via Liri a via Oberdan, da via IV novembre al centro storico fino a via Ximenes chi ha potuto, fra gli esercenti, si è accomodato sulla porta del suo negozio per applaudire il passaggio dei carri e dei festosi manifestanti. «Tutto bello, tutto pulito, nessun tipo di problema. Come si fa a non guardare con simpatia a una cosa del genere?» si chiede Anerio della Pasticceria La Preferita. «Ci hanno messo paura nei giorni precedenti – ricorda Daniela, di Gb Model – tanto rumore per nulla. Pensi che sono entrati nel mio negozio a buttar via le cartacce».

«Stiamo vendendo più bibite che pizze – ci dice Francesco, di Big Pizza – un’iniziativa originale e positiva per Grosseto». «Sì – conferma Marcella, di Max Mara – è un’occasione importante per la nostra città». «Ogni tanto manifestazioni del genere servono. Specie – aggiunge Daniela, di Palmieri – quando non ci sono facinorosi che fanno confusione, come oggi». Per Antonio, della Dolce Vita, «non c’è nessun tipo di problema. E’ giusto che chiunque sia libero di manifestare ciò che vuole». Da Cecilia, di Benetton, arriva un auspicio: «Mi auguro proprio che questa giornata serva ad aprire la mente di qualcuno. Che tutti si diano una svegliata». «E’ la loro festa – ricorda Giuseppe, edicolante di piazza Dante – speriamo si divertano il più possibile». «Un bellissimo corteo. Giusto manifestare? – si chiede Sandra, di Tutto Chicco – certo, basta sentirsela». «Bello, mi piace – ammette Raffaele, della Casa dello Sport – è gente che manifesta per i propri diritti. E fa bene. Con allegria e tanta civiltà, la stessa con cui è stata accolta. Anch’io oggi sono orgoglioso. Di essere grossetano».

C.P.


L’INTERVISTA A DAVIDE BUZZETTI

Da "Il Tirreno" del 20.06.04 di MARIA ANTONIETTA SCHIAVINA
Ho detto ai miei: «Sono gay»
La paura e il coraggio di affermare la propria identità
«Prima di rivelarmi tenevo ben stretto il mio segreto, soffrendone». «Oggi ci chiamano a parlarne nelle scuole»

Davide Buzzetti

Davide Buzzetti

GROSSETO. Sorride e subito ti senti avvolto dalla sua simpatia. Mentre racconta serenamente storie “diverse”, si rivolge all’interlocutore, spalancando i profondi occhi neri, che non cercano mai di sfuggire, anche quando le domande entrano più a fondo nella sua vita privata, soffermandosi di tanto in tanto a cercare la complicità di altri occhi. Quelli più chiari e timidi del suo ragazzo, Marco, che lo ascolta in silenzio parlare di lui, di loro, del sentimento che li unisce, un amore che scandalizza la società dei benpensanti.

Davide Buzzetti, ventiquattro anni, studente di sociologia, primo di due fratelli è figlio di grossetani. Fondatore nonché presidente dell’Arcigay di Grosseto, da quando di anni ne aveva diciannove, ha dichiarato apertamente, prima ai coetanei, poi ai genitori, infine al resto del mondo, la sua omosessualità. Vivendola, da quel momento, senza più ombre, appoggiato dalla piena solidarietà di una famiglia, la sua, che – dopo un primo shock- lo ha accettato totalmente, portando avanti insieme a lui una battaglia dura ma obbligata.

Si parla tanto di orgoglio gay, ma non si spiega mai fino in fondo che cos’é…

«Non è, come alcuni eterosessuali sono portati a pensare, la superiorità verso qualcuno ritenuto inferiore, bensì un sentimento portato all’eccesso e un messaggio per chi si rifiuta di ascoltare la nostra voce».

Una voce che cerca di dare spazio al diritto di vivere la propria omosessualità…

«Esattamente e questo perché l’omosessualità in Occidente, ormai da secoli, pur essendo una parte dell’orientamento sessuale umano, è tenuta in scarsa considerazione e addirittura condannata da molti».

Questo però accade sempre meno…

«Sì, ma in tal senso esistono molte contraddizioni. Il Gay pride é nato, nel 1969, proprio in contrapposizione alla vergogna che tanti di noi provano.

L’orgoglio gay altro non é che lo scatto d’esternazione estrema, l’urlo della propria diversità e la rivendicazione del diritto di non nascondersi».

Quanti soci conta l’Arci gay di Grosseto?

«Circa duecento, un buon numero per un’associazione provinciale che come vicino di casa ha soltanto il neonato Arci gay di Piombino, fondato da Andrea Camerini pochi mesi fa».

Come avete fatto a entrare nel meccanismo della tolleranza, in una città che non é certo paragonabile a grandi realtà del Nord, dove l’apertura verso i gay ha date più remote?

«Non é stato semplice. Poi però, fra la gente, si è creata la percezione che noi gay non stiamo lottando per una piccola minoranza, ma per diritti fondamentali di tutti».

In che anno è nato l’Arci gay locale?

«Nel 2001».

Governava già il sindaco Antichi e lui, per sua stessa ammissione, non é mai stato contrario alle vostre iniziative…

«In generale i politici tendono sempre a criticare certi movimenti ed è bello constatare che sostenere il movimento gay e i suoi diritti, sia diventato un valore del quale andare orgogliosi e non un disvalore. Il sostegno morale da parte di chi governa per noi é positivo, perché ci aiuta psicologicamente. Dal comune di Grosseto e dalla Provincia ci aspettiamo anche aiuti più concreti, finanziamenti per portare avanti almeno in parte i nostri progetti».

Parliamo di lei Davide, partendo dalla scoperta della sua omosessualità…

«I più fortunati comprendono, fin dall’adolescenza, di essere uguali o diversi sessualmente. Altri hanno un lungo passato di dubbi e magari si rivelano gay da adulti, a volte dopo essersi regolarmente sposati con una persona dell’altro sesso e aver messo al mondo dei figli. A me é accaduto di accorgermene verso i diciannove anni, quando ho capito che la mia attenzione affettiva, era rivolta verso una persona del mio stesso sesso».

Quali erano i suoi giochi di bambino?

«Amavo molto i robot, ero un bambino riflessivo, tranquillo, ma non ho mai giocato con le bambole, come molti potrebbero pensare e da adolescente ho fatto per molto tempo karatè».

Era un leader?

«No, anche se rappresentavo un punto di riferimento per i miei coetanei».

Di carattere allegro o triste?

«Un po’ timido, ma ottimista».

Quando ha scoperto d’essere omosessuale, si é confidato prima con gli amici o con la famiglia?

«Con gli amici, anzi con un’amica: mi é stato più facile, infatti, raccontare i miei sentimenti a una persona di sesso diverso, che non si sentisse in qualche modo coinvolta dalle mie tendenze, provandone timore».

Prima di allora dunque lei ha vissuto in una specie di limbo?

«Esattamente. Non avevo mai avuto contatti con il mondo gay, ma neppure la possibilità di conoscere persone come me. Tenevo ben stretto il mio segreto, soffrendone. Poi, dopo aver parlato, ho trovato finalmente la forza di essere me stesso. Da quel momento, il mio percorso é andato in salita: studiavo a Roma, era l’anno 2000, nella capitale si stava organizzando il Word pride e potevo vivere la mia svolta in piena libertà. Incominciai così a muovermi con convinzione sulla strada della diversità, e successivamente fondai l’Arci gay a Grosseto, per aiutare quelli come me a risolvere i loro problemi e per creare un punto d’incontro, fra gente che, prima di allora, come riferimento aveva solo lo squallore della stazione, dove bazzicavano spesso gay, barboni e prostitute».

Dopo la sua “svolta” ha perso degli amici?

«Ho perso quelli che credevo amici».

Quando ha rivelato di essere gay in casa, la famiglia come ha reagito?

«Mia madre si é messa a piangere disperata e anche mio padre l’ha presa male, ma poi abbiamo superato gli ostacoli».

Cosa é accaduto?

«Si é parlato molto e a fondo. La sera i miei genitori e nonna Adina, che vive in casa nostra, mi aspettavano e incominciavano a farmi domande. Non per colpevolizzarmi, ma per cercare di comprendere. Loro avevano avuto un altro tipo di educazione e non potevano perciò essere aperti verso un mondo che non conoscevano. Mi hanno dato però fiducia e il loro affetto nei miei confronti non è mutato».

Suo fratello, che ora ha diciotto anni, avrà avuto problemi di riflesso…

«Se li ha avuti non lo ha dimostrato. Mi ritengo insomma fortunato, perché tutta la famiglia ha fatto sempre cerchio intorno a me; ieri al Gay pride, in compagnia dei genitori dell’Agedo (Associazione genitori di omosessuali n.d.r) c’era a sfilare anche la nonna».

Neppure gli altri parenti si sono defilati davanti a un familiare quantomeno scomodo?

«Non é cambiato nulla nei contenuti, anche se con me non affrontano l’argomento e io evito di portare il discorso dell’omosessualità, per non creare imbarazzo. In questi giorni alcuni sono venuti a salutarmi pubblicamente, dimostrandomi di non vergognarsi di me».

Lei vive ancora in famiglia, studia sociologia a Roma e lavora per un sito Internet. Dopo la laurea però, pensa di restare a Grosseto o di andarsene?

«Vorrei rimanere nella mia città, anche se con gli studi che ho intrapreso, difficilmente troverò lavoro in zona».

Parliamo di ostacoli. Chi ne ha messi di più sul suo cammino?

«Non ho avuto problemi particolari se non nell’ambiente scolastico dove, quando ero ragazzo io, tutti davano per scontato che potesse esistere solo l’eterosessualità, tanto che a volte c’era perfino imbarazzo ad affrontare l’argomento. Oggi per fortuna, esistono insegnanti sensibili, che stanno portando avanti, con il contributo dell’Arci gay, un lavoro d’informazione e dialogo, per lasciare emergere eventuali realtà nascoste: in una classe di venti persone, infatti, la statistica dimostra che almeno due sono gay o hanno accanto, in famiglia o nella vita, un omosessuale».

Veniamo ai problemi concreti dei gay. Quali battaglie volete riuscire a vincere?

«La più urgente e più importante é quella dell’abbattimento delle barriere. Poi ci sono le battaglie legislative, per diritti di base come il Pacs- Patto civile di solidarietà-, che permetterebbe a due persone conviventi, di stipulare un contratto, per un matrimonio più “ leggero” ma ugualmente valido dal punto di vista dei diritti e dei doveri. Stiamo operando infine per ottenere leggi contro le discriminazioni, che esistono in tutta Europa tranne che in Italia, fanalino di coda da questo punto di vista»

A proposito di convivenza, lei è fidanzato e forse un giorno vorrà formarsi una famiglia…Cosa ne pensa delle adozioni di bambini da parte di coppie gay?

«Su quest’argomento il Movimento gay si spacca e io posso esprimere solo un parere personale.

Penso che un bambino sarebbe senza dubbio più felice con una coppia gay che in istituto, ma sono cosciente che, mentre in altri Paesi lo stesso bambino vivrebbe normalmente il suo stato, da noi questo non sarebbe accettato dalla società e lui sarebbe discriminato come i suoi nuovi genitori.

Se si vuole portare avanti il discorso perciò, bisogna cambiare la cultura e sfatare soprattutto l’assurda idea che gay significhi pedofilo. L’omosessualità, infatti, é tutt’altro che pedofilia. Senza contare che i maggiori abusi verso i minori avvengono in famiglia, negli ambienti sportivi e in parrocchia».


Da "Il Tirreno" del 20.06.04 di CLAUDIO BOTTINELLI
«È stato più bello qui che nella grande Roma»
Le testimonianze dei partecipanti al Pride

GROSSETO. «Siamo qui da ieri, siamo stati in albergo, ci hanno accolto benissimo, senza remore. E anche il corteo sta proseguendo alla grande». Giuseppe Lombardi e Angelo De Battisti arrivano da Bologna, per loro l’unico problema è stato coordinare le ferie: «Io faccio il metalmeccanico, lui l’infermiere. Ma alla fine il capo si è arreso. Viviamo con la suocera, non ci spaventa nulla. Siamo qui per dimostrare a tutti che una coppia gay è uguale ad una etero. C’eravamo, ci siamo e ci saremo sempre». Andrea Ballerini e Daniele De Collatelli, coppia fiorentina: «E’ quasi più bello che a Roma. Là c’erano stradone enormi, qui abbiamo la gente vicino. Non ce ne aspettavamo così tanta in strada». «E’ un buon segno, di apertura. L’amore non va nascosto», dice Roberto Mauri, che arriva da Perugia insieme all’amico belga Tom. «E’ una realtà cittadina – commentano le perugine Alessandra Ceccotti e Sara Sacerdote – ma questo corteo non è meno importante di quello di Roma. Non abbiamo avuto nessun tipo di problema, solo nel trovare la strada. Ma ci hanno accompagnato i poliziotti». Sotto le abitazioni e la gente applaude dalle finestre il commento del popolo del Pride è unanime: «E’ sempre splendido. Vedere i bambini in braccio ai genitori, che fanno segno di salutare, è un’emozione unica».

«Siamo state a Padova, a Madrid e Berlino. Qua a Grosseto sembra d’essere al carnevale», dicono le fiorentine Ada e Joela, impugnando un simpatico cartello che sa di dichiarazione d’amore: «Mamma, posso sposarmi con lei?». Fra i manifestanti c’è anche un nutrito gruppo di Ultras dell’Us Grosseto. Presto spiegata la loro presenza nel corteo: «A noi piacciono le lesbiche». Oggi è proprio il caso di dirlo: De gustibus…


Da "La Nazione" del 20.06.04 di Irene Blundo
Colori, musica e balli E la città si fa coinvolgere
GAY PRIDE Diecimila persone alla sfilata conclusiva

GROSSETO — Una marcia festosa di quasi diecimila persone ha attraversato la città. Tanta gente è scesa in strada o si è affacciata alle finestre per curiosità, ma anche per applaudire il coraggio e la voglia di esternare la «diversità».
«Non vogliamo imporre niente a nessuno — dice Giulio, che arriva da Parma — ma vogliamo solo rispetto. Nella mia famiglia preferirebbero che avessi un tumore, piuttosto che accettarmi come gay».

La manifestazione nazionale conclusiva del Gay Pride è partita ieri da una afosa e colorata piazza Barsanti. E a tempo di musica dance e hip-hop è arrivata sin dentro il centro storico. Ad annunciarla la banda. Davanti le bandiere con i colori dell’arcobaleno e le autorità.

Dall’assessore regionale alla Salute, Enrico Rossi, al presidente della Provincia, Lio Scheggi, per ricordare l’impegno delle istituzioni nella tutela dei diritti dei cittadini, senza discriminazioni per l’orientamento sessuale.

Sui carri del corteo le drag queen con i loro travestimenti iperbolici per sfatare l’immagine tradizionale del «maschio», e giocare in modo ironico con la propria «diversità». E allora una festa di piume, paillette, e stravaganti acconciature. Ma accanto ai travestiti, anche persone vestite in maniera «normale».

«Non è una parata di carnevale», precisa Davide Buzzetti, presidente Arcigay provinciale e portavoce del Gay Pride. Le espressioni dell’eccesso autoironico, quindi, devono servire soltanto a portare l’attenzione su problemi spesso dimenticati, a cui non vogliamo pensare, perché riguardano una «minoranza». «E’ una grande festa — dice Lio Scheggi —. C’è una diversità che si esprime, ma che sente di appartenere alla comunità. E mi sembra che i grossetani stiano vivendo molto bene questa manifestazione». Vladimir Luxuria, in testa al corteo insieme a Marchino, ha stretto la mano al presidente della Provincia.

Il serpentone di carri, bandiere, e improvvisati ballerini è passato da via Liri, piazza Albegna, piazza Volturno, per poi svoltare in via Oberdan. Tra i carri anche quello a forma di maiale di Rifondazione comunista, con sopra Salvatore Allocca. Da piazza Rosselli il corteo si è diretto verso Corso Carducci e piazza Dante, per poi iniziare il cammino di ritorno verso piazza Barsanti. Alla parte ludica della manifestazione è seguito il comizio. L’assessore regionale alla Salute, Enrico Rossi, ha parlato della legge contro le discriminazioni per l’orientamento sessuale.

«Una legge — ricorda Alessio De Giorgi, presidente regionale Arcigay — che è già stata approvata dalla Giunta e deve andare in Consiglio. E’ il completamento di un percorso che Arcigay ha seguito». E poi tutti a Rispescia in attesa del concerto di Patty Pravo e della serata con lo staff di Mucca assassina e i dj del Ministry of sound di Londra. Il Pride continuerà oggi alla spiaggia delle Marze. Prima, però, la messa, nella chiesa battista, celebrata dalla pastora Elizabeth Green, membro della Rete evangelica Fede e Omosessualità.


  •