“La Mala Educaciòn”, le passioni sul grande schermo

  

Da "Il Manifesto" del 28.09.04 di CRISTINA PICCINO
Autobiografia con il cinema dal cuore noir
Pedro Almodovar presenta il suo ultimo film, «La mala educacion», sugli schermi italiani l’8 ottobre. Un’incursione nel gioco estremo della seduzione tra bimbi, preti, adulti trans

Gael Garcia Bernal nel film

Gael Garcia Bernal nel film

ROMA – La mala educacion, ci tiene a dirlo Pedro Almodovar, non è un film autobiografico. Lo aveva già spiegato allo scorso festival di Cannes, lo ha ripetuto ieri a Roma, nelle sale design dell’Es hotel, dove è arrivato per il lancio italiano – esce l’8 ottobre. Pure se ci sono molte immagini che rimandano alla sua infanzia di ragazzino cresciuto in un collegio di preti, e poi ai vent’anni esplosi con la movida nella Spagna libera degli anni Ottanta. Se uno dei personaggi, Enrique Goded (Fele Martìnez), è un regista giovane e già famoso che, come capita allo stesso Almodovar, cerca spunto per le sue storie nelle cronache dei giornali più bizzarre. Ma non è «vero» come non lo è il personaggio del prete che nei panni di padre Manolo (Daniel Giménez-Cacho) seduce Ignacìo, il ragazzino più sensuale del collegio, lo separa per gelosia dall’amichetto, Enrique, salvo poi scontare una terribile punizione anni dopo, quando ormai ha lasciato l’abito divenendo il signor Berenguer (Lluis Homar). L’angelo della vendetta si chiama Angel (Gael Garcìa Bernal), è il giovane fratello di Ignacìo travestito ormai tossico e malato… Insomma c’è un insieme di verità (o la sua messinscena) che sta nelle suggestioni, nei ricordi personali o raccolti da altri, negli incontri di una vita visto poi che questo film è un’ossessione di data lunghissima. E di immaginario, la passione dichiarata per il cinema, la sala buia nella quale i due ragazzini conoscono sesso e prime carezze. Che scrive e moltiplica i personaggi, il regista, il suo interprete, i suoi fantasmi, Angel, Ignacìo, fratelli che si confondono fino a divenire l’uno l’altro nelle righe della storia scritta da uno, dall’altro rubata… Entrambi fusi in Zahara, ovvero Ignacìo nel suo sogno di essere donna, ma anche la gelosia del fratello meno intelligente e meno sensibile. Un caledoscopio doloroso come solo la passione può essere, estremista come un gesto di morte nell’eccesso di amore scandito da Cuore matto, passione questa sì «autobiografica» di Almodovar per la canzoni italiane anni 60-70.

Il genere che usa per definire «La mala educaciòn» è il noir.

Perché non è e né vuole essere un film manicheista. Non c’è una divisione netta tra i personaggi, i buoni da una parte e i cattivi dell’altra. Sono tutti ambiziosi, senza scrupoli, più che di buoni e cattivi si può parlare di cattivi e molto cattivi. Comunque in loro ci sono aspetti che mi piacciono, il fatto che abbiano scelto di vivere in modo libero, senza lamentarsene, il lato più oscuro di se stessi è per me già una cosa positiva. Sono capaci di andare fino in fondo. La mala educaciòn non è neppure un film sul bene e sul male. La parola educazione in Spagna rimanda alle caratteristiche di una persona, ai suoi modi di essere, o alla sua formazione accademica. Per me è soprattutto l’educazione religiosa che hanno ricevuto la mia generazione e quelle precedenti. Nella scuola dei preti la parte accademica era molto scadente, i professori non erano preparati se si eccettua la cattedra di matematica, dove erano obbligati a prendere persone che conoscessero la materia. Se poi l’educazione doveva prevedere una formazione dello spirito io parlerei del contrario, di una deformazione profonda. Anche se il giudizio negativo nel film non si limita ai preti. Ci sono altri personaggi che non fanno parte dell’universo religioso e che pure non sono migliori. In generale non siamo comunque davanti a una commedia romantica. È un noir, appunto, e il noir mette a fuoco i lati peggiori dell’essere umano, una cosa che mi ha sempre affascinato.

Lei si è schierato in modo molto aperto contro Aznar subito dopo gli attentati a Madrid. Qual è la sua impressione oggi della Spagna di Zapatero? Abbiamo visto che ci sarà una riforma familiare a favore delle coppie gay e che c’è stata la proposta di abolire i privilegi fiscali della chiesa.

Penso che la società civile spagnola sia molto più avanti del cinema e dei politici. Prendiamo la televisione. Non che la guardi, anzi, ci sono cose come il Grande fratello che detesto. Eppure è interessante che nella nuova serie ci sia un transessuale femminile, una donna che sé diventata uomo. Così come in altre serie televisive è pieno di personaggi di omosessuali o di travestiti. Per la prima volta si vedono programmi in cui si parla con lo stesso tono dei problemi sentimentali di coppie etero o gay. Con questo non voglio dire che la tv proponga analisi raffinate o progetti educativi, ma è importante che il pubblico si abitui a queste realtà. Credo che le scelte dei politici rispondano a un percorso che a certi livelli sociali è stato fatto ma che è ancora agli inizi e quindi ha bisogno di una sua legittimazione.

Torniamo ai lati oscuri. Autobiografia e cinema si fondono, c’è la memoria del noir e dei suoi film, pensiamo alla «Legge del desiderio».

In qualche modo le radici di questo film sono lì. Non è questione di autobiografia, c’è qualcosa di più anche perché non mi interessava cercare un personaggio che desse una lezione morale. Come ho detto mi piace esplorare il lato nero del cuore umano. I miei ricordi del collegio sono stati lo spunto iniziale, ciò che volevo però era un film su personaggi crudeli, senza scrupoli, che peggio erano più mi interessavano. Ecco perché è impossibile parlare di realtà, non siamo nella morale di tutti i giorni, la violenza che regola i rapporti nella Mala educaciòn vive nel cinema. È come se cercassi una realtà in Kill Bill. Se giudicato realisticamente sarebbe atroce, la violenza trasferita nell’immaginario assume un altro valore. È per questo che se il prete è un cattivo, non ho voluto che il bimbo accanto a lui fosse l’innocente. Preferivo raccontarlo attraverso le parole del suo personaggio ormai adulto, che si vede in modo consapevole, che conosce il suo destino di transessuale e travestito, cosa impossibile da intuire a dieci anni. Con questo non voglio dire che tutti i ragazzini ai quali i preti hanno fatto delle avances diventino transessuali.

La figura della «Mala educaciòn» è il triangolo amoroso maschile.

Era quasi obbligato, l’universo dei personaggi è il collegio dove non ci sono donne. Inoltre non volevo ritrarre tutta la Spagna, la realtà fuori del collegio… La sola figura femminile è la madre dei due fratelli, che è buona, positiva, senza pregiudizi. Il tre resta il numero fondante per tutto il film. I due ragazzini e il curato, i fratelli e il doppio: in questo il personaggio del regista funziona come un detective, vuole scoprire cosa è accaduto al vecchio amico. Se sono io? No, se non altro perché non ho l’abitudine di andare a letto con la gente con cui lavoro. Quanto al lato maschile, il mio prossimo film sarà invece centrato su tre figure femminili che credono al soprannaturale nella vita quotidiana. Lo girerò in un piccolo centro, l’ispirazione mi viene dalle mie sorelle, da mia madre, dalle nonne che credevano in queste cose.


Da "Corriere della Sera" del 28.09.04 di Valerio Cappelli
«Dopo i preti un film sui fantasmi»
Almodóvar a Roma per il lancio italiano de «La mala educación» …il personaggio positivo è una tenera madre (unica esile presenza femminile) che accetta il figlio per quello che è

Pedro Almodòvar

Pedro Almodòvar

ROMA – Sparite da La mala educación , in uscita l’8 ottobre, le donne si prenderanno la rivincita nel prossimo film di Pedro Almodóvar: «Tre generazioni al femminile per parlare di fenomeni paranormali, dove sono nato io la gente crede molto nei morti che ritornano e nei fantasmi». Il Parlamento spagnolo sta per approvare la legge che riconosce matrimoni gay. «Se il mio cinema può aver influenzato questa decisione? Magari», risponde il celebre regista. Dice che la società è migliore della classe politica e anche del cinema. «Io non sono uno spettatore televisivo, è quasi tutta spazzatura, aborro il Grande Fratello ma nell’ultima edizione spagnola c’è un trans, una donna divenuta uomo, trattato come gli altri, e così nei programmi trash sulle corna degli omosessuali si parla alla stessa maniera degli eterosessuali. Questo ha contribuito a guardare la realtà con più tolleranza».
Amanti che si riprendono con la cinepresina ardenti di desiderio, sguardi rivolti nelle zone proibite. Presentato al Festival di Cannes, sta per arrivare il film più scabroso di Pedro Almodóvar. I protagonisti de La mala educación sono Fele Martinez e Gael Garcìa Bernal (era il giovane Che ne I diari della motocicletta ), e tutti e due ricordano la vibrante tensione sul set, il perfezionismo e allo stesso tempo la semplicità di Almodóvar. Nel raccontare la storia di un prete pedofilo e di due ragazzini colti al loro primo amore, uno diventerà regista e l’altro trans, il regista spagnolo si è ricordato dei suoi trascorsi nel collegio salesiano. Almódovar ha scelto di raccontare un film nel film, sgranando come in rosario alla rovescia le ipocrisie, il senso del peccato, i castighi. «Ma non è un lavoro esattamente autobiografico, anche se i ricordi hanno avuto il loro peso. Nessun prete ha mai abusato di me». Per salvare il suo sentimento è costretto a vendersi al prete: «Non cerco lezioni morali, non è un regolamento di conti con il clero, se avessi avuto bisogno di vendicarmi non avrei aspettato così tanto, la chiesa non mi interessa, nemmeno come antagonista. Attenti a giudicare, la violenza del cinema è diversa da quella della vita, altrimenti Tarantino e prima Peckimpah sarebbero andati in prigione».

Nei sali e scendi di un melodramma tutto giocato sulle simmetrie, su un vulcano orlato da angeli vendicatori, l’identità del protagonista sarà svelata dalla finzione cinematografica, attraverso il film che il regista sta girando. «Il cinema è stata la mia vera educazione, era nella stessa via del collegio. No, quel regista non sono io – sorride Almodóvar – anche perché non prendo i suoi rischi, io non vado a letto con le persone con cui lavoro». C’è l’educazione delle buone maniere e c’è la formazione accademica, «che nel mio caso è stata religiosa, pessima, i professori non erano affatto qualificati, più che a formare lo spirito hanno pensato a deformare lo spirito di noi bambini».

È un noir che attraversa tre epoche (’64, ’77, ’80), in un gioco di specchi che riserba continue sorprese, dove il personaggio positivo è una tenera madre (unica esile presenza femminile) che accetta il figlio per quello che è, «tutti gli altri sono cattivi o peggio dei cattivi, ma forse nemmeno, perché decidono la loro vita in maniera libera, e scelgono le opzioni più cupe. Sono personaggi condannati a un destino fatale, consapevoli di ciò a cui vanno incontro. Non è un film confortante, non è di quelli da cui esci bene, come dicono gli americani; volevo indagare nell’oscurità del cuore umano».


Da "L’Unità" del 28.09.04 di Gabriella Gallozzi
Almodóvar: i preti? Meglio il cinema
Il regista a Roma per presentare «La mala educacion», storia di formazione e noir

Una scena de La Mala Educacion

Una scena de’La Mala Educacio’

ROMA «L’educazione cattolica è pessima sia dal punto di vista accademico che spirituale. Anzi, la formazione dello spirito affidata ai preti è piuttosto una deformazione spirituale». È questa in sintesi La mala educacion a cui allude il titolo del nuovo film di Pedro Almodòvar in uscita nelle nostre sale il prossimo 8 ottobre, distribuito dalla Warner. A spiegarlo è lo stesso regista spagnolo nel corso di un incontro per la stampa popolato dalla folla delle grandi occasioni. Giacca di pelle marrone e zazzera imbiancata al vento Pedro ha ormai l’aria rassicurante di un signore di mezza età, così distante dai toni dissacranti e «scandalosi» di un tempo, nonostante il viscerale anticlericalismo covato negli anni del collegio, proprio come i due piccoli protagonisti del film. Dall’alto di due Oscar (Tutto su mia madre e Parla con lei) e di un’infinità di altri premi (Cèsar, Efa, Globi d’oro), oltre che delle lodi unanimi della critica planetaria, Almodòvar non ha più bisogno del «traino» degli «scandali», anche se quest’ultimo La mala educacion è stato «confezionato mediaticamente» in questa direzione, come una pellicola di denuncia sui preti pedofili. Lo scrive lui stesso sul press-book: «Questo film non è un regolamento di conti con i preti che mi hanno male educato, né con il clero in generale. Se avessi avuto bisogno di vendicarmi non avrei aspettato quarant’anni per farlo. La Chiesa non mi interessa neanche come antagonista». E lo ribadisce a voce: «Il vero protagonista della pellicola è il cinema. Il cinema come educazione alternativa, in questo caso, a quella dei preti. Così come è stato per me da bambino che avevo il cinema proprio davanti al collegio. È lì che mi sono formato realmente». Ed è il cinema, infatti, quello che insegue uno dei due giovani protagonisti, deciso a raccontare in un film proprio l’antica passione per l’amico-compagno di collegio, a sua volta vittima dell’amore molesto del loro insegnante sacerdote. Ma come ribadisce Almodovar, questo non è che lo spunto, poiché la vicenda si dipana sullo sfondo temporale di vent’anni, dai «castigati» Sessanta ai roboanti Ottanta della Movida, toccando tutti i temi cari da sempre al regista: omosessualità, travestitismo, amour fou. E delitti. Un noir, in piena regola, insomma, «in cui ho potuto mostrare gli aspetti peggiori dell’essere umano – continua Almodòvar -. È un genere che amo molto proprio per questo. Perché ha una sua morale codificata ben diversa dalla vita normale. Nel noir non esistono i buoni e i cattivi, piuttosto i disperati e i peggiori tra loro. Del resto se volessimo farlo coincidere con la realtà bisognerà spedire in prigione al più presto gente come Quentin Tarantino o Sam Peckinpah».

Un genere, il noir, in cui il regista dice di «essersi trovato per caso», scrivendo questa sceneggiatura che «covava da più di dieci anni». «Quando comincio un film – conclude il regista – non so mai se sarà una commedia o una tragedia. Non credo che il mio cinema abbia influenzato l’atteggiamento più tollerante della Spagna di oggi verso gli omosessuali e i travestiti. In questo senso fa di più, anche se è spazzatura, la televisione. Comunque ho la sensazione che si riderà molto con la mia prossima storia, Volver, una commedia tutta di donne sulla mania spagnola di credere ai fantasmi e ai morti che ritornano».


Da "La Repubblica" del 28.09.04 di MARIA PIA FUSCO
"Racconto il lato oscuro che è in noi"
Esce l´8 ottobre anche in Italia "La mala educación" , il film spagnolo sulle storture della formazione religiosa e sul lato occulto dell´esistenza. È la storia di un triangolo. Il prete esercita il suo potere sui due ragazzini, che intanto scoprono la vita, l´amicizia, la solidarietà, la sessualità, l´amore

La Mala Educaciòn

La Mala Educaciòn

ROMA – In Spagna ha incassato oltre sei milioni di euro, in Italia La mala educación esce l´8 ottobre in 180 copie. Trent´anni di cinema e Pedro Almodóvar resta un simbolo della Spagna, di quella di ieri e di quella di oggi, della Spagna che «dopo la tragedia dell´11 marzo e il cambio di governo ha ritrovato slancio politico tra i giovani», un paese che dalle nuove norme per il divorzio ai diritti degli omosessuali, vive grandi mutamenti sociali. «Magari potessi dire che il mio cinema ha contribuito a qualche cambiamento. In realtà la società spagnola è più avanzata della classe politica e del cinema. Negli ultimi tempi nei programmi tv dove si vanno a raccontare amori e tradimenti tra gli ospiti ci sono anche coppie gay, transessuali, travestiti. Detesto la tv, aborro il Grande fratello, ma all´ultima edizione partecipa un omosessuale. Non credo che la tv lo faccia come funzione educativa, ma è costretta a rispecchiare la società spagnola di oggi», dice Almodóvar.

La mala educación: può spiegare meglio il titolo?

«In Spagna la parola educación significa buone maniere e formazione accademica. Io parlo della formazione religiosa che io e le due o tre generazioni seguenti abbiamo ricevuto in collegio da tutti gli insegnanti, tutti preti, a parte quello di matematica. Un´educazione pessima, basata sulla colpa e sul castigo, non formazione, ma deformazione dello spirito per noi bambini. Ma il tema del film non è soltanto questo, non riguarda solo gli abusi di padre Manolo, gli altri adulti non sono migliori di lui».

Una sintesi del film?

«La storia di un triangolo, padre Manolo e i due bambini, Ignazio ed Enrique. Il prete esercita il suo potere sui due ragazzini, che intanto scoprono la vita, l´amicizia, la solidarietà, la sessualità, l´amore. E mi piace che un bambino di dieci anni per amore di un altro bambino si opponga alla prepotenza del prete. Il tre è un numero chiave, dopo vent´anni padre Manolo si è spretato e fa l´editore, Ignacio scrive e Enrique fa il regista; ci sono tre versioni della verità, ognuno racconta la propria. E il triangolo amoroso si ripete, non con Ignacio ma con suo fratello Juan».

Non ci sono personaggi positivi?

«Il film è molto vicino al noir e i personaggi appartengono al genere, che indaga il lato oscuro dell´esistenza. Non c´è morale manichea, non ci suono buoni: ci sono cattivi e più cattivi, ma è gente che comunque decide liberamente il proprio destino e non c´è neanche condanna. Il cinema può permettersi di parlare del peggio dell´essere umano, il noir ha una sua morale che non è quella della vita vera. Anche la violenza che il cinema si permette è altro dalla vita, nella vita sarebbe inaccettabile, altrimenti Sam Peckinpah o Tarantino, con tutti quei morti ammazzati nei loro film, dovrebbero marcire in galera».

C´è un film nel film, quello con cui Enrique racconta la sua verità: qual è il ruolo del cinema in La mala educación?

«È un grande protagonista, il cinema è stato la mia educazione alternativa. C´era una sala sulla stessa strada del collegio e i film mi hanno educato molto di più dei preti».

Quanto c´è d´autobiografico nel film?

«Io non sono stato direttamente vittima di abusi sessuali, riuscivo a sfuggire ai preti, ma a scuola c´erano abusi quotidiani. Enrique fa il regista ma non sono io, non ho il suo coraggio, non avrei corso i suoi rischi, e io non vado a letto con quelli che lavorano con me. Ci sono solo alcuni elementi in comune, come i tre film fatti a trent´anni o l´abitudine di leggere e ritagliare notizie di cronaca alla ricerca di storie. Il cinema è anche indagine, è ricerca della verità, il regista è un po´ un detective».

Quali sequenze considera più significative?

«Il bambino che cade inseguito dal prete e il fotogramma si spacca in due, da quel momento anche la sua vita si spacca in due, la sua sessualità è destinata a cambiare, sarà omosessuale o transessuale, non potrà fare nulla per ricongiungere la sua personalità. La responsabilità non è di padre Manolo, Ignazio forse sarebbe diventato gay comunque, ma padre Manolo è colpevole comunque per l´abuso. E la sequenza più crudele, più noir del noir è quella in cui l´ex prete consegna la dose mortale a Ignacio, di cui aveva abusato anni prima e di cui vuole liberarsi per vivere in pieno la sua passione per il fratello più giovane, che è più vicino all´immagine del bambino che amava. In fondo è il personaggio che mi affascina di più, la sua passione è così totale che supera ogni scrupolo, è pronto a qualsiasi cosa, anche a perdere tutto quello che ha. M´identifico con lui, ma non sarei mai in grado di correre i suoi rischi, non avrei coraggio».

L´ultima parola che corre sullo schermo è "passione"?

«La passione è vita, chi ha passione sopravvive. In questo senso il film ha un finale positivo».

Per la prima volta lei abbandona i personaggi femminili?

«Un collegio è un universo maschile e, a parte il travestito, l´unica donna che potevo inserire è la madre, non poteva mancare. Dicono che sono un grande regista di donne, spero di qualificarmi come buon regista di uomini. In compenso sto scrivendo la storia di tre generazioni di donne che vivono in un piccolo paese tra credenze paranormali, fantasmi e misteri dell´occulto. Io non ci credo ma tutte le donne della mia famiglia hanno sempre creduto nei morti che ritornano. Probabilmente sarà il mio prossimo film e sono contento perché andando avanti nella stesura mi rendo conto che sto scrivendo una commedia».


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