Pronti a una strage per uccidere il sindaco di Gela

  

Gela. Volevano uccidere il sindaco Rosario Crocetta. A Gela sono in tanti a volerlo morto perché uno così in una città così è devastante. Pensate: è l’unico sindaco di una grande città che milita nel partito dei comunisti italiani e che ha sbaragliato il centrodestra, è dichiaratamente gay in una città dove i tanti bulli si vantano di essere machi, ha blindato le gare d’appalto che prima erano spartite dai soliti noti, ha messo i bastoni tra le ruote a una ditta dei subappalti del Petrolchimico che non aveva il certificato antimafia, ha smontato la macchina amministrativa mettendo da parte i personaggi più discussi. Ha affrontato tutti, anche i mulini a vento. E’ un uomo seduto su un barile di polvere con la miccia accesa.

Rosario Crocetta, sindaco di Gela

Rosario Crocetta, sindaco di Gela

La notizia della preparazione dell’attentato che doveva avvenire l’8 dicembre scorso per la processione dell’Immacolata è venuta fuori da intercettazioni ambientali (fatte in dicembre 2003 durante l’operazione «Imperium» che portò in agosto a 12 arresti) all’interno di un’auto a bordo della quale c’era un lituano di nome Minijus Marijus Denisenko, a cui la mafia gelese aveva fatto il «contratto» per ammazzare Crocetta. Questo Denisenko aveva pronta una «squadra per fare il lavoro», era arrivato a Gela, aveva visto in parecchie occasioni il sindaco, ne conosceva la faccia e i movimenti. A parlare con lui era Rocco Di Giacomo che portava a spasso il lituano sulla sua Mercedes 220 targata BY 307 HR. Rocco Di Giacomo, poi arrestato il 10 agosto scorso per usura e turbativa d’asta, è fratello del consigliere provinciale dell’Udeur Salvatore Di Giacomo che è anche dipendente comunale, finito anni addietro in carcere, ma uscito pulito dall’accusa di associazione mafiosa. Il sindaco per buona misura lo aveva trasferito di settore. Suo figlio Paolo è precario alla Ausl ed è stato eletto consigliere comunale nel ’98 e nel 2002.

Con questa bella rete di supporto c’è voluto poco a Salvatore Di Giacomo per essere eletto con 900 voti al consiglio provinciale dove è stato inserito nella commissione Lavori pubblici. Un terzo fratello di Salvatore e di Rocco, si chiama Orazio Crocifisso con precedenti per tentato omicidio, furto e porto abusivo d’arma. Dopo questo ritratto di famiglia è interessante leggere la trascrizione dei colloqui in auto tra Rocco Di Giacomo e Denisenko. Il liutano parla di un amico che può fare il «lavoro, ammazzare qualcuno. Ma io non ho bisogno di nessuno, ce l’ho una squadra, nostri capi e loro possono subito risolvere…». Parlano di un certo Paolo, di un certo Giorgio, anche di un poliziotto amico. E Rocco gli fa: «Questo sindaco finocchio dice sempre che Gela è mafiosa, che solo lui è pulito e gli hanno dato la scorta di due finanzieri, la sua casa è sempre chiusa e ci ha messo intorno tante lampade. Anche i sindaci finocchi abbiamo a Gela, un paese di schifo». E ancora Rocco
aggiunge: «Lui ha due finanzieri e i carabinieri. Però lui deve andare a casa…e come andare a casa…». Risata di Denisenko: «ah, ah, ah!». Ma il passaggio più inquietante è il riferimento a papà Brusca. «Grande uomo, morto in galera da uomo», dice Rocco. E Denisenko: «Operiamo come le squadre di Corleone? A Kanaus, dove sono nato, c’è anche una squadra come Corleone». E Rocco: «Ah, sì sì».

Pur di uccidere Crocetta erano disposti senza titubanze a fare una carneficina massacrando anche la scorta e i passanti. Il punto più facile e scoperto sarebbe stata la via dove abita il sindaco, sarebbe bastata un’autobomba da fare saltare con il telecomando al passaggio della vettura di Crocetta. Insomma, la strategia del terrore stile corleonese, come avvenuto a Capaci e in Via D’Amelio. Più improbabile la scelta di manifestazioni pubbliche come la Fiera di Gela, troppa gente, troppi occhi a guardare. Crocetta dice che «loro» sanno aspettare il momento giusto, appena calerà la tensione e la tutela verrà ridotta. La cosa strana è che la mafia gelese si sia rivolta a un criminale lituano conosciuto da Rocco Di Giacomo in uno dei suoi viaggi nei Paesi baltici. S’è ridotta così male? E in questo caso non si poteva rivolgere alle cosche vicine? Oppure ha preferito killer assolutamente sconosciuti che facevano il «lavoro», incassavano e sparivano nella grande Europa dalle frontiere aperte? E’ la globalizzazione del crimine.


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