“Meglio busoni che fascisti”

  

“L’è mei un fiol leder che un fiol buson” (meglio un figlio ladro che un figlio frocio) si diceva a Bologna prima della nascita del Cassero, ormai quasi 25 anni. Da allora tante cose sono cambiate, fino alla decisione di ieri con cui il Comune di Bologna ha sancito che, ladri a parte, nel capoluogo emiliano è meglio essere froci che fascisti.

Il Consiglio Comunale, infatti, ha approvato un ordine del giorno di condanna delle parole omofobe (“meglio fascisti che froci”) pronunciate lo scorso aprile durante un comizio di Forza Nuova. Il documento, presentato da Sergio Lo Giudice, consigliere dei Ds e presidente nazionale di Arcigay, era firmato, fra gli altri, da tutti i capigruppo della maggioranza di centrosinistra, dalla Margherita a Rifondazione Comunista. Forza Italia e i civici de La Tua Bologna si sono astenuti mentre Alleanza Nazionale non era presente in aula.

La decisione arriva a una settimana esatta dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che utilizzare in modo insultante il termine “frocio” è reato in quanto rappresenta “un chiaro intento di derisione e di scherno, espresso in forma graffiante".

Ecco il testo del’ ordine del giorno

Il Consiglio Comunale di Bologna

rilevato
che sabato 1 aprile 2006, in Piazza Galvani, ha avuto luogo una manifestazione non autorizzata del gruppo neofascista Forza Nuova, facente parte della formazione politica di estrema destra denominata Alternativa Sociale, in cui sono stati utilizzati simboli, gesti, termini e slogan direttamente riconducibili alla tradizione fascista; in quella occasione il segretario nazionale di Alternativa Sociale, Roberto Fiore, dopo essersi scagliato contro gli immigrati in lista per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ha concluso il suo intervento pronunciando la frase “meglio fascisti che froci”;

Considerato
che Il 14 gennaio, 2003, intervenendo alla Camera dei Deputati in merito ad azioni violente messe in atto da Forza Nuova a Bari contro esponenti della locale comunità gay, il Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu ha affermato: “Si tratta di gesti che, anche quando hanno solamente carattere dimostrativo e non producono danni rilevanti, sono comunque espressione di metodi violenti, che puntano a condizionare la normale dialettica democratica e, conseguentemente, a degradare i rapporti civili. (…) Perciò, forme di illegalità politica diffusa come quelle praticate da Forza Nuova e da altri gruppi non possono essere più a lungo tollerate”;

Il 22 luglio 2005 il Comune di Bologna ha aderito alla Carta europea dei diritti dell’uomo nella città, nella quale viene bandita ogni discriminazione “legata al’origine, al colore, al’età, al sesso o alle scelte sessuali, alla lingua, alla religione, al’opinione politica, al’origine etnica, nazionale o sociale, o al reddito”;

Il 18 gennaio 2006 il Parlamento Europeo ha approvato, con un voto trasversale agli schieramenti politici, una Risoluzione contro l’omofobia in Europa, che definisce l’omofobia come “una irrazionale paura ed avversione dell’omosessualità e delle persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) basata sul pregiudizio, assimilabile al razzismo, xenofobia, antisemitismo e sessismo” e che invita i paesi membri a “riconoscere pienamente gli omosessuali come bersagli e vittime del regime nazista”;

Condanna fermamente

– l’utilizzo di simboli e slogan legati alla tradizione fascista, in palese violazione della legge 645 del 1952 altrimenti nota come Legge Scelba sul divieto di ricostituzione del Partito Fascista;

– l’uso di espressioni violentemente omofobe e xenofobe come quelle pronunciate sabato 1 aprile in piazza Galvani, che non possono trovare cittadinanza in una città come Bologna, medaglia d’oro della Resistenza e Città d’Europa".


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