Il tempo della libertà e dell’uguaglianza

  

40 anni fa negli Stati Uniti c’erano violenza, soprusi, censura, invisibilità. Nella notte del 28 giugno 1969 un gruppo di gay, lesbiche, trans hanno detto di no a tutto questo, dando vita alla gloriosa rivolta di Stonewall che qui oggi ricordiamo. Quella fu l’alba del nostro movimento.

Ancora oggi in Italia viviamo situazioni di violenza, soprusi, censura e ogni anno ci troviamo davanti alla sfida di come comprendere e dare continuità a quella rabbia, a quel desiderio di uguaglianza e libertà, a quella volontà di cambiamento.

Siamo coscienti che esiste la difficoltà di interpretare cosa voglia dire un Pride oggi. Ed è per questo che oggi abbiamo scelto un modo un po’ diverso di concludere il corteo. È un esperimento innovativo di cui come comitato organizzatore ci assumiamo tutte le responsabilità. Abbiamo scelto di rinunciare agli interventi dei rappresentanti delle associazioni organizzatrici del Genova Pride per avere il tempo di dare spazio e visibilità a tutte le numerosissime associazioni e ai gruppi che hanno aderito e quindi sostenuto questo Pride.

Il desiderio è quello di rendere esplicita e visibile, anche grazie alla loro presenza fisica sul palco, ai loro corpi e alle loro voci, la molteplicità delle nostre associazioni, rendere visibile quanto è fitta la nostra rete.

Viviamo una crisi senza precedenti. È crisi della politica, crisi dell’economia, siamo a una crisi di senso, della tenuta sociale; c’è una tendenza alla frammentazione e all’egoismo. E tutto ciò crea paura.

Anche per noi lesbiche, gay e transgender è una fase di difficoltà e disagio.

Le violenze e le aggressioni sono ormai quotidiane, la politica è sorda e cieca rispetto a qualsiasi istanza di giustizia e di libertà e i media hanno l’ordine di ignorarci.

La tentazione, in fasi come questa, è quella di chiudersi nelle proprie case, di arrendersi al senso di impotenza e di sconfitta.

Ma così la si dà vinta a loro, a quelli che stanno facendo di tutto per dividerci, per isolarci, per frammentarci.

Ci stanno già riuscendo con la sinistra, che mai come oggi è stata così divisa, polverizzata, impotente.

Non ci devono riuscire con noi.

Proprio in fasi come queste è importante mantenere viva e attiva la rete, la rete delle nostre relazioni, la rete tra le nostre associazioni; noi possiamo essere l’esempio che le differenze sono una ricchezza, noi possiamo dimostrare che le differenze invece di dividere possono unire.

Ed è per questo che vogliamo lanciare da questo palco un messaggio di concreta speranza. Crediamo che il movimento LGBT possa impedire una deriva egoistica, razzista, machista e omofobica e possa contribuire a cambiare realmente questo Paese, perché il movimento LGBT ha due parole d’ordine fondamentali: UGUAGLIANZA e LIBERTA’.

Uguaglianza significa che noi vogliamo essere cittadini e cittadine uguali a tutti gli altri, con gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri. Significa che vogliamo TUTTO! Vogliamo il matrimonio civile, vogliamo altri istituti per chi non crede nel matrimonio, vogliamo che i nostri figli e le nostre figlie, che sono tantissimi, abbiano gli stessi diritti e le stesse tutele dei figli delle coppie eterosessuali. Vogliamo una legge che ci protegga dalla violenza omo-lesbo-bi-transfobica. Vogliamo una legge che consenta alle persone transgender l’autodeterminazione di sé e il riconoscimento della propria identità di genere.

Allo stesso modo è forte il nostro desiderio di libertà. Libertà intesa come la possibilità più concreta di scrivere il proprio futuro. La libertà dalle ingerenze di chi cerca di imporsi sul nostro destino, sulle nostre vite.

Libertà di pensiero, libertà di espressione, libertà di scelte di vita.

Quella libertà che fa rima con laicità.

Per fare questo c’è bisogno di tutte e di tutti.

Gli ultimi anni sono stati anni di difficoltà, con la politica che ci è stata avversaria e nemica, eppure tutte le nostre associazioni non solo hanno resistito ma hanno ampliato la rete di solidarietà e di azione nel territorio.

Ora c’è bisogno che ciascuno di noi faccia la sua parte per rafforzare questa presenza, affinché possiamo contare davvero in questo paese. Più noi saremo organizzati, più noi sapremo lavorare in rete e più la politica ci dovrà ascoltare. Perché siamo noi, lesbiche gay e transgender, insieme ai tanti altri movimenti, ai movimenti delle donne, degli studenti, dei precari, dei migranti, insieme a tutte le reti sociali, a dare speranza a questo Paese.

Perché abbiamo valori di giustizia e di uguaglianza, perché abbiamo i nostri vissuti che parlano di amore e di libertà, perché abbiamo tutti gli strumenti per poter cambiare radicalmente il tessuto culturale e sociale di questa nostra Italia.

E c’è un’Italia che ci sta aspettando: è l’Italia che si indigna a Napoli. È l’Italia che si indigna per le continue ingerenze delle gerarchie vaticane. L’Italia che non è d’accordo che in questo paese il prezzo della crisi economica venga pagato solo dai giovani, dalle donne, dai precari e dai migranti. È l’Italia che è a favore del riconoscimento dei nostri diritti, sia come individui lgbt e sia come coppie. È l’Italia che fa la differenza.

E questo non può che dare fiducia al nostro lavoro.

Concludo dicendo che questo è il tempo dell’unità.

Dentro il movimento LGBT, ma anche in tutta la comunità lesbica gay e transgender, è giunto il tempo di superare le divisioni e le ragioni di lontananza.

La storia – tutta la storia – è fatta di cicli.

Ci sono fasi di chiusura, di regressione, di negazione delle libertà; sono fasi in cui abbiamo vissuto la censura, il disprezzo, la violenza, la negazione.

Ma ci sono anche tempi e luoghi in cui le battaglie di noi lesbiche, gay, transessuali e transgender hanno portato conquiste di rispetto, di libertà, di diritti.

Per tutti!

E hanno avviato fasi di apertura, di progresso, di libertà.

La storia è fatta di cicli.

E il tempo della libertà e dell’uguaglianza è ora che arrivi anche in Italia. Presto!

BUON GENOVA PRIDE!!!!


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