5 Stelle intervista Paolo Patanè, Presidente dell’Arcigay

  

Paolo Patanè, Presidente nazionale dell’Arcigay, ci ha rilasciato questa intervista.

Nel ringraziarlo per la sua disponibilità e il tempo dedicatoci, confermiamo il nostro impegno per la garanzia di tutti i diritti facendo nostre le sue parole: “…Partiamo invece da un vero progetto complessivo di Paese. Che Paese vogliamo? Se siamo d’accordo che vogliamo un Paese diverso, più giusto, più equo, più moderno e progredito, è da lì che in modo naturale derivano tutti i diritti che oggi non sono riconosciuti. Compresi quelli per le persone e le coppie omosessuali…”

1 – Una recente ricerca dell’Istat racconta un’Italia ben disposta ad accettare due persone dello stesso sesso che si amano, eppure ancora molti sono gli episodi anche gravi di aggressione a LGTB a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere. Secondo te, questa contraddizione è invincibile o parafrasando G. Falcone possiamo dire che l’omofobia “è solo un fatto umano e come tutti i fatti umani ha avuto un inizio e avrà una sua fine?”

Debbo dire che è insita in una certa cultura la resistenza ai cambiamenti, ma mi piace pensare che l’affermazione del principio di eguaglianza configuri un meccanismo invincibile: puoi rallentarlo ma non arrestarlo. E’ chiaro che da Rosa Parks non si è arrivati subito ad Obama, e che è stato necessario un percorso, ma ci si è arrivati, e non certo a caso. Proprio da quei dati ISTAT si evince in modo molto netto che donne e giovani sono largamente più evoluti sul tema dei diritti delle persone gay, lesbiche e transessuali, e questo significa che occorrono, anche per questa ragione, molte più donne in politica per far crescere e progredire il Paese, e che i giovani di oggi, ovvero gli adulti del prossimo futuro, rappresenteranno la prossima società e classe politica costruita secondo quel modello di eguaglianza,libertà e rispetto di ogni dignità di cui già oggi sono portatori. Gli orizzonti sono interessanti direi.

2 – Il Vaticano non fa mancare il suo appoggio a chi quotidianamente si oppone all’avanzata dei diritti civili in Italia e, al tempo stesso, i partiti sembrano sempre più in difficoltà ad affrontare il tema. Ma a tuo parere è la Chiesa che frena il processo di apertura o sono piuttosto i partiti che se ne fanno scudo per scaricare la responsabilità politica della propria inadeguatezza?

Il Vaticano ha un’indiscussa tendenza ad interferire su alcune questioni che percepisce strategiche per la conservazione della sua influenza politica, e soprattutto nel nostro Paese. Non dimentichiamo che all’ONU è proprio dal Vaticano, oltre che dai paesi integralisti musulmani o ortodossi, che sono sistematicamente arrivati gli ostacoli più severi all’avanzamento del dibattito sulla depenalizzazione dell’omosessualità. E badate che lì si discute di vite umane, quelle dei tantissimi omosessuali che in giro per il mondo vengono torturati, incarcerati, uccisi solo in ragione del loro orientamento sessuale: mi pare un argomento che mette a dura prova la credibilità di chi pretende di agire in nome dell’amore e della carità. Detto questo, però, mi sembra che le responsabilità della classe politica siano largamente prevalenti, perché è l’ignavia, l’inconsistenza politica, e spesso la mancanza di senso dello Stato, che porta qualunque classe politica a lasciarsi sopraffare dalle interferenze di chicchessia. Sono i partiti chiamati ad animare il dibattito politico in seno al Parlamento, e sono i partiti che dovrebbero compiere il massimo sforzo possibile per agire nel pieno rispetto della società per com’è: adoperandosi per conoscerla, comprenderla e rispettarla. Molto banalmente dovrebbero viverla,ma l’assenza di iniziativa sulle questioni dei diritti delle persone lgbt, dell’affermazione del principio di eguaglianza, e dei diritti civili in generale, testimoniano la distanza siderale, scandalosa, dell’attuale classe politica dai nostri temi come da tanta parte delle tematiche vere che coinvolgono la vita reale della gente nel nostro Paese. E poi, detto chiaramente, il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali è un fatto di civiltà: non può essere usato per becere strategie elettorali e per trascinarci in giochini di partito che non ci interessano per nulla.


3 – Piergiorgio Paterlini ha dichiarato a L’Espresso: “Quando qualcuno se ne esce con la faccenda che l’Olocausto non c’è mai stato, non è che ci mettiamo a discutere con lui o proviamo a convincerlo con le buone. Ne siamo indignati, offesi, scandalizzati e prendiamo provvedimenti. […] Non è che se qualcuno oggi se ne uscisse con la teoria che i negri sono bestie, Porta a porta farebbe una bella puntata bipartisan, con contraddittorio alla pari davanti al plastico della capanna dello zio Tom”. Questo tuttavia accade ancora con alcune questioni Lgbt di fondo, come ad es. l’orientamento sessuale. A fronte di qualcuno che dice che l’omosessualità è una patologia o un disordine morale e psichico, il giornalista passa la palla ad una controparte, anziché citare lui stesso gli studi scientifici che chiariscono il punto della situazione. La cattiva informazione quanto è responsabile dell’omofobia strisciante del Paese?

Sottoscrivo pienamente la riflessione di Paterlini. Esiste un approccio logoro ,retaggio di una subcultura, ma ancora troppo presente nei tanti salotti televisivi. L’omosessualità infatti non viene ricostruita per quello che è, ovvero non un mero comportamento sessuale, ma un orientamento, che è cosa ben diversa e ben più complessa. Nell’orientamento c’è evidentemente il comportamento sessuale, la sessualità, per gli omosessuali come per gli eterosessuali, ma ci sono anche le emozioni, l’affettività,la vita pubblica, la visibilità, i progetti di vita, le reciproche solidarietà morali e materiali, la coppia, il futuro. Per gli omosessuali come per gli eterosessuali. Per ogni uomo come per ogni donna. Perché dunque parlare di un’identità innata, qual è l’orientamento sessuale, come se fosse possibile averne un’opinione? Non si può parlare di omosessualità come se fosse una questione “eticamente sensibile” su cui ci si divide .Non lo si può fare come non lo si può fare per l’eterosessualità, il colore della pelle, la provenienza etnica e qualunque altra cosa che definisce naturalmente una persona per quello che è. Se i media partissero dalla serietà di questa posizione, forse ne parlerebbero fuori dalla tentazione dell’arena mediatica o della spettacolarizzazione dell’argomento. Sì, è vero, l’informazione deve fare un salto di qualità.

4 – Percepiamo ancora una certa reticenza soprattutto tra gli e le omosessuali a fare coming out e, in generale, a vivere con serenità e alla luce del sole la propria identità. Ci sbagliamo clamorosamente oppure anche questo è un fattore che frena il processo di rivendicazione dei diritti civili?

La reticenza c’è, ma è conseguenza di tanta parte di quello che ci siamo detti prima. E’ chiaro che in un Paese in cui l’odio omofobico può spingersi impunito, ed il Legislatore osserva silenzioso e inerte, senza produrre norme di contrasto e prevenzione, …e in cui il vuoto normativo rispetto al diritto all’eguaglianza delle coppie omosessuali certifica la diseguaglianza e l’iniquità, la percezione che ne deriva è di insicurezza, e spesso di marginalità. Non tutti hanno strumenti per affrontarla e vincerla e questo incide sulla visibilità serena delle persone e quindi sul conseguimento dei diritti. Quanto è ancora rischioso manifestare il proprio orientamento sul posto di lavoro, anche semplicemente dicendo di essere gay e di avere un compagno da portare alle cene aziendali e non una compagna? Purtroppo più di quanto si pensi, e questo è spaventosamente ingiusto.

5 – In Italia, le battaglie Lgbt sono portate avanti soprattutto dall’associazionismo e dalle organizzazioni non governative (penso all’ultimo appello di Amnesty International http://www.amnesty.it/lgbti-italia), eppure esistono tanti modi e luoghi diversi per fare attivismo per i diritti Lgbt. Che cosa consiglieresti a chi vuole “attivarsi” e perché è giusto farlo?

Io credo che le associazioni rappresentino un patrimonio di storia, cultura e sogni che mantiene ancora un fascino particolare. Mi impressiona pensare quante vicende personali, quante scelte difficili e rischiose abbiano contribuito nell’arco di 40 anni di storia del Movimento omosessuale italiano a cambiare la società, a renderla migliore e più avanzata della politica che non è riuscita a rappresentarla, e a come tutto questo abbia contribuito alla mia libertà. Siamo sempre debitori verso qualcuno della nostra libertà. E’ vero però che ognuno può scegliere come testimoniare o supportare una battaglia civile, anche attraverso la propria attività di studente o docente, oppure attraverso l’arte, la narrazione, il modo di interpretare il proprio ruolo nella società. Io credo fortemente che Arcigay non debba occuparsi solo dei diritti delle persone gay, lesbiche e transessuali, ma debba riuscire a trasmettere la necessità di un cambiamento che accresca la libertà e la giustizia per tutti. Allo stesso modo penso che i diritti delle persone omosessuali debbano stare a cuore agli eterosessuali perché la loro realizzazione è garanzia di un’effettività del principio di eguaglianza di cui si avvantaggia tutta la società. Perché attivarsi? Perché nulla è più forte e bello, e offre un senso alla vita, del credere di poter comunque cambiare le cose. Mi piace pensare che ogni persona abbia il diritto di essere felice e che la felicità di ciascuno debba contribuire al diritto alla felicità per tutti.

6 – Ci racconti qualcosa che ti sta a cuore?
Ci dai la risposta alla domanda che avresti sempre voluto sentirti chiedere e che nessuno ti ha mai fatto?

Mi sta a cuore continuare a combattere per le cose in cui credo, ma riuscire a farlo difendendo la mia vita privata, i miei affetti, il mio diritto alla felicità. Non credo a certe esperienze totalizzanti e penso che perdere di vista se stessi per una battaglia politica significhi viverla male. Come si fa a combattere credibilmente per la felicità degli altri se ci si dimentica della propria? Mi sta a cuore non trascurare le persone che amo: la mia famiglia, il mio compagno, i miei amici.
Mi sta a cuore dimostrare che esiste una relazione tra cultura, arte e diritti, perché i diritti sono bellezza e l’assenza di diritti è innanzitutto assenza di cultura.

La risposta mai data alla domanda mai fatta?

Nessuno mi ha mai chiesto quanto sia stato aiutato dalla mia famiglia a realizzare la mia personalità. Posso dire che è stata fondamentale e che da questo punto di vista sono una persona fortunata per l’accoglienza serenissima della mia omosessualità e per il costante sostegno e la condivisione dei miei ideali. Credo che sia determinante che ogni contesto familiare garantisca la libertà ad un figlio di essere se stesso, perché può condizionarne, distruggerne o salvarne la vita per sempre.

7 – I ragazzi del M5S di Palermo, sabato, parteciperanno al Pride che si svolgerà, appunto, nel capoluogo siciliano. Vuoi approfittare di questa intervista per mandare un messaggio a loro e a tutti gli altri manifestanti?

Intanto grazie di cuore di esserci. Penso di essere uno dei tantissimi che spera sinceramente che anche da M5S possa arrivare un contributo al vero cambiamento del Paese anche attraverso l’estensione del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso, e della Legge Mancino ai reati caratterizzati da odio omofobico e transfobico. Mi sembra che tutti parlino di diritti, e civili e sociali, uno per uno, come se fossero qualcosa che procede per compartimenti stagni. E’ un grande errore. Se si parte dal dibattito sui singoli diritti si rischia sempre di andare subito al muro contro muro, e di trasformare qualunque contesto e momento in un terreno di scontro. Partiamo invece da un vero progetto complessivo di Paese. Che Paese vogliamo? Se siamo d’accordo che vogliamo un Paese diverso, più giusto, più equo, più moderno e progredito, è da lì che in modo naturale derivano tutti i diritti che oggi non sono riconosciuti. Compresi quelli per le persone e le coppie omosessuali. E’ mai possibile che chiunque possa sposarsi: assassini, ladri, stupratori ….ma l’estensione del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso sia uno scandalo per i benpensanti? A chi sarà al Pride di Palermo voglio dedicare questo semplicissimo concetto: la stridenti contraddizioni e iniquità del nostro sistema ci dicono già oggi cosa è giusto e cosa non lo è. Non scivoliamo nel gioco di troppa politica di complicare le cose per deformare ideologicamente la realtà: chi si ama e costruisce un percorso comune ,contribuisce al bene collettivo, ed ha diritto a diritti pieni ed eguali. Penso che Palermo abbia dimostrato con il Pride questa straordinaria verità, semplicemente declinando il Pride come “Palermo Pride”, ovvero un momento di orgoglio e visibilità di tutta la città e non solo della su comunità gay e lesbica e transessuale. Questo è forse il messaggio migliore: siamo tutti parte della stessa società che vuole riprendere a costruire il bene del Paese.
Aiutiamoci tutti a realizzarlo una volta per tutte.

(Ringraziamo Paola e Michele che hanno materialmente realizzato l’intervista)