In risposta a padre Giuseppe Scalella

  

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Si pubblica di seguito la risposta inviata al giornale La mia città news che l’11 luglio 2022 ha pubblicato sul proprio sito una riflessione di padre Giuseppe Scalella, Priore del Convento della Trinità di Viterbo, dal titolo “A proposito del Lazio Pride a Viterbo…” (link)

 

Viterbo, 14 luglio 2022

Iniziamo la nostra risposta alla sbalordente riflessione, con un doveroso pregresso storico, nutrito dal documento “Omocausto – Lo sterminio dimenticato degli omosessuali”, pubblicato da Arcigay. Discutere di Seconda Guerra Mondiale in relazione alla popolazione LGBT+, significa discutere di morte e oppressione durante un indicibile percorso storico nel quale la popolazione LGBT+ è stata condotta assieme ad altre realtà parimenti vittime dell’odio. Le seguenti informazioni a completamento della riflessione cui rispondiamo.

Il numero delle persone LGBT+ arrestate durante il regime nazista in base al Paragrafo 175 fra il 1933 e il 1945 fu di circa 100.000. Dalle 10.000 alle 15.000 persone incarcerate, furono poi rinchiuse nei campi di concentramento. Delle persone cui fu attribuito il tragico “triangolo rosa”, afferma lo storico Rüdiger Lautmann, morì una percentuale del 60%, la maggior parte durante il primo anno di internamento. Ricordiamo al Priore che la fine della guerra non significò alcuna acquisizione di libertà o giustizia per la comunità LGBT+: il Paragrafo 175, per citare un esempio, venne abrogato solo nel 1994. In Italia, invece, ci si “limitò” a somministrare diffida, ammonizione o confino, per non parlare delle misure adottate al di fuori della legge e a cui migliaia di persone vennero orribilmente sottoposte. Il Codice Rocco adottato dal regime fascista, operò una forma di discriminazione e violenza ben più sottile. L’assenza di misure di sterminio esplicitamente antiomosessuali era giustificata dal fatto che prevederne, avrebbe significato ammettere che in Italia la popolazione LGBT+ esistesse. Dalla Commissione Appiani: “La previsione di questo reato non è affatto necessaria perché per fortuna e per orgoglio dell’Italia, il vizio abominevole che ne darebbe vita non è così diffuso tra noi da giustificare l’intervento del legislatore, nei congrui casi può ricorrere l’applicazione delle più severe sanzioni relative ai diritti di violenza carnale, corruzione di minorenni o offesa al pudore…”. E siamo lontani dal vivere un periodo nel quale la rivendicazione di diritti umani è cosa da poter sottovalutare o ignorare.

Al 2022, in Italia, segnala Ilga Europe (Associazione Internazionale per i Diritti LGBT – ONU), l’Italia continua purtroppo a meritare solo il 33° posto nella classifica di 49 Paesi Europei in tema di politiche dedicate a tutela dei diritti umani e dell’uguaglianza delle persone LGBT+. Il servizio di Gay Help Line, segnala di ricevere oltre 20.000 contatti l’anno (più di 50 al giorno), rivolti da persone LGBT+ vittime di discriminazione, abusi, violenze e stigma. Lo stesso servizio segnala un incremento preoccupante dei casi di minacce, ricatti, mobbing, bullismo, cyberbullismo, abusi e violenze, sul territorio italiano, specie all’interno della fascia dell’età evolutiva. Il vergognoso caso della prof.ssa Cloe Bianco, è uno fra gli ultimi atroci testimoni di questa allarmante realtà.

Fatti, non opinioni. Statistiche, non precetti. Numeri, non idee. Si risponda in questo tenore.

Terminata la doverosa introduzione, si potrà con più attenzione iniziare una semplice disamina del nucleo centrale della riflessione proposta dal Priore, sorvolando sul quantomeno incauto paragone fra i movimenti di rivendicazione dei diritti umani e civili delle minoranze sessuali con presunte ideologie “massonico-marxiste”. In qualche modo, sostiene il Priore, un fenomeno di “spersonalizzazione” avrebbe fatto sì che le persone abbiano iniziato a rivendicare la propria identità autonomamente (rimane oscuro il motivo per il quale tale rivendicazione sarebbe biasimabile).

Citando dalla riflessione: “definire in modo arbitrario la propria identità, sessuale o no, è solo un altro modo per servire il potere e continuare l’opera di spersonalizzazione e di distruzione della persona”, e poi, “non capisco chi sbandiera un’idea falsa della propria persona e addirittura ne fa un orgoglio”.

Sperando di contribuire quantomeno a questo deficit di comprensione, forniamo di seguito qualche informazione facilmente reperibile dalle principali istituzioni e organizzazioni nazionali e internazionali interessate al tema dell’uomo, del diritto, delle minoranze, della salute e dell’uguaglianza.

Costituzione Italiana – Principi fondamentali

“Articolo 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 aprile 2007, art.8

“Il Parlamento europeo […] ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni”

Risoluzione del Parlamento europeo del 26 aprile 2007, art. 10

“Il Parlamento europeo […] condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli”

Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

“Articolo 1: tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”;

“Articolo 2: Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate […], senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere […]”

“Articolo 19: Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.”

Sarebbe forse utile citare il diritto all’identità personale, come diritto inviolabile dell’individuo. Ogni persona ha diritto di rappresentarsi ed essere rappresentato per come è, in maniera avulsa da imprecisioni che ne influenzino distortamente la rappresentazione agli occhi altrui. La lesione del diritto all’identità personale, peraltro, si sostanzia come danno, illecito civile che legittima una richiesta di risarcimento afferibile a “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto” (art. 2043 codice civile). Il diritto all’identità personale è dunque il diritto ad essere sé stessi, contro qualsivoglia attribuzione erronea alla propria personalità, in difesa contro ogni intento trasfigurante o travisante. È inoltre nel valore dialettico fra questo diritto inalienabile e quello alla cronaca, che si trova una strada in direzione della civiltà inclusiva. Sono la verità dei fatti, l’utilità sociale della notizia e la forma civile dell’esposizione, il discrimine.

Arriviamo quindi all’identità sessuale, e alla legge 164 del 1982 (e D.Lgs. 150/11), che tutela in Italia coloro che non si riconoscono nel sesso assegnato loro alla nascita, e che si lega a doppio filo al diritto alla salute psicofisica, richiamando gli articoli 3 e 32 della Costituzione.

Allontanandoci dall’ambito giuridico, è importante citare la posizione dell’APA (American Psychological Association) che in materia di diritti civili, orientamento sessuale e diversità di genere afferma “l’eguale trattamento delle persone di tutti gli orientamenti sessuali e i generi, come delle politiche che affrontino i temi della disparità nell’efficacia dei risultati sanitari per le persone lesbiche, gay, bisessuali o transgender”. La stessa APA ha dedicato la celeberrima Division 44 al tema, una società per la promulgazione di una psicologia affermativa rispetto all’orientamento sessuale e alla diversità di genere.

L’OHCHR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani) ha da tempo affermato che le discriminazioni contro le persone LGBT+ violano i principi di diritto umano sostenuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

L’UNICEF nel novembre 2014 ha emanato un documento indirizzato all’eliminazione delle discriminazioni contro bambini e genitori basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

L’UNESCO stessa ha richiamato l’attenzione di ogni nazione nel lavorare per la creazione di sistemi educativi che affrontino la discriminazione e l’esclusione condotte in base a orientamento sessuale, identità di genere, espressione di genere e varianti delle caratteristiche sessuali.

E molti altri di seguito, testimoni ed esempi, che a questo punto risulterebbe prolisso e svilente citare.

Speriamo in conclusione di aver contribuito a colmare quella lacuna di comprensione che sembrava affliggere la riflessione del Priore, invitandolo a contattarci per poter assieme collaborare al fine di costruire quella realtà inclusiva e dedicata al prossimo, che siamo certi sia obiettivo di qualunque cittadino informato e non motivato a dialettiche dell’odio e dell’esclusione, comprensibili perlopiù in base a fenomeni di ignoranza e pregiudizio omobilesbotransfobico se non da difficoltà oggettive, cognitive o intenzionali.

Peter Boom – Viterbo LGBT+ – Associazione Arcigay