Arcigay. De Rita, sbaglia: sì al matrimonio gay come nel resto del mondo civile

  

L’analisi sull’evoluzione della famiglia italiana di Giuseppe de Rita, presidente del Censis, è condivisibile a tratti, ma sbagliata e fuorviante nella percezione dei tempi. L’evoluzione della famiglia italiana infatti, non si stabilizzerà tra vent’anni, ma le nuove famiglie e le convivenze sono già una realtà profondamente radicata nel tessuto sociale italiano. E, dati alla mano, il Paese è ormai composto da famiglie tradizionali e da innumerevoli famiglie di conviventi, eterosessuali o omosessuali, con o senza figli e altrettanti nuclei familiari monogenitoriali.

Vogliamo finalmente prendere serenamente atto che questa realtà necessita oggi, e non tra anni, di nuovi strumenti normativi? Tra questi ovviamente il matrimonio gay, e una buona legge per le convivenze, come nel resto del mondo civile.

A de Rita probabilmente sfuggono le numerose sentenze italiane favorevoli a una regolamentazione dei diritti doveri delle coppie di conviventi e delle famiglie omosessuali, come quella della corte Costituzionale, la 138 del 2010, che definisce le coppie di omosessuali e lesbiche portatrici degli stessi diritti delle coppie eterosessuali coniugate.

Le parole di De Rita confermano che uno dei grandi problemi dell’Italia è l’incapacità di coniugare le analisi al tempo presente. E la capacità di coniugarle nel linguaggio comune si chiama coraggio, quel coraggio che manca al legislatore che se ne avesse solo un poco, comincerebbe a fotografare il Paese per quello che è, e a legiferare di conseguenza.

Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay


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