I giorni del coraggio di essere liberi

  

Alla sfilata il popolo degli invisibili "Ora non dovremo più vergognarci"
Sabato scenderanno in piazza anche coloro che non hanno mai dichiarato la propria diversità L´appello anche al sindaco. Ma solo la Provincia ha concesso anche un finanziamento. Un lungo elenco di manifestazioni culturali
di Cristina Zagaria

La festa è cominciata a Bari

La festa è cominciata a Bari

Sotto i riflettori del Gay Pride ci saranno omosessuali, gay, lesbiche. Tra la folla, ancora nascosti, ancora in incognito, ci saranno «gli invisibili». «Io sabato non voglio mancare. Ma non ho ancora detto ai miei genitori e ai miei amici che sono omosessuale, perciò mi mimetizzerò tra la folla. Magari l´anno prossimo potrò salire anch´io su un carro e sentirmi finalmente libero». Mauro, 19 anni, tarantino, studente di giurisprudenza a Bari, è uno dei tanti ragazzi che sfileranno ai margini, perché per un motivo o per l´altro, non hanno ancora dichiarato la loro omosessualità.

«Sfileremo per le vie di Bari per chi non lo può ancora fare, perché i nostri figli un domani non abbiano più paura di dire:’mamma sono omosessuale´», dicono i ragazzi del circolo Arcigay di Bari. Quando i riflettori saranno accesi sulla parata conclusiva del Gay Pride, quando le telecamere seguiranno i 12 carri che sfileranno tra musica e colori, tra la gente, ferma sui marciapiedi o affacciata alle finestre, ci saranno, infatti, centinaia di omosessuali in incognito. Il Pride è in loro onore. «Questa settimana non è un carnevale posticipato, né una festa fine a se stessa – dicono gli organizzatori – è una battaglia per il futuro». Questi ultimi dieci mesi, tra mostre seminari e conferenze in nome dell´orgoglio omosessuale, sono stati un´iniezione di speranza per gay e lesbiche. Ma è solo una battaglia vinta.

«Sono tanti i ragazzi e le ragazze – dicono al circolo dell´Arcigay di Bari – che in questi giorni ci hanno dato una mano per preparare appuntamenti, seminari e manifesti e che non saliranno mai sul palco». Sono ragazzi che parlano volentieri, che raccontano le loro storie, ma non amano telecamere e mass media. Non ancora. E per loro che tutti gli altri si esporranno in prima persona. «Io non sono barese – dice Rosaria Iodice, portavoce della’Città delle donne´ – vengo da Napoli. E quando arrivai in questa città due anni e mezzo fa tutti mi dissero.’Non dire a nessuno che sei lesbica, perché altrimenti perderai il lavoro e poi sarei costretta ad andare via´. Io ho avuto coraggio e mi è andata bene. Ma non voglio che nessuna donna che viva e lavori a Bari abbia paura di dire’io sono lesbica´». Dallo scorso 18 novembre, tutti gli organizzatori del Bari Pride hanno lavorato per portare «a Bari un confronto tra persone che tuttora vengono considerate di serie’B´ e quelle considerate di serie’A´». E ora, in questa settimana finale, chiedono a Bari di scendere in piazza, di manifestare per tutti gli omosessuali costretti ancora a vivere nell´ombra: «se non volete uscire restate a casa, ma se volete un confronto, volete capire chi siamo, venite a vedere». Anche perché i ragazzi del circolo Arcigay Giovanni Forti sono stati i primi a mettersi in gioco. «È inutile negare – dicono nella sede di via Adriatico – che il primo pregiudizio che abbiamo cercato di abbattere è il nostro, contro una città che ci ha sempre rifiutato o nel migliore dei casi ignorato».


"Noi, giovani del vecchio Sud adesso siamo diventati liberi"
I racconti di un´adolescenza inquieta, tra le ansie e i cambiamenti nelle famiglie tradizionali. In ventimila arrivano dall´Europa

Luigi da Lecce lo aveva capito sin da bambino. Ma per troppo tempo ha fatto finta. «Per cinque anni sono stato fidanzato con una ragazza per tentare di nascondere la mia omosessualità all´esterno. Ora lei è sposata e io sono qui, vivo a Bari e faccio volontariato per il Gay Pride». Ora Luigi Caroppo ha 32 anni, studia Scienze politiche e non ha più vergogna. Ma confessa che vive con un po´ d´ansia il momento in cui le telecamere lo inquadreranno e anche a Lecce si saprà che non è un uomo che ama le donne. «I miei genitori lo sanno già e hanno accettato. Mio padre, un agricoltore, mi ha detto: "È la tua vita, fanne quello che vuoi". Del resto, avevo l´appoggio dei miei fratelli. Mia sorella è stata la prima a saperlo».

Una moltitudine di diversità nascoste si prepara in questi giorni a venire allo scoperto, a Bari, come crisalidi che escono dal bozzolo. Arriveranno dai paesini chiusi della Puglia, della Sardegna o della Calabria, dalla Sicilia profonda dove il "gallismo" è sempre quello descritto nei romanzi di Vitaliano Brancati. O dalla Campania "mammona" che, racconta Maria Silvia Tartaglione, lesbica napoletana, «tollera più i "femminielli", i giovani trans, che noi e i gay». Maria Silvia verrà a Bari giovedì con la speranza che il raduno omosessuale sia migliore di quello del ´96 a Napoli: «Allora il Sud non era pronto per una manifestazione del genere. Ci fu un grande coming out, ragazze che vincendo la vergogna impugnavano gli striscioni del movimento lesbico. Antonio Bassolino, all´epoca sindaco, salì sul palco insieme a noi. Avemmo anche il riconoscimento delle istituzioni ma poi tutto finì lì. La società rimase estranea a noi, non costruimmo niente. Per questo voglio venire a Bari e incrociare gli occhi delle ragazze per leggere quello che da noi è mancato, la progettualità». Maria Silvia ha militato nel movimento lesbico ma ora è in pausa di riflessione: «La corrente separatista sta prendendo piede e io mi ritrovo fuori linea: non credo che essere lesbiche significhi essere contro gli uomini». Fuori del Bari Pride, invece, è Arcilesbica, che organizzerà feste e iniziative autonome, «autogestite e autofinanziate», precisa Valeria Di Cagno, responsabile barese dell´associazione, in rotta con il Gay Pride per «scelte politiche» e interessata a cercare «un dialogo con il movimento dei movimenti».

Ma al di là dei dissensi, la sfilata di sabato sarà l´occasione per venire allo scoperto – e incontrare altri gay che arrivano da ogni dove: ci sarà anche una delegazione da Miami – da parte di una generazione di omosessuali cresciuti nell´ombra del Sud tradizionalista. Al contrario dei gay degli anni Settanta, non cercano la fuga in quelle zone franche della società, come l´arte, lo spettacolo, dove la loro condizione è tollerata: la loro sfida è rimanere omosessuali anche nei luoghi più "machisti". Flavio Di Venosa, 23 anni, barese, insegue ad esempio un sogno: «Entrare nell´esercito. Ho presentato una domanda come volontario». A novembre, è tornato dagli Stati Uniti, dove ha studiato business a due passi da San Francisco, la culla delle battaglie per i diritti. «Il ritorno a Bari è stato tragico». Sante Longo, invece, ha 22 anni e arriva da Mola. «Non ho mai pensato di essere eterosessuale. Ora che ho accettato in pieno la mia condizione, la vivo meglio». In famiglia, «nessun problema». Ma se fa troppo tardi la mamma, fervente cattolica, lo chiama «scomunicato» e gli rinfaccia i suoi amichetti. Con il padre, impiegato comunale, «non c´incrociamo quasi mai. Non abbiamo mai approfondito, non abbiamo un grande rapporto». Palestrato, dice che le donne gli piacciono ancora. E rifugge i locali "gay friendly", per soli omosessuali: «Sono luoghi di auto-ghettizzazione».

Anche perché, dice Maria Silvia Tartaglione, «le nuove generazioni sono più aperte. E noi, al Sud, magari siamo meno ipocriti che al Nord. All´inizio, in famiglia è una tragedia. Poi ti dicono: "Tu sei lesbica? E a me che me ne importa?». E Verusca Caraviello, 46 anni, parrucchiera trans campana, conferma: «Io sono stata trent´anni fuori, tra Milano e la Toscana: il paese mi stava stretto. Da due settimane sono tornata a Napoli. Devo dire che non si sta più male come una volta. I femminielli ci sono, ormai, e sono ben accettati. Io rimango qui».


Gay Pride, la sfida ai Palazzi "Fitto, sali sul palco con noi"
Ieri è stata presentata ufficialmente la manifestazione che si tiene a Bari per la prima volta nel Sud. Bellomo ha detto di voler rappresentare tutti i pugliesi

L´ultima sfida del Bari Pride è alle istituzioni. Alla Regione e al Comune, che dopo aver dato il patrocinio, sono scomparsi nel nulla. Inizia con le scintille la settimana dell´orgoglio Gay. «Non basta il patrocinio morale. Chiedo al presidente Raffaele Fitto di salire sul palco con noi». Michele Bellomo, il giovane e agguerrito portavoce del Bari Pride, alla presentazione ufficiale della manifestazione da un lato annuncia su Bari una pioggia di 5.000 palloncini rossi a forma di cuore e dall´altro sfida i palazzi del potere politico. «In una sua recente dichiarazione, il presidente della Regione ha detto che lui rappresenta tutti i pugliesi anche i 40 mila omosessuali. Ebbene signor presidente: in Puglia, su quattro milioni di abitanti, 400 mila sono omosessuali. Ed è importante non sbagliare le cifre, per dimostrare che il patrocinio non è solo un atto formale per conquistare dei voti nella comunità omosessuale, alle prossime elezioni». E la «provocazione» non è solo al presidente Fitto, ma anche al sindaco di Bari, Simeone Di Cagno Abbrescia. «Il primo cittadino – dice Bellomo -non può ignorare un evento che coinvolgerà la città e la porterà alla ribalta dei media nazionali e internazionali. È il primo Pride del Sud Italia ed è a Bari. Non parliamo della festa degli Alpini, ma di un evento’storico´, che per il commercio, il turismo e il futuro della vita politica e sociale di Bari forse è anche più importante della tradizionale Fiera del Levante».
Bellomo non si accontenta dei successi già ottenuti. Va oltre. E fa un invito ufficiale: «Presidente Fitto, signor sindaco salite sul palco del Gay Pride con noi», sperando che, dopo un anno di polemiche, silenzi tattici e patrocini morali, questa volta i due prendano una posizione chiara. O con il Gay Pride o contro. Anche perché, gli organizzatori del Pride non possono ignorare che ci sono politici di rilievo regionale e nazionale del Polo delle Libertà, che ancora «remano contro il Pride». Il riferimento al senatore Ettore Bucciero è chiaro, anche se il parlamentare di An non viene mai nominato durante la presentazione ufficiale della manifestazione. Bellomo lancia solo un messaggio forte e chiaro: «In Italia le destre conservatrici devono rendersi conto che nel resto di Europa anche le destre si battono per il riconoscimento dei diritti per tutti». Nonostante le defezioni e le polemiche, il portavoce del Bari Pride è, comunque, ottimista: «L´offerta di Torre Quetta e la totale disponibilità nell´ultima settimana dell´amministrazione comunale nell´organizzare spazi, incontri e trasporti, mi fa ben sperare». L´unica istituzione locale a schierarsi con chiarezza dalla parte del Gay Pride 2003 e a stanziare dei fondi è stata la Provincia. Grazie a questo sostegno, Michele Bellomo e Rosaria Iodice (portavoce femminile) per dieci mesi hanno organizzato quattro rassegne cinematografiche, 18 appuntamenti teatrali, 4 presentazioni di libri, 28 seminari, 3 mostre. E ora, per il gran finale, gli organizzatori sperano nel salto di qualità, con il coinvolgimento attivo di tutte le istituzioni.


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