Piacenza non deve ignorare la questione omosessuale

  

Da qualche anno la parola omofobia è diventata di uso comune anche nella lingua italiana, con il suo carico di episodi di cronaca, dallo sgradevole al tragico. Eppure sembra ancora che questa parola abbia il potere di mettere a disagio, al punto che molte persone preferiscono evitare di confrontarsi con essa.
Ci riferiamo in particolare a quello che è avvenuto nell’ultimo Consiglio Comunale, quando avrebbe dovuto essere votata una mozione contro l’omofobia anche nella nostra città (come è già avvenuto in molte altre città italiane, e anche in comuni limitrofi come Salsomaggiore e Cremona). Cosa c’era scritto in questa mozione? Che il Comune di Piacenza si sarebbe dovuto impegnare per contrastare gli atteggiamenti discriminatori nei confronti delle persone omosessuali e transessuali, supportando iniziative di sensibilizzazione e informazione, in particolare in vista della giornata internazionale contro l’omofobia, che ogni anno cade il 17 maggio. La cosa interessante è che a Piacenza, unico caso in Italia, la mozione non si è potuta nemmeno votare per la mancanza del numero legale, visto che prima della sua votazione buona parte dei consiglieri di opposizione se n’è andata per protesta (sostenendo che una simile mozione a Piacenza era inutile e strumentale), mentre diversi consiglieri di maggioranza se ne sono andati senza addurre motivi particolari. Fortunatamente siamo in democrazia e un consigliere comunale è ancora libero di astenersi dal voto quando lo ritiene opportuno, però poi deve anche assumersi la responsabilità del suo gesto, anche perchè in questo modo non ha fatto altro che provare quanto l’omofobia sia un tema ancora scomodo da affrontare. In caso contrario non ci sarebbero stati tanti consiglieri che, semplicemente, hanno scelto di non prendere una posizione chiara al riguardo, delegando ad altri questo compito e facendo rimandare tutto alla prossima seduta consigliare.
A tutte queste persone vorremmo fare presente che l’omofobia non è semplicemente una patata bollente da rimpallarsi, ma un macigno che pende sulla testa di tantissime persone anche nella nostra città e nella nostra provincia. Il fatto che da noi non siano balzati agli onori della cronaca casi clamorosi di omofobia non vuol dire che non ci siano stati, purtroppo. Semmai dimostra che nella nostra realtà le persone omosessuali che subiscono aggressioni verbali e fisiche, minaccie, insulti, ricatti di ogni tipo, mobbing sul lavoro e quant’altro si sentono lasciate completamente a se stesse e preferiscono subire a testa bassa piuttosto che reagire, denunciare e rischiare di complicare ulteriormente la loro situazione.
E possiamo dirlo con cognizione di causa, visto che noi per primi in questi anni abbiamo accompagnato al pronto soccorso delle vittime di aggressioni omofobe, che ovviamente hanno preferito non sporgere denuncia e non diventare casi mediatici. E questa è solo la punta di un sommerso molto vasto, di cui difficilmente si può avere la percezione dall’esterno e che – soprattutto negli ultimi anni – ha spinto tanti giovani omosessuali piacentini, magari dopo l’ennesima vessazione, ad andarsene via dalla nostra città per cercare altrove un clima più accogliente. Certo una mozione comunale non può fare miracoli, ma di certo potrebbe aprire nuovi spiragli e nuove possibilità. Fare finta che il problema non sussista, invece, è un ottimo modo per voltare le spalle a tante, tantissime, persone che non hanno mai avuto un segnale concreto da parte delle istituzioni locali, dimostrando una volta di più che hanno ragione quando pensano che la loro situazione non interessa a nessuno. O che magari le loro vite, e i loro problemi, non valgono nemmeno una presa di posizione (anche contraria) in un Consiglio Comunale.
Arcigay L. ‘A. T. OMO. di Piacenza


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