Marco, 18 anni, studente gay: chi ci insulta odia anche se stesso

  

Il sogno di lavorare un giorno nel mondo dello spettacolo. «Mi piacerebbe pure sposarmi e avere figli. Ma noi siamo considerati cittadini di serie B».

«Odiano gli altri perché odiano se stessi. È questo ciò che penso di queste persone». Sotto la pioggia, Marco marcia attorno alla scuola. Stringe la mano ai compagni di classe, ai prof, ai bidelli, nel gigantesco girotondo che è un grido contro tutte le discriminazioni. È successo che l’altro ieri la pagina Facebook creata come spazio di incontro per gli studenti del liceo classico ?Asproni? di Nuoro, è stata presa di mira dall’anonima cretini (quasi sicuramente ragazzi dello stesso istituto) e riempita di messaggi omofobi, post zeppi di volgarità contro diversi liceali, gay dichiarati e non.
LA DENUNCIA La pagina è stata subito chiusa, ma gli allievi del Classico (che hanno incassato la solidarietà di Arcigay, Movimento omosessuale Sardo, Rete degli studenti) non hanno certo considerato finita lì la questione. Apposta, ieri mattina, hanno indossato t-shirt candide con messaggi a tema, si sono presi per mano e hanno marciato attorno alla scuola. Una storiaccia di cyberbullismo che finalmente non è passata sotto silenzio. Il preside Antonio Fadda ha presentato denuncia alla polizia postale che ora lavora per cercare di risalire all’identità degli autori dei messaggi. «Persone che odiano gli altri perché odiano se stessi. Questi sono coloro che prendono di mira le categorie meno tutelate come gli immigrati e gli omosessuali», ribadisce Marco, 18 anni, nuorese, studente del Classico col sogno di volare in Continente e lavorare un giorno nel mondo dello spettacolo. Il nome è di fantasia, perché Marco accetta di parlare di sé, ragazzo gay cresciuto a Nuoro.
GLI AMICI E LA FAMIGLIA «I miei amici lo sanno. Con loro non c’è stato neanche bisogno di dirlo, di dichiararlo. Hanno capito e basta. Non ne ho mai parlato coi miei genitori. Un giorno lo farò, ma non so esattamente quando sarà. Non è facile fare coming out, sai? Soprattutto quando devi aprirti con la tua famiglia. Davanti a papà e mamma mi pongo come figlio, capisco che loro hanno delle aspettative. I miei genitori sono molto aperti. Ma so che ora non è il momento di parlare con loro. Non è che non sono pronto io. Non sono pronti loro».
UNA CITTÀ PICCOLA A Nuoro è difficile essere se stessi, per chiunque. «Questa è una città un po’ più chiusa delle altre, ma forse solo perché è un centro piccolo, dove tutti si conoscono e dove è facile che gli affari di chiunque finiscano in piazza. Ho tanti amici nella penisola, vivono in grandi città. Mi dicono che per loro è più facile. Una situazione più tranquilla, meno opprimente».
GLI INSULTI «Quando ho realizzato di essere gay? Ero in seconda media. Non è un’illuminazione. È un percorso verso la consapevolezza, lenta maturazione, crescita. Quando venivo insultato, all’inizio mi buttavo giù. Pensavo di essere io, quello sbagliato. Poi ho capito che non era affatto così». Quelli sbagliati sono i bulli, i prevaricatori, i violenti, gli ignoranti. Poi ci sono le anime belle che si chiedono perché mai gli omosessuali facciano coming out, e chi se ne importa? «Il punto – dice Marco – non è dichiarare o meno la propria condizione. È una scelta che arriva quando dici: ecco, io non ho paura di rivelarmi. Sono io. Sta a te ora accettarlo. A parte i rapporti personali, però, il problema è che siamo cittadini di serie B a cui, per esempio, non viene riconosciuto il diritto di sposarsi e avere figli. Il matrimonio e una famiglia tutta mia. Mi piacerebbe, tra qualche anno».
Piera Serusi


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