Night-night, America. Prima puntata.

  

Iniziamo oggi questa nuova rubrica, Night-night America: una corrispondenza da New York City dove vive Alessandro Casiraghi, un tesserato dell’Arcigay Valle d’Aosta Queer VdA (il quale, oggi, festeggia anche il suo compleanno). Questa è la prima puntata. Buona lettura e buon viaggio!

Come tutte le mattine, mi ero svegliato per guardare il telegiornale e fare colazione. Ma non ce la facevo a mandare giù niente. In televisione c’era Obama che pronunciava il suo primo discorso da Presidente, e mi ero commosso.

“Se c’è qualcuno là fuori che ancora dubita che l’America sia il posto dove tutto è possibile (…) che dubita della forza della nostra democrazia, questa notte è la risposta”.

E poi faceva un elenco.

“È la risposta pronunciata da giovani e anziani, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, bianchi, neri, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, etero, disabili e non disabili.”

La sera stessa andai su internet e stampai il discorso. Non lo lessi nemmeno tutto. Non mi interessava capire che cosa diceva nel resto. Mi era sufficiente quella frase in cui sentivo per la prima volta un politico includermi per una parte di quello che ero.

Per anni avevo seguito i dibattiti dei politici italiani, aspettando che qualcuno dicesse qualcosa che includesse anche me. Non mi aspettavo qualcosa di intelligente o di rivoluzionario – quella speranza l’avevo quasi subito soffocata. Volevo semplicemente una frase che mi permettesse di dire “Ok, ci sono anch’io, alla pari di tutti gli altri”.

Appiccai il discorso sulla parete sopra la mia scrivania, in bella mostra. Volevo ricordarmi ogni giorno che “gay” non era soltanto un’offesa o una parola pesante da condividere con cura con una ristretta cerchia di amici. “Gay” poteva anche finire nelle prime frasi di un discorso del Presidente degli Stati Uniti d’America.

Quel discorso aveva condizionato l’idea che avevo di America. Una nazione che accoglieva chiunque, libera e pronta ad abbracciare tutto ciò che era nuovo, orientata al futuro, desiderosa di sperimentare nuovi modelli, nuove geometrie.

Era il 7 Novembre 2008. Ero a Verrès, in Italia.

Non avevo la minima idea che esattamente dieci anni dopo in America mi sarei trasferito. Non avevo la minima idea che in America ci sarei rimasto.

Prima che partissi, nel 2018, mi avevano avvisato: “Gli Americani sono razzisti, omofobi, ignoranti”. Ma l’imminenza e l’eccitazione della partenza per New York avevano messo in secondo piano l’avvertimento. L’America che avevo in testa continuava ad essere quella del discorso di Obama e nella fretta non c’era spazio per nessun altro scenario.

Ora sono quasi due anni che abito a New York. In questi mesi la mia idea di America ha dovuto fare i conti con la realtà. Ho dovuto riconsiderare tanti pezzi di quell’immagine, metterli in discussione, accettarli, e infine rovesciarli. Fino a che il mosaico è cambiato.

Ma non è bastato. Perché con la pandemia, la crisi economica, i conflitti razziali e le tensioni che riempiono il dibattito pre elettorale, tutti questi pezzi sembrano essere finiti in un frullatore. Non soltanto l’idea che mi ero fatto, ma anche la realtà che sto vivendo stanno cambiando, più velocemente della mia capacità di comprenderle.

La mia idea di America non contemplava un poliziotto premere il suo ginocchio sul collo di un uomo fino a soffocarlo. Non contemplava un diciassettenne armato di fucile sparare contro i manifestanti di una protesta. Non contemplava un Presidente suggerire di votare due volte per mettere in crisi il sistema democratico.

Non contemplava il razzismo sistemico o teorie cospirazioniste assurgere a teorie politiche.

Eppure tutto questo è successo, sta succedendo, velocemente. E cercare di informarmi e scrivere è il modo che ho trovato per provare a dare delle risposte a un’idea di America che ho dovuto riconsiderare e una realtà americana che sta cambiando.

Il mio è un tentativo parziale, nel doppio significato della parola. Parziale perché non sono un esperto di tutti gli argomenti che affronterò, ma cercherò il più possibile di supportarli con dati e riferimenti che ho raccolto in questi mesi. Parziale perché i miei racconti sono influenzati da quello che sono: un italiano, omosessuale, immigrato, con un passato lavorativo nella pubblica amministrazione valdostana per poi passare in un’azienda privata americana. O, per farla breve, semplicemente qualcuno che è curioso di capire che cazzo sta succedendo.

Alessandro Casiraghi