Lettera di un ragazzo etero ad un ministro

  

Lettera di un ragazzo eterosessuale ad un ministro

Gentilissima onorevole Mara Carfagna,

un aspirante medico di appena vent’anni le scrive dal mezzo di una terra che gli annali redatti da storici imprecisi indicano come “terra di contadinotti e venditori di mozzarelle”, nel pieno di quella che alcuni potrebbero, con bieco compiacimento, chiamare “Terronilandia”; una terra che si chiama Ciociaria. La sorprenderà forse questa mia introduzione, ma mi è necessaria per entrare nel merito del tema che voglio affrontare in questa mia missiva: lo farò girandoci un po’ al largo, dicendole, tanto per cominciare, che uno degli sport nazionali è l’applicazione delle etichette. Noi (parlo di noi ciociari), da secoli, siamo solo e soltanto, mi scusi la ripetizione, “contadinotti e venditori di mozzarelle” e molti dimenticano che da queste parti sono nati Cesare Baronio (che fu quasi papa), Marcello Mastroianni, Umberto De Sica, Antonio Valente, senza voler risalire ai tempi di Cicerone o Mario.
Eppure, per buona parte della popolazione nazionale, noi continuiamo ad essere quel popolo dalla parlata un po’ strana, rappresentato da Lando Buzzanca (attore campione nel mettere in scena i pregiudizi), che non pensa ad altro che alle olive, alle pecore, ai campi da arare; insomma, dei gran buzzurri, se mi permette il termine.

Ed è inutile che ci nascondiamo dietro un dito: questo è puro e semplice razzismo, basato UNICAMENTE di ciò che una persona ha scritto sulla linea tratteggiata della carta di identità dopo la voce “Luogo di nascita”.
Chiamerò, se ciò non le dispiace, questo genere di razzismo, proprio così: “razzismo da carta d’identità”.
Ce ne sono di tutti i tipi: chiamare noi terroni, chiamare i venditori ambulanti marocchini vucumprà. E poi c’è quello di cui mi interessa parlare con lei: l’omofobia.
L’omofobia è quel tipo particolare di razzismo da carta di identità che si basa sul giudicare una persona da ciò che ha scritto sulla carta di identità dopo la parola “Sesso”. Sei un uomo? Devi vestirti così, comportarti in quest’altro modo, fare solo e soltanto questi lavori e, cosa abbastanza strana, devi amare queste persone e queste soltanto.

Oh, accidenti! Signora Carfagna, come possiamo accettare una cosa del genere? Non so se si rende conto: come si sentirebbe, lei, se le dicessero: “No, non può amare quell’uomo lì, perché sulla sua carta di identità dopo la voce Occhi c’è scritto Azzurri”.
Proprio per questo trovo particolarmente urtante l’omofobia: pone una limitazione ad uno di quei sentimenti che ci rende così umani come siamo (non tutti, a dire il vero: gli omofobi, ad esempio, no); un sentimento così totalizzante ed onnicomprensivo che passa facilmente su cose come l’età o la differenza di classe sociale, figuriamoci su una bazzecola come il sesso anagrafico, il quale, comunque, è spesso cosa sensibilmente diversa dal sesso “sentito” da una persona.

Non vedo, in fin dei conti, da eterosessuale convinto e praticante, cosa ci sia di male a voler abbracciare, baciare, fare l’amore con una persona del proprio sesso; su questo, vorrei sperare di avere la sua approvazione, cosa di cui non sono sicuro per due motivi che le esporrò qui di seguito e che sono, in fondo, i motivi per cui Le scrivo.

Uno dei motivi è di ordine squisitamente statistico: la maggior parte degli italiani, infatti, pare proprio non condividere questa mia opinione, e Lei (e la sua coalizione, ovviamente) rappresenta la maggioranza dei cittadini italiani. I quali dimostrano di avere tutte quelle “qualità” (o meglio, tutti quei vizi) che sono necessari all’omofobia (e non solo): come dicevo, adorano appiccicare etichette ed ancora di più adorano essere ignoranti su ciò su cui attaccano etichette.
[…]

Non vorrei ripetere cose già dette, ma ricorderei che sono ormai alcuni anni da che i più insigni psichiatri hanno derubricato l’omosessualità dal novero delle malattie psichiatriche; semmai essa avesse avuto motivo per entrarvi se non, appunto, l’ignoranza ed anche l’istintiva paura (oserei dire, l’istintivo terrore) che gli uomini provano nei confronti del diverso. Non voglio spiegarle il perché questa paura, visto che basta conoscere un minimo (ma davvero un minimo) di psicanalisi, per capirla. Anzi, forse basta anche il semplice buon senso. La stessa paura che aveva spinto alcuni biologi ad enunciare l’idea folle che gli omosessuali fossero persone geneticamente diverse da tutte le altre; un pensiero, se lei ci pensa, nemmeno troppo diverso dal sostenere che gli uomini di colori hanno differenze genetiche da noi, e che quindi non siamo tutti uomini. Un’idea folle, lo ripeto.
Altra follia che si è detta sugli omosessuali è che sarebbero “socialmente pericolosi”, o meglio, questo era un termine che usavano le dittature del ventesimo secolo, e che oggi viene sostituito da termini che le persone educate dicono politically correct e che io, invece, chiamo ipocriti; il loro significato, e tutto l’odio contenuto in esse, non è però cambiato. L’osservazione degli omosessuali che ci stanno intorno ci farebbe capire, se li guardassimo con gli occhi dell’osservazione oggettiva e non con l’occhio spaventato dei cavernicoli, che gli omosessuali non sono affatto “socialmente pericolosi” (scusi l’ulteriore ripetizione): nessuno potrà smentirmi, credo, se dico che in Italia la maggior parte delle violenze sessuali vengono commesse da eterosessuali, piuttosto che da omosessuali. Lei, credo, è in possesso dei dati per poter confermare questa mia affermazione. Né commettono, in quantità statistica, reati di numero significativamente superiore a quelli di ogni altra categoria sociale.

Il secondo motivo per cui credo che Lei non condivida la mia opinione sugli omosessuali, invece, è questo: in questi giorni, in tutt’Italia, si sta assistendo ad una vera e propria campagna persecutoria nei confronti di persone che sono accusate, praticamente, di rivendicare il diritto di abbracciarsi per strada. Io ho un solo nome per queste azioni: squadrismo razzista. E basta. Non ci sono altri termini per definirle, e forse anche questo che ho usato è troppo “gentile”.

Lei, signora Carfagna, ha un ruolo istituzionale importante e delicato, Lei tiene un ministero che è quello delle Pari Opportunità: a cosa servono i nostri diritti, quelli che sono stati conquistati col sangue (una bella poesia di Franco Fortini diceva: “Ma noi l’abbiam vista negli occhi dei morti/e sulla Terra faremo libertà./Ma l’hanno stretta le mani dei morti/la giustizia che si farà”), se non possiamo usufruirne perché, appunto, non abbiamo “Pari Opportunità”?

Mi sarei quindi aspettato una serie di reazioni forti, decise, anche istituzionalmente scomposte; azioni che dovevano spingere in una direzione: quella di dare al popolo italiano una cultura che esso, evidentemente, non ha. Ed invece, le uniche reazioni che si sono avute sono state sulla linea: “Migliorare la sicurezza in città”. Certo, magari usando ronde che picchieranno gli omosessuali ancora più selvaggiamente. A parte questo, il silenzio più assoluto.

Una reazione forte me la sarei aspettata soprattutto da Lei, onorevole. Come fa a non accorgersi che questo è un delitto contro le Pari Opportunità che grida vendetta? Ed invece, non un suo comunicato, non una sua dichiarazione, niente, nemmeno un rigo, è apparso sui giornali; la sua agenzia di stampa non ha emesso comunicati, sul suo sito non è comparsa una sola parola a proposito dell’accaduto.
Ciò non è possibile. Lei avrebbe dovuto essere la PRIMA a saltare sulla sedia, la prima a parlare, la prima ad indignarsi. Non lo ha fatto, ed io non riesco a capire il perché. Da cosa dipende? Ha paura di qualcosa? O forse il fatto che lei non abbia parlato è che anche Lei ha, come tutti gli italiani, pregiudizi contro le persone gay?

Ministro Carfagna, perché durante la sua carica sono spariti dal sito del Ministero delle Pari Opportunità le pagine di documentazione sulla discriminazione nei confronti degli omosessuali, discriminazione da combattere come qualunque altra? Ministro Carfagna, mi scusi se mi permetto, ma con che faccia Lei potrà presentarsi come Ministro delle Pari Opportunità se non combatte questo con metodi più efficaci ed intelligenti delle imbecillità come le ronde?
Bob Marley diceva: “Finché per gli uomini il colore della pelle sarà più importante del colore degli occhi, al mondo noi avremo sempre la guerra”. Ed io aggiungo: “Finché sarà più importante l’orientamento sessuale di una persona che l’intelligenza, avremo sempre la violenza”.

Questo popolo ha bisogno di cultura, perché non si sentano più chiamare i gay “culi, recchioni, froci” e tutto l’altro corollario di termini che l’italiano medio snocciola quando è nella sua condizione preferita, il branco (non il gruppo: il branco animalesco). Ha bisogno di sapere che gli omosessuali sono persone come tutte le altre, che chiedono un solo diritto: quello di amarsi.

Finché non avremo insegnato agli italiani che essi hanno il diritto SACROSANTO di far ciò, e che ogni aggressione contro di loro è degna del ventennio fascista o della Germania nazista, vivremo in un Paese che non è libero, e non è democratico.

Ministro, Le ho scritto sperando in una sua reazione, per quanto possa fare un povero aspirante medico di una provincia che forse anche Lei disprezza. Forse Le ho scritto più per tacitarmi la coscienza, che per altri motivi, perché i miei figli domani non possano chiedermi: “Papà, se tu sapevi, perché non hai fatto nulla”. Ma ciò era necessario, perché la situazione sta degenerando tanto da iniziare a farmi paura. E la paura spinge a fare molte cose.
Sperando in una sua risposta ma soprattutto in una sua reazione
Le porgo i miei distinti saluti


Gabriele Polsinelli


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