Arcigay contro la guerra all’Iraq

  

L’Italia è in guerra. Mantenendo, per ora, uno status di paese non belligerante, ma schierandosi a fianco degli Stati Uniti in una guerra preventiva, non autorizzata dalle Nazioni Unite e, pertanto, in violazione del diritto internazionale.

Come presidente nazionale di Arcigay (che è per statuto un’associazione pacifista e non violenta) non posso che manifestare un senso di dolore per il fallimento di ogni tentativo di mediazione internazionale e di rabbia per un conflitto che, anche per le condizioni in cui è nato, apre una fase bellica che modifica negativamente lo scenario nazionale e globale.

Nel nome della democrazia e del diritto un paese, sottoposto al regime certamente illegittimo, brutale e sanguinario del dittatore Saddam, viene investito da una guerra a sua volta illegittima.

Il movimento gay. lesbico, bisessuale e transessuale internazionale lotta per una società più libera, plurale, pacifica e gentile. Le sue conquiste non sono mai avvenute sulla punta delle baionette o in scenari di guerra, ma laddove si sono potuti stabilire periodi di pace e confronto civile. Non è un caso che il principale scenario della rivoluzione omosessuale del Novecento siamo stati l’Europa e gli Stati Uniti del dopoguerra, cioè paesi non direttamente investiti sul loro territorio da eventi bellici.

Una guerra che viola il diritto internazionale non può essere fatta in nome dei diritti.
Arcigay ha partecipato, nello scorso giugno, al Gay Pride di Gerusalemme: lì abbiamo marciato a fianco di gay, lesbiche e trans d’Israele e di Palestina. Nel nome dei diritti e nel nome della pace. Le reti internazionali del movimento glbt, così come la costruzione di un tessuto democratico rischiano di essere messe in crisi e non rafforzate dalle guerre del petrolio.

Gli Stati Uniti sono una grande democrazia, che è seconda solo ad alcuni paesi europei sul piano dei diritti civili. Questo non ci impedisce di sottolineare che il suo esercito, espelle i gay e le lesbiche, come ha fatto, dal ’94 ad oggi, con quasi diecimila donne e uomini, considerati non degni di servire lo Stato a causa del loro orientamento sessuale.

Lo spazio per la costruzione dei diritti umani è quello del rispetto del diritto internazionale, della dignità di ogni essere umano e della pace. Oggi quello spazio è più ristretto di ieri.

Sergio Lo Giudice
Presidente nazionale Arcigay


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