“Figli ai gay, sogno da egoisti”

  

CARISSIMI amici gay, non lasciatevi, vi prego, scoraggiare dal vostro recente infortunio napoletano. Anzi evitate di considerarlo un infortunio.

Bambini

Bambini

È vero, il compagno Bassolino vi ha tradito. Prima ha lasciato che due vostri fans della regione Campania presentassero una legge che doveva soddisfare il vostro desiderio di avere dei figli autorizzandovi a procurarveli sia mediante l’adozione che mediante la provetta. Poi, dopo le prime proteste, ha fatto subito marcia indietro. Ma siete davvero sicuri che questo suo voltafaccia non possa giovare alla vostra causa?

Comunque sia, approfittate del flop di quel disegno di legge per concedervi, come suol dirsi, una pausa di riflessione.

E magari tornate a porvi un quesito che anche a molti di voi non sembra per nulla oltraggioso, e che qui vi ripropongo in questa forma: «Siete davvero sicuri che in questa vostra commovente brama di paternità e maternità non affiori per caso un sentimento che poco o niente ha a che fare coi bisogni, gli interessi, i desideri, il benessere e la felicità dei bambini che vorreste avere, ma molto invece col desiderio vanesio, e tutto sommato egoistico, di poterli sfoggiare come oggetti di conquista, prove di onnipotenza, trofei mondani e simboli di status?».

A questo punto devo ammettere francamente che le mie idee sui vostri problemi sono un po’ démodé. Intendiamoci: sugli omosessuali come tali non nutro nessun pregiudizio – né favorevole né sfavorevole. Spesso però mi accade di trovare insopportabili quelli fra voi che si sono votati alla lotta per la loro e vostra causa. Giacché mi sembra evidente che se ognuno ha il diritto di essere quello che è, nessuno, tuttavia, dovrebbe trovare di che menar vanto in ciò che né per sua colpa né per suo merito gli è capitato di essere.

I miei gusti vetero-borghesi, che non sento alcun bisogno di sottoporre a qualche revisione, mi costringono infatti a trovare anche gli eterosessuali, maschi e femmine, quando si vantano di essere quello che sono, vagamente comici.

Nessun maschio mi sembra anzi più stomachevole di quello che si sente e mostra fiero di essere appunto un maschio.

E mai del pari le femmine mi sembrano moleste e petulanti come quando si gloriano in branco di appartenere alla tribù delle donne.

Militare a favore di ciò che si è mi sembra insomma un’impresa deplorevole. Mi sembra del resto evidente che chiunque si vanti e compiaccia di essere quello che è, e che non gli è concesso di non essere, sia fatalmente votato al ridicolo.

Ridicole, infatti, sono tutte, nessuna esclusa, le forme di vanagloria, e le più ridicole di tutte sono proprio quelle che si esprimono della forma pronominale del «noi». Ragion per cui anche il cosiddetto «orgoglio gay» è comico, né più né meno, di ogni altra specie di boria di gruppo.

Nonché votata al ridicolo, la militanza gay è virtualmente aggressiva e violenta. Tutti i collettivi basati sull’ostentazione orgogliosa e provocatoria di quel che si è, e che non è possibile non essere, racchiudono un seme di violenza. E infatti violenza non è solo quella dei maschi che sfottono, aggrediscono e a volte accoppano i gay. Violenza è anche quella di quei gay che oltre che rivendicare, com’è giusto, il diritto di essere quello che sono e fare quello che vogliono, tendono a imporsi come una milizia pugnace decisa a estorcere leggi indecenti come quella per ora caduta alla regione Campania.


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