L’omelia di un gay credente

  

L’evento è di quelli storici in paese sperduto in provincia di Foggia, è un centro antichissimo, di origine Romana, che conta attualmente circa 2000 abitanti, il parroco decide che la parola di un gay credente vale l’omelia della messa di mezzanotte, ovvero la liturgia più importante dell’anno.

Il presepe di Rignano

Il presepe di Rignano

I fedeli, dapprima impietriti nelle sedie poi si sono sciolti e alla fine della funzione hanno offerto a alla mamma di Pasquale, Adelaide Gliorio, del’AGEDO i dolci tipici locali.

“E’ stata un’esperienza incredibile — esulta Pasquale — all’inizio del mio intervento vi è stato un mormorio generale, poi l’assemblea dei fedeli ha compreso il senso del mio discorso. Alla fine è stato ciò che desideravo: un ascoltarsi senza barriere.”

“Ciò che è avvenuto — dichiara Aurelio Mancuso, Segretario Nazionale Arcigay — ha dell’incredibile. Riempe di gioia tutti i gay credenti italiani. Il gesto del parroco di Rignano dice di più di tante condanne ed esclusioni perpetrate dalla Curia romana. La comunità dei fedeli può ascoltare, includere, essere illuminata dal messaggio del Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza e per dare voce a chi non ne ha mai avuta”.

Ecco il testo del’omelia di Pasquale Quaranta letta dall’autore durante la messa di mezzanotte nella chiesa cattolica “Santa Maria Assunta” di Rignano Garganico (Foggia) il 25 dicembre 2003

Sono venuto da Salerno per parlarvi in questa Chiesa, di omosessualità. Sono gay credente..

No, non vi spaventate! Ascoltate…

Dicevo, sono gay credente e la ragione per cui sono qui stasera è perché don Franco e don Fabrizio credono, insieme a me, che una testimonianza possa farvi riflettere su una realtà con la quale ognuno di voi, molto probabilmente, non ha avuto ancora modo di confrontarsi nei termini in cui ne parlerò.. ovvero di gioia, di amore, di serenità, di trasparenza.

L’omosessualità non è una malattia, non è perversione, né trasgressione, né moda e — la cosa che mi preme sottolineare ora — non è peccato!

Si tratta di un dono di Dio che, in quanto tale, non è scelto e che ci si ritrova a vivere. La fede, ugualmente, è un sentimento che scopriamo e coltiviamo dentro di noi, un “orientamento” che siamo chiamati, nello stesso modo, a vivere. Gay e lesbiche hanno il diritto di vivere pienamente la propria vita, anche sul piano affettivo e sessuale, tanto quanto una persona eterosessuale. Chi chiede ‘astinenza e la "vende" come esigenza di castità non ha capito il dono dell’amore.

Chiediamoci piuttosto: qual è il mio rapporto nei confronti di una persona omosessuale? Quale sarebbe la mia reazione se mio figlio o mia figlia mi rivelasse la sua omosessualità?

Sono sicuro che le risposte farebbero emergere quel pregiudizio millenario che una tradizione storica, anche quella cattolica, ha radicato nelle coscienze.

Io vi dico: “Liberiamocene!”

“Troppe persone fanno ancora dipendere la loro pace dal parere della Gerarchia, come se essa fosse “la chiesa” o addirittura l’ eco o l’interprete della voce di Dio. La chiesa è una realtà più viva e variegata in cui lo spirito di Dio suscita voci ed esperienze diverse ”.

Ci sono migliaia di persone che, in queste ore, soffrono la solitudine per un orientamento che viene condannato come immorale, intrinsecamente malvagio, abominevole. Badate, solitudine non significa semplicemente “stare soli”.. vuol dire anche stare insieme a tante altre persone ma “sentirsi soli”, non pienamente compresi.

C’è chi si è tolto la vita perché non riusciva ad accettare la propria omosessualità per motivi confessionali mal interpretati e per l’ostilità della gente o della famiglia.

Sembra risuonare in questa notte, una notte santa perché il figlio di Dio è venuto al mondo, nel freddo di una povera grotta, fuori dalla città degli uomini, ciò che il Prologo al Vangelo di Giovanni dice: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto…”. Quanti dei nostri fratelli e sorelle, amici e amiche, gay e lesbiche (queste parole sono ancor intrise oggi di disprezzo o di scandalo) non sono stati accolti? Quanti sono venuti nella loro famiglia umana e non vi hanno trovato posto?

È il destino di quelli che Gesù ama più di tutti, coloro ai quali è accaduto di trovarsi nella stessa situazione in cui Lui si è trovato, tra gli uomini e le donne del suo tempo: ce lo racconta stanotte il Vangelo di Luca: “La Vergine partorì il bimbo, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia (…) perché non c’era posto per loro nell’albergo”. Non c’era posto, come oggi, per molti non c’è posto, non c’è nelle nostre case per Lui e per tanti fratelli che sono omosessuali, non c’è posto nel cuore per accogliere e la Chiesa stessa, la comunità dei credenti, sembra essere diventata quell’albergo, dove non c’è posto..

È possibile secondo voi che Dio possa essere felice di questo? Dio non fa “pezzi sbagliati” e siamo tutti suoi figli! Ognuno ha diritto ad essere quello che è e di essere qui, non meno degli alberi e delle stelle.

Il dono più grande che potete fare/vi, da questo Natale in poi, sarà quello di abbracciare il ragazzo gay, la ragazza lesbica che vi è vicino, sia egli/ella vostro figlio/a, vostro fratello, vostra sorella o cugina, un vostro parente.

Dimostrategli il vostro Amore. C’è n’è bisogno. Dio ne sorriderà, siatene certi!

“Ero forestiero..”, cioè ero straniero, differente, della diversità che ci disturba, in base alla quale noi attribuiamo ad altri qualcosa di non giusto o di storto e — dice Cristo – “voi mi avete accolto (…)”. Ero gay dunque e mi avete accolto, rispettato e amato (è l’insegnamento del Vangelo di Matteo).

Accogliamoci qui l’un l’altro come Dio ci ha voluti: perché “Come facciamo ad amare Dio — nostro padre – che non vediamo se non amiamo il nostro fratello che vediamo?” (II Lettera di Giovanni)

E come possiamo sperimentare l’amore e la paternità unica di Dio se come figli escludiamo altri figli, nostri fratelli?

Il Padre nostro che sta nei cieli e il figlio suo che oggi è tra noi, nell’umanità e fragilità di una creatura, ci chiedono l’unico abbraccio dell’amore filiale che ci fa’ tutti fratelli.

Il mio augurio per questo Natale è che sempre meno persone si sentano sole a causa di un orientamento affettivo naturale che non può significare una discriminante nei rapporti umani. L’augurio è che ognuno di voi capisca che una persona omosessuale è, al pari di una persona eterosessuale, immagine di Dio.

Non mi sento di "dimostrare" nulla a nessuno sul terreno della fede. Posso solo testimoniare umilmente con la mia vita per ogni dono ricevuto, grazie a Dio. “In Lui le differenze sono belle perché hanno radici nel Suo cuore di creatore, fonte di Vita”.

Che questo Natale, nella nostra Chiesa, sia gioia per tutti. Nessuno escluso.

Auguri di Buon Natale.


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