Nelle strade dell’isola, trans picchiate e feste omosex

  

Da "’Unità" del 13.07.04 di Sergio Lo Giudice*
Nelle strade dell’isola, trans picchiate e feste omosex

Cuba e gay: un binomio scandaloso, un ossimoro per un paese che ha assistito, nel recente passato, agli effetti esplosivi della sovrapposizione fra il forte machismo sociale tipico delle culture latine (e fortemente radicato ancora oggi nel’intera area caraibica) e un gretto ideologismo che marchiava come controrivoluzionaria non solo la rivendicazione di diritti individuali ma la stessa omosessualità in sè.

Dal’65 al’66 gli omosessuali, insieme agli hippy e altri «asociali» vennero spediti nelle «UMAP», le unità militari di supporto alla produzione, e costretti ai lavori forzati. Nel 1971 il primo Congresso sul’educazione e la cultura sancì ‘espulsione da scuole e università di studenti e docenti gay. Nel 1978 ai medici omosessuali venne impedito ‘esercizio della professione e lo Statuto dei lavoratori stabilì il licenziamento dei lavoratori gay. Il codice penale stabiliva pene severe per chi si producesse in avances omosessuali.

OMOSESSUALITÀ DEPENALIZZATA

Qualcosa iniziò a cambiare nel 1988, con una riforma del codice penale che depenalizzava ‘omosessualità. Questo non impedì la prosecuzione delle intimidazioni da parte della polizia e il permanere di un forte stigma sociale. Nel’94 il film «Fragola e cioccolato», che narra la relazione fra un omosessuale e un giovane rivoluzionario al’Avana, ebbe un enorme successo di pubblico e iniziò a modificare la percezione sociale del’omosessualità. Nello stesso anno un gruppo di gay, lesbiche e trans parteciparono alle celebrazioni del primo maggio con la bandiera arcobaleno del movimento gay, tollerati dalle autorità. Non andò così ‘anno seguente, quando fu loro impedito di replicare quel primo atipico «Gay Pride». Molti di loro scelsero la via di Miami, altri decisero di rimanere e provare nuove strade per modificare la situazione di stagnazione in cui rimaneva la realtà gay e lesbica.

Ramon Silverio, operatore culturale legato al partito, mise in piedi a Santa Clara, la mitica città del Che, il «Mejunje», un centro sociale e culturale accogliente e «friendly» verso gay, lesbiche e trans che ancora oggi può essere considerato, soprattutto il sabato, ‘unico centro di socialità gay istituzionalizzato del’isola. ‘Avana assisteva, dal’98 al 2000, alle «Giornate di arte omoerotica» organizzate da un gruppo di intellettuali gay coordinato da Norje Espinosa. Scrittori gay di primissimo piano, ferocemente perseguitati negli anni della repressione, da Miguel Barnet ad Anton Arrufat a Reynaldo Gonzales (tutti e tre insigniti del massimo riconoscimento letterario, il Premio Nazionale di Letteratura, fra il’94 e il 2003) venivano allo scoperto ed iniziavano a scrivere apertamente di omosessualità, rapidamente seguiti da tanti altri scrittori e scrittrici. Nel 2002 il «Premio della critica» fu assegnato ad un giovane scrittore gay di Pinar del Rio, Nelson Simon, per un libro di poesie omoerotiche dal titolo «A la sombra de los muchachos en flor».Da Jorge Angel Perez a Helmo Hernandez, da Mita Yanez a Rogelio Coronel fino a Pedro Perez Rivero, Wilfredo Munoz, Renè Valdes Torres, Roberto Surbano, sono tanti gli intellettuali apertamente gay che stanno faticosamente iniziando a promuovere un cambiamento culturale attraverso strumenti come la Fondazione Ludwig, la casa editrice Extramuros, riviste importanti come la Gaceta de Cuba o Temas.

Before night falls

Before night falls

Sul piano sociale la consapevolezza dei guasti del maschilismo e del’omofobia sta producendo qualche primo effetto. Il Centro Nazionale di Educazione Sessuale (Cenesex) diretto da Mariela Castro accompagna le persone transessuali verso ‘acquisizione della loro nuova identità. A Cuba è possibile quella che in Europa si chiama la «piccola soluzione», la possibilità di cambiare identità anagrafica senza sottoporsi ad intervento chirurgico. Le «travestis» del’Avana trovano un punto di riferimento e di ascolto nel centro, dove una linea di telefono amico è gestita da una transessuale. Anche qui, luci e ombre si alternano: è possibile ascoltare la storia della trans eletta delegata di quartiere ma anche quella di chi è stata costretta dalla polizia a rapporti sessuali. Il centro ha messo in piedi una rivista, «Sexuologia e Sociedad», che pubblica diversi interventi sul tema e un sito web (www.cenesex.sld.cu/webs/cubagay). I Centri di prevenzione AIDS hanno costituito i gruppi HSH ( Hombres que tienen Sexo con otros Hombres) che svolgono azioni specifiche nei luoghi informali di incontro gay al’aperto, come il cinema Yara o il Campidoglio, o fra le centinaia di ragazzi che si incontrano ogni sera in fondo alla Rampa (indisturbati fino al’una di notte, poi sgomberati da una gestione del’ordine pubblico ottusamente timorosa di ogni assembramento). Si tratta di primi embrioni di gruppi gay (le lesbiche rimangono a tut’oggi meno visibili) che si muovono con lo spirito e le pratiche dei nostri gruppi di volontari nel campo del’informazione anti AIDS, ma con la frustrazione di essere dentro un servizio pubblico sanitario e non in uno spazio autonomo di relazione e confronto.

ASSOCIAZIONI VIETATE

Il vero limite di queste aperture sta qui, nel rifiuto da parte del governo di permettere la nascita di associazioni, gruppi e pubblicazioni lgbt indipendenti, in linea con un più generale modello politico che organizza la società civile attraverso strutture pubbliche ed evita con grande timore la nascita di organizzazioni di settore, siano su base di genere, di etnia, di orientamento sessuale o quan’altro.

«Cuba è ossessionata dal’unità» ci ha detto il Ministro della Cultura Abel Prieto , in un incontro con Arcigay realizzato alla fine di aprile grazie alla mediazione del’ARCI di Tom Benetollo . La nostra richiesta di permettere a lesbiche, gay, bisessuali e transessuali la possibilità di costituire proprie associazioni, riviste, spazi autonomi di socialità rimane, per ora, irrisolta. Abbiamo, però, da mantenere una promessa. Abbiamo chiesto a tanti gay qual è il modo migliore per dar loro una mano e tutti, nessuno escluso, ci hanno detto di evitare di lanciare denunce feroci per poi sparire nel nulla, ma di aiutarli a costruire le condizioni per una modificazione delle cose. Questa è la nostra scommessa per i prossimi mesi.

*Presidente nazionale Arcigay.
Nel’aprile 2004 per la prima volta un’organizzazione gay è stata ricevuta da un esponente del governo cubano, il Ministro della Cultura Abel Prieto. Erano presenti per Arcigay anche Renato Sabbadini e Riccardo Gottardi, per l’Arci Tom Benetollo, Daniele Lorenzi e Giuliano Rossi.


Da ‘Unità del 13.07.04 di Delia Vaccarello
I giovani gay cubani sfidano il machismo
Michel, vent’anni, racconta la fatica di crescere e il sostegno ricevuto dagli scrittori omosex

La sfida. «È la migliore parola che un giovane gay può utilizzare per parlare della sua condizione oggi a Cuba», lo dice a «Liberi tutti» Michel G.C, ventenne cubano. «Sfida con il padre e gli altri parenti maschi che ritengono la presenza di un ragazzo omosex in famiglia la peggiore cosa che possa capitare. Sfida con i compagni che ti considerano una specie di ET. Sfida con il coetaneo che ti piace da matti e con la società che continua a dirti: "non devi". Sfida perché si è divisi tra la necessità e la voglia di crescere forti, capaci di difendere la cultura delle differenze, e la paura di cedere a chi ti vuole tagliare fuori. Per questo ci vuole volontà di ferro». Michel ci ha scritto informato del’esistenza di «Liberi tutti» dalla delegazione Arcigay che si è recata nel’isola.

Fragola e cioccolato

Fragola e cioccolato

La sfida che Michel sta giocando avviene in un momento di trasformazione. Dopo la persecuzione anti-gay avvenuta tra gli anni 60 e 80, qualcosa è cambiato. ‘omosessualità è stata depenalizzata; Mariela Castro, nipote di Fidel, insieme ad altri sta proponendo una riforma del diritto di famiglia che riconosca le coppie gay; grazie al’impegno degli intellettuali si va affermando una concezione positiva del’omosessualità. Esiste il Centro Nazionale di Educazione Sessuale (Cenesex) in prima fila nella lotta contro omofobia e machismo, radicati nella società cubana. È già in vigore la «piccola soluzione» la possibilità di cambiare ‘identità anagrafica senza sottoporsi a intervento chirurgico. Sono al lavoro operatori sanitari di strada omosex per la prevenzione Aids. Anche se clandestini, sono tollerati i party gay detti «dieci pesos». Tutto questo lavoro cerca di aggirare ciò che possiamo definire il «grande ostacolo», su cui le autorità appaiono irremovibili: il divieto di costituire associazioni indipendenti omosex e trans. ‘è un precedente. ‘organizzazione americana «Queer for Cuba» nel’94 fece scendere in piazza gay, lesbiche e trans con la bandiera rainbow. Il giorno dopo le autorità non vollero firmare nessuna carta di impegni e gli omosex americani andarono via delusi. Omosex e trans cubani l’anno dopo non riuscirono a replicare quel Pride. Alcuni furono fermati dalla polizia che impedì la manifestazione.

U’associazione dà forza e coraggio, spezza ‘isolamento, interroga le istruzioni. I cubani per ora devono farne a meno. La sfida, dunque, si annuncia soprattutto culturale. Dice a «Liberi tutti» lo scrittore Jorge Angel Pérez: «Abbiamo deciso tutti di abbandonare una condizione servile e vittimista per dare posto al pieno autoriconoscimento. La nostra società è fondata su due culture maschiliste, la spagnola cattolica e ‘africana. ‘isola è considerata come un uomo potente, che erige il suo dominio sugli abitanti. Non vogliamo che sia così. Vogliamo baciare il nostro amante desiderato per la strada. Quando avremo ottenuto questa libertà la società cubana avrà fatto un passo avanti e gli omosex daranno tutta la loro creatività». Una cosa è certa: Perez e i tanti come lui non lasceranno Michel da solo.


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