“Orgoglio” a Mosca, aggressioni fasciste

  

Una pioggia torrenziale. Il cielo di Mosca ha fornito la scenografia più adatta a celebrare la vittoria della violenza sul diritto, in quel pomeriggio del 27 maggio che avrebbe dovuto ospitare il primo Gay Pride della storia russa.

Dopo due giorni di tensione per le aggressioni avvenute, ma anche di fiera determinazione, la prima Conferenza Internazionale contro ‘Omofobia si era appena conclusa. Davanti alle telecamere di tutto il mondo, il giovane leader gay Nikolaj Alekseiev aveva annunciato la decisione finale: la sfilata sarebbe stata sostituita da una deposizione di fiori alla Tomba del Milite Ignoto, simbolo della lotta contro il nazifascismo posta in Aleksandrovskij Sad, i Giardini Alessandro. Da lì, percorrendo per un breve tratto la centralissima Tverskaya, ci si sarebbe spostati di fronte al palazzo del Comune per un presidio.

Io e Renato Sabbadini arriviamo puntuali nel luogo fissato. La polizia è schierata in forze. Un cordone di Omon, gli speciali corpi antisommossa, blocca ‘accesso alla Tomba. Centinaia di fanatici si aggirano per la piazza lanciando slogan contro i «sodomiti». Gruppi di ortodossi integralisti, uomini in abiti tradizionali e lunghe barbe accanto ad anziane beghine, cantano inni religiosi esponendo icone sacre. Nugoli di cameraman riprendono ogni scena. Nikolaj non ‘è già più. Al suo arrivo è stato circondato dai giornalisti, aggredito dai fascisti ed arrestato dalla polizia: uno schema che si ripeterà più volte.

I gay russi sono pochi, sparsi fra la folla. Gli organizzatori sono stati portati via e i piani sono saltati. Ci ricongiungiamo agli attivisti delle delegazioni straniere. ‘è Kurt Krickler, leader gay viennese, che più tardi sarà preso a pugni dai fascisti, ‘inglese Robert Wintemute, il francese Pierre Serne ed altri. Insieme decidiamo di risalire la Tverskaya fino al luogo del presidio. I fascisti hanno la stessa idea. Così, sparsi fra i nostri nemici, percorriamo quei mille passi che avrebbero dovuto segnare per la prima volta ‘orgoglio gay in terra di Russia e invece perpetuano ancora una volta ‘antica piaga del silenzio. Un percorso triste, segnato dal’impotenza. Noi, venuti a portare il sostegno ad una battaglia per i diritti, siamo trasformati in muti osservatori internazionali di una guerriglia contro la libertà.

Di fronte al Comune la scena è simile. Fra i canti dei fanatici religiosi e i saluti romani dei fascisti ci portiamo sulla gradinata sotto ‘imponente statua di Iuriy Dolgorukii. Se arrivassero un p’ di russi si potrebbero tirare fuori le bandiere arcobaleno, dare vita per qualche minuto ad una dimostrazione. Ma è il pensiero di un istante. Subito arriva sulla scalinata un corteo di nazionalisti guidati da un uomo in doppiopetto gessato. È il deputato di destra Nicolaj Kurianovich, che inizia ad incitare la folla a ripulire la Russia dai «sodomiti». A farne le spese per prima è la storica attivista lesbica Evgenya Debryanskaya che non fa in tempo a raggiungere la piazza prima di essere aggredita dai fascisti e, secondo copione, arrestata dalla polizia. La pioggia non accenna a smettere. Pierre Serne e il giovane Maxence de Barros vengono intervistati da una tv francese e subito aggrediti.

È uno dei momenti più drammatici: loro scappano via, la folla si ricompatta nel’inseguimento. Noi li perdiamo di vista. Solo più tardi sapremo che sono riusciti ad infilarsi in un bar e a cavarsela con qualche livido. ‘atmosfera è molto triste, ma un seme è stato gettato. Per quanto pochi, gay e lesbiche in piazza quel giorno ce ‘erano. La Stonewall russa ha il nome di Aleksandrovskij Sad.


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