Manchester City rompe il tabù gay del calcio

  

LONDRA — L’anno scorso tre calciatori tedeschi, anonimi, avevano proposto al Financial Times di dichiarare la loro omosessualità se altri otto li avessero seguiti. Sono passati molti mesi e la nazionale gay di Germania si è guardata bene dall’uscire dagli spogliatoi. D’altra parte quante migliaia di volte abbiamo sentito dire che il pallone è un gioco maschio? Ora uno dei club più gloriosi d’Inghilterra, il Manchester City, ha deciso di dare un calcio all’ultimo tabù del football e ha sottoscritto un accordo che lo trasforma in una squadra «gay-friendly».

Significa che la società si impegna a diventare campione delle pari opportunità, assumendo personale omosessuale per il suo stadio e campo d’allenamento e invitando la comunità gay della città ad accorrere in tribuna. Il Manchester City ha dovuto staccare un assegno milionario per Stonewall, la potente associazione che difende i diritti di gay e lesbiche in Gran Bretagna per poter essere incluso nella lista «gay-friendly». Un elenco nel quale si sono iscritte già la Bbc, la catena di supermercati Sainsbury’s e la Royal Navy. Si tratta di garantire una politica di reclutamento e difesa del personale omosessuale che comprende il divieto e la sanzione di linguaggio o atteggiamenti offensivi o di pregiudizio sul posto di lavoro.

Pirlo, Zambrotta, Gattuso, Cannavaro e Blasi in una nota campagna pubblicitaria

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Il club di Manchester impiega circa 700 persone tra tempo pieno e part-time. Il direttore generale Alistair Mackintosh ha spiegato all’Observer: «Vogliamo mandare un messaggio chiaro di benvenuto tra noi a gay, lesbiche e bisessuali». Perché non ci sono calciatori dichiaratamente gay?, ha chiesto la Bbc in una recente inchiesta. Risposta di Alan Smith, ex manager del Crystal Palace: «Semplice, puoi ubriacarti, picchiare tua moglie e i tifosi lo troveranno accettabile se continui a giocare bene, ma se un giorno dovessi dire ‘‘sono gay’’ l’impatto sarebbe disastroso». E ricorda: «Ho avuto in squadra giocatori che non giravano con una ragazza aggrappata alla spalla e leggevano libri: era dura per loro negli spogliatoi e in campo». Djibril Cissé, attaccante francese del Liverpool riconoscibile per la progressione e la tintura biondo oro dei capelli in evidente contrasto con il colore ebano della carnagione, ha sentito il bisogno di promettere che non abbraccerà e bacerà i compagni dopo un gol. Una battuta, ma che dimostra quanto sia sentito il problema.

Tony Cascarino, ex star irlandese, ricorda la storia di Justin Fashanu, che giocò con Nottingham Forest e Hearts e nel 1990 decise di uscire allo scoperto. Diventò il bersaglio degli insulti del pubblico e degli avversari. Otto anni dopo si tolse la vita e la polizia concluse che non aveva retto alla pressione. Tutte testimonianze di ex. Quando la Bbc ha mandato tre domande sull’omofobia ai manager della Premier League inglese, nessuno dei venti ha accettato di rispondere.

Il beau geste del Manchester City forse non è del tutto disinteressato. Parte della campagna prevede di invitare la comunità gay a spendere «pink pounds» allo stadio. Sterline rosa, una questione che interessa molto i consigli d’amministrazione delle aziende del Regno Unito, dove si calcola che i cittadini omosessuali siano non meno di 3,6 milioni. In attesa delle banconote la mano tesa dei blu ha portato fortuna in campionato: è arrivata la prima vittoria, sull’Arsenal che non veniva battuto a Manchester da 15 anni.


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