Lettera sulla genitorialità omosessuale

  

Caro Piero,

ti scriviamo per raccontarti ancora una volta della tristezza, dello sconcerto, della rabbia e dell’imbarazzo che dominano i sentimenti di una larga parte della comunità omosessuale italiana in queste ultime ore.

Nel giorno in cui con una manovra ben riuscita il relatore della legge finanziaria al Senato Gianfranco Morgando (Margherita) ha cancellato — dopo i diritti dei conviventi — anche i fondi contro la violenza omofobica, con ciò calpestando per l’ennesima volta la dignità delle persone omosessuali, tu hai pensato bene, anziché difendere la ministra Pollastrini – una ministra del nostro partito – dagli attacchi che le venivano mossi dall’interno della sua stessa maggioranza, di attaccare piuttosto le coppie omosessuali, rilasciando dichiarazioni contro le adozioni alle coppie gay, sostenendo che “non sia utile per il bambino essere adottato e crescere con due persone dello stesso sesso”, rivendicando contro gli egoismi degli adulti i diritti dei bambini “titolari dei diritti fin dalla nascita e non come vorrebbe la vulgata alla loro maggiore età".

Come tu ben sai nessuno in Italia, tanto più dal movimento lgbt, ha mai finora avanzato la proposta di estendere l’istituto dell’adozione alle coppie omosessuali (peraltro prevista dalle leggi di diversi paesi europei e dai programmi di moltissime forze socialiste, tra cui il Partito Socialista francese di Ségolène Royal) e quindi ci sfugge il senso e soprattutto l’opportunità di queste tue affermazioni. L’unica spiegazione plausibile è quella di un tentativo (temiano vano) di rassicurare le gerarchie di Oltretevere. L’unica certezza è quella di avere offeso la dignità sociale delle famiglie omosessuali italiane e dei loro figli.

Crediamo infatti non possa sfuggirti l’evidenza che gli omosessuali non hanno affatto bisogno di una legge per procreare: basta, per chi se lo può permettere, andare all’estero in uno di quegli stati — e sono tanti — che consentono l’inseminazione eterologa anche alle donne single, oppure attraverso il metodo della cosiddetta “autoinseminazione”. Ti possiamo assicurare che, per quanto ancora avvolta in gran parte nella clandestinità, la realtà delle coppie omosessuali con figli inizia ad emergere con una dimensione consistente ed un inizio di visibilità anche nel nostro Paese. E’ di qualche settimana fa la notizia del primo convegno nazionale sull’omogenitorialità, svoltosi a Milano su iniziativa dell’associazione “Famiglie arcobaleno” alla presenza della Presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano dott.ssa Livia Pomodoro e di numerosi altri esperti giuridici e psicologici. Al centro di questo convegno stava la preoccupazione da parte di questi genitori di difendere innanzitutto i diritti e la serenità dei loro bambini.

I diritti dei bambini al centro, Piero, esattamente come chiedi tu. In primis il diritto alla continuità affettiva, nel caso in cui possa accadere qualcosa all’unico genitore naturale. In caso di morte del genitore biologico, infatti, i figli nati al'interno di una relazione omosessuale rischiano per legge di essere privati della continuità affettiva con il co-genitore. Negli eventuali ricoveri in ospedale dei figli il co-genitore non può decidere da solo in merito alla salute del bambino. Una persona che ha avuto un figlio in una relazione eterosessuale e si scopre omosessuale vive la forte paura che il figlio, nel'eventuale separazione, possa esserle sottratto. In caso di separazione, i figli nati al'interno di una relazione omosessuale non hanno alcun diritto di avere contatti con il co-genitore. Di contro, il co-genitore non è tenuto ad assolvere a nessun dovere circa il mantenimento dei figli.

La politica, pur nella difficoltà di trovare delle risposte valide per questi temi, non può continuare a vivere nell’ignoranza che la società è composta anche da queste famiglie. E allora ci chiediamo, pur consapevoli che siano impossibili simili rivendicazioni con una classe politica come quella italiana, se l’interesse del bambino in quel caso stia nel fatto di essere estromesso con la forza dal nucleo famigliare in cui è cresciuto, oppure se non si potrebbe ipotizzare quella che molti paesi europei hanno già adottato e cioè la “step-parent adoption”, ovvero l’adozione del bambino da parte del co-genitore. Nell’esclusivo interesse del bambino.

Caro Piero, non siamo certo noi omosessuali ad avere introdotto il tema della genitorialità, anche perché ci rendiamo ben conto delle difficoltà nell’affrontare una tematica così complessa con l’attuale quadro politico. E’ anzi proprio la violenza di questo dibattito politico che porta i nostri avversari (e pure certi nostri alleati) ad agitare strumentalmente questo tema come uno spaventapasseri per impedire agli omosessuali italiani di vedersi riconosciuti anche i più elementari diritti di cittadinanza. Personalmente ci ha colpito e ci ha ferito che anche tu ti sia unito a questo coro.

Ségolène Royal nel corso della sua recente campagna per le primarie presidenziali in una lettera al gruppo lgbt del PS francese ha affermato “Sull’adozione la mia posizione è ugualmente chiara: quando sono stata ministro della famiglia, ho riconosciuto ufficialmente l’associazione dei genitori e dei futuri genitori gay e lesbiche e, attraverso la legge del 4 marzo 2002 relativa alla potestà parentale, ho consentito l’introduzione di questa potestà tra i genitori dello stesso sesso. La famiglia omoparentale sta emergendo nella società, anche se vi sono ancora passi da compiere. Quello che importa, in materia di adozione, è che l’interesse del bambino sia preservato dalla qualità del progetto familiare e gli omosessuali, come gli eterosessuali, devono avere la possibilità di fare valere la qualità dei loro progetti familiari nel quadro della procedura sulle adozioni”.

Siamo consapevoli delle difficoltà che ci sono in Italia, a differenza di quanto è già avvenuto da tempo nel resto d’Europa, anche solo nel discutere un disegno di legge decente sui diritti delle coppie che convivono. Però se siamo chiamati in causa nella nostra dignità non possiamo che reagire. Riteniamo sia compito di un partito laico come il nostro non chiudere gli occhi, non nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, ma ascoltare le domande che si levano dalla società, evitando di cavarcela con giudizi approssimati e frettolosi. Poiché concordiamo con te che sia “sbagliato affrontare questi temi come battaglie ideologiche”, ci auguriamo che presto il nostro partito sappia trovare le sedi giuste per discutere con serietà, concretezza e senza alcuna impostazione ideologica dei problemi che i genitori omosessuali e i loro figli si trovano di fronte nella nostra società.

Andrea Benedino e Anna Paola Concia
Portavoce nazionali GAYLEFT, Consulta lgbt DS


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