Parla il regista gay di Shortbus

  

John Cameron Mitchell racconta il suo «Shortbus», nelle sale italiane, affresco hardcore tra Brooklyn e Manhattan, e risposta diretta al puritanesimo che sempre più domina negli Stati uniti. «È un film politico in senso molto subliminale. Volevo reagire al panico che prevale nel nostro paese, e che ha permesso a Bush di affermarsi. Il cinismo o la scelta di richiudersi nel silenzio non bastano»

New York

U'utopia fatta di amore e molto, moltissimo, sesso. È la visione gioiosa, erotico-acrobatica, omnisex e molto newyokese di John Cameron Mitchell. Dopo anni di gestazione, il regista/sceneggiatore/interprete di Hedwig and the Angry Inch scrive e dirige Shortbus, un intricato affresco 'hardcore orgoliosamente libero e «infantile», tratteggiato tra stanze, letti e divanetti di Brooklyn e Manhattan, a base di corpi che ridono, orgasmi inarrivabili, dominatrix solitarie, psicologhe piene di problemi e allegre coreografie erotiche che fanno pensare a un improbabile musical (evidentemente ancora il genere favorito di Mitchell). 'intervista che segue é stata realizzata a Cannes dove il film, oggi nelle sale italiane, aveva avuto la sua prima mondiale.

«Shortbus» è un film che hai impiegato molti anni a fare, e mi sembra una risposta diretta al progressivo puritanesimo verso il sesso che si sta sempre più affermando negli Stati Uniti…

John Cameron Mitchell

John Cameron Mitchell

Immagino che tu abbia sentito che il nostro presidente George Bush parla con Dio, non permette finanziamenti a programmi anti-Aids che non siano fondati sul'astinenza. Avrai sentito anche che alcuni dei nostri leader religiosi hanno detto che gli omosessuali e gli immigrati sono responsabili «della decadenza morale che ha causato 9/11» … Il nostro paese vive un momento di grande paura e quando la gente ha paura è facile pensare che la soluzione stia in una dittatura. Al'inizio avranno pensato che si trattava di una dittatura benevola, adesso si stanno rendendo conto che è il contrario. È stata una grossa disillusione per moltissimi, e alcuni artisti hanno deciso di mettere quella disillusione nel loro lavoro. Io mi sono sentito un p' così. Shortbus è un film politico in modo molto subliminale, forse solo una chiamata personale a favore della sanità di mente, una riflessione sui limiti della solitudine, a livello personale ma anche politico. Perché molti americani credono che il loro sia 'unico paese al mondo, e pensare così è essere soli. Scegliere se essere soli o meno è una cosa con la quale ci confrontiamo tutti, come succede ogni personaggio nel mio film. È forse il dilemma più importante. E arriverei a sostenere che è impossibile sopravvivere da soli. Nel film usiamo il linguaggio del sesso, nelle sue intersezioni con 'amore e con 'arte, per esplorare la solitudine.

Una delle cose che trovo interessanti è che dietro al'uso molto esplicito che fai del sesso '' un messaggio quasi «old fashioned».

È un messaggio molto tradizionale, tenero, persino un p' hippie. Shortbus vuole essere anche un film patriottico su un paese ancora pieno di gente ben intenzionata. Purtroppo il cinismo sembra 'ultima risorsa a cui molti sono ricorsi negli Stati Uniti per rispondere a ciò che sta succedendo: essere critici o chiudersi in un ostinato silenzio. Ho amici che si sono ritirati a vivere nei boschi senza nemmeno la televisione per aspettare che sia finito il regno di Bush. Sono cinici e amareggiati. È vero che Shortbus racconta un p' di un «villaggio» particolare, un mondo a parte, ma forse il nostro finale sentimentale con le luci che si riaccendono è il mio modo – cattolico come la mia formazione – di dire che non bisogna nascondersi nel buio ma lasciare brillare la propria luce. Chissà che non serva anche a altri a vedere meglio quello che 'è intorno.

Hai detto che questo film ' stato molto importante per te anche a livelllo personale…

Sono cresciuto in circostanze di notevole repressione. La mia era una famiglia di militari e io ero gay in un momento in cui non lo si poteva ancora dichirare apertamente. Ero terrorizzato dal sesso. Come in Hedwig ero terrorizzato dal mio lato femminile. In Shortbus stavo chiaramente cercando di superare certi miei atteggiamenti verso il sesso e certi sensi di colpa. Lo stesso forse vale per i mie attori, e credo che siamo usciti dal'esperienza tutti un pochino più saggi.

Pensi che incontrerai problemi a far uscire il film negli Stati Uniti?

Una scena di Shortbus

Una scena di Shortbus

Negli Stati Uniti 'è molto puritanesimo ma in un film puoi mostrare quello che vuoi basta che si tratti di rapporti tra adulti consenzienti. Il sistema dei ratings è infatti volontario. In genere gli Studios vi sottostanno, ma un film può a che uscire senza ratings…Come immagino succederà con Shortbus (in effetti il film è uscito in ottobre senza essere stato presentato al vaglio della Mpaa, la commissione di censura n.d.r.). Comunque è stato provato anche in un recente documentario, This Film Is Not Yet Rated di Kirby Dick, che le scene di sesso tra omosessuali vengono tut'oggi percepite come più scabrose di quelle tra etero. Chiaro,un p' di desiderio di provocare da parte nostra 'era.

Perché 'idea di costruire il film intorno a un «salon» sessual/artistico?

Luoghi di quel tipo esistono nella realtà e nella mia vita. È un modo molto umano di avere una vita sociale, di condividere scambi sessuali e artistici. È un luogo dove portare tutti gli appetiti che abbiamo nella vita. Nella Harlem degli anni trenta, quella della Renaissance, 'erano appartamenti chiamati buffet flats dove si divideva 'affitto e ci si incontrava per fare sesso, musica o fumarsi un joint. A New York la presenza dei salon è aumentata a partire da quando Giuliani è diventato sindaco e ha iniziato la sua crociata per chiudere bar aperti troppo tardi, luoghi dove si poteva ballare…Mai che ci scappasse una scopata! Sai co'è, dal ballo si arriva a altro … La vita notturna newyorkese era molto conservatrice ben prima de'11 settembre. E sempre di più la gente faceva feste in casa.

Hai pensato anche alla New York di Warhol?

È vero, anche se credo che nei Seventies si trattasse più di una questione di «moda». Mi sembra che tutto il fenomeno della factory fosse più cinico, 'era più droga… Prevaleva la voglia di essere star. Erano degli anti-hippie. Noi siamo più vicini agli hippie e al punk che ai «fashionisti». La cosa eccentrica di Shortbus, comunque, non è tanto il sesso quanto lo humor, che solo raramente è associato al sesso. 'è un film tedesco di qualche anno fa, Taxi zum Klo, che è stato molto importante in quel senso. Aveva del'umorismo e una certa malinconia che mi piacevano.


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