Bullismo, il PM di Palermo esprime un giudizio pol

  

Come presidente nazionale di Arcigay mi sento in dovere politico e morale di esprimere, senza se e senza ma, tutta la mia solidarietà, personale e della associazione, alla professoressa di Palermo che si trova vittima di una giustizia ingiusta. La prof sta, suo malgrado, vivendo un processo kafkiano per aver compiuto fino in fondo il suo dovere di docente e insegnante.

Le motivazione adottate dal PM Cartosio usate per fare ricorso contro 'assoluzione hanno del'incredibile. Esse esprimono a nostro avviso un chiaro e netto giudizio politico. Cartosio ha voluto vedere la pagliuzza del metodo utilizzato della professoressa ma ha dimenticato di vedere la trave del'omofobia dilagante fra i ragazzi delle giovani generazioni.

Aspettiamo di vedere con fiducia come andrà a finire il processo di appello e se "esiste un giudice a Berlino". Ma da oggi possiamo certamente di dire che "esiste un PM a Praga".

Aurelio Mancuso
presidente nazionale Arcigay


PALERMO: PM IMPUGNA 'ASSOLUZIONE DELLA PROF CHE PUN' 'ALUNNO BULLO
"FARE SCRIVERE'SONO DEFICIENT' METODO DA RIVOLUZIONE CULTURALE CINESE DEL'66"

Palermo – Dare del'ga' e della'femminucci' a un compagno di scuola, impedendogli di entrare nei bagni dei maschi, non significa essere "un bullo", ma "un alunno vivace e indisciplinato". E fargli scrivere per punizione per cento volte consecutive'Sono un deficient' sul quaderno ', da parte della prof, "in assoluto una condotta inamissibile e penalmente rilevante", insomma, "un metodo da'rivoluzione cultural' cinese del'66".

Ecco perch' il pm di Palermo Ambrogio Cartosio ha impugnato la sentenza di assoluzione della docente di italiano, G.V., 56 anni, accusata di abuso di mezzi correzione e lesioni personali, emessa lo scorso 27 giugno dal gip di Palermo Piergiorgio Morosini. In 36 pagine, il pm Cartosio, che aveva chiesto per la prof imputata la condanna a due mesi di reclusione, critica in pi' punti la sentenza emessa dal gip.

Secondo Cartosio "non sussiste alcuna causa di giustificazione, codificata o meno, che legittimi 'adozione di un tale provvedimento". Il magistrato, nella richiesta inviata alla Corte 'Appello sostiene: "Non potendo la sacrosanta esigenza di combattere il fenomeno del'bullism' essere trasformata in una'caccia alle stregh', bisogna prendere atto che 'alunno non pu' essere definito'bull'". Non solo. Secondo Cartosio, "'azione del'insegnante cagion' al suo alunno una lesione personale o, quanto meno, il pericolo di una malattia nella mente".

Il pm parla, nel'impugnazione, di un "surplus di umiliazione inflitto al bambino" costretto a scrivere per cento volte "sono un deficiente" sul suo quaderno "in presenza dei suoi compagnetti". E afferma che "sul punto 'insegnante mente, sostenendo che il quaderno le venne mostrato dal'alunno dopo alcuni giorni".

Per il magistrato che aveva chiesto la condanna a due mesi di reclusione per la docente di italiano, il bambino "non ' un bullo" n' "ha commesso atti di bullismo". "' nozione di comune esperienza che i giovani, dai pi' piccoli ai pi' grandi, e in tutte le aree geografiche 'Italia – dice il pm nel'impugnazione – sono soliti apostrofarsi reciprocamente e, spesso, semplicemente per scherzo con espressioni omofobiche o che hanno per oggetto i presunti facili costumi delle rispettivi madri. Si tratta certamente di u'abitudine non commendevole, quanto largamente diffusa e si pu' dire anche largamente tollerata dalla societ'". Afferma che il bambino "ha sicuramente tenuto un comportamento censurabile", ma "' inesatto affermare che egli si rese responsabile della'sistematica derision' del comoagno e che le sue frasi avessero come oggetto le tendenze sessuali del bambino".

Il pm Cartosio "non ignora – scrive – i gravi episodi di bullismo che hanno recentemente sconcertato 'opinione pubblica e che destano, legittimamente, grande allarme nelle famiglie. In particolare, il gravissimo fatto accaduto a Torini con il suicidio di un bambino al quale i compagni davano del gay. Tuttavia, la rilevanza e 'estrema gravit' sociale del fenomeno non giustificano sommari parallelismi n' operazioni che sulla base di stereotipi inseriscano 'alunno in una categoria a cui non appartiene".

Dal'atto impugnativo del pm Ambrogio Cartosio si scopre anche che il bambino avrebbe dovuto scrivere, su richiesta della prof, non solo "sono un deficiente", ma "sono un emerito deficiente". "Se non lo scrivi per cento volte – gli avrebbe detto – chiamo i servizi sociali e ti faccio chiudere e ti tolgo ai tuoi genitori". La tesi difensiva della donna, ascoltata dal giudice, era stata quella di sostenere che aveva usto 'espressione'deficient' "nella sua accezione etimologica latina, cio' come derivazione dal verbo deficere". Una tesi difensiva che, secondo il pm Cartosio, "appare del tutto destituita di fondamento" e "lo si deduce anzitutto dalle spiegazioni offerte dalla stessa imputata".

Per il magistrato "se davvero 'insegnante avesse voluto usare il termine nella sua accezione etimologica, cio' come participio presente di un verbo latino non avrebbe prescritto di certo 'alunno di fare precedere il termine dal'articolo indeterminativo e dal'aggettivo'emerit'". Critiche anche alla decisione del gip Morosini di "attribuire molta importanza ai 15 bigliettini contenenti pensieri sulla vicenda, scritti dagli alunni della classe" e prodotti dal'imputata. In quei biglietti i ragazzi scrissero, di proprio pugno, le riflessioni su quanto accaduto. Secondo il pm, quelle riflessioni erano "condizionate dalla soggezione psicologica provata nei confronti di u'insegnante che si era gi' prodotta nel'irrogare quella punizione a uno dei suoi alunni".


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