Anche la 24° edizione del GLBT Film Festival Da Sodoma a Hollywood, che si è conclusa giovedì 30 aprile, è stata, come le precedenti, ricca di proposte, scoperte, rivelazioni, tanto da fare del festival uno degli eventi cinematografici torinesi
che non si possono perdere.
Perché, se è vero che ormai il cinema gay ha un suo posto non trascurabile nel panorama del cinema mondiale ed è mostrato ovunque, è anche vero che una rassegna ad esso interamente dedicata è una ghiotta occasione per scoprire una realtà nel suo complesso, nei suoi diversi approcci tematici e stilistici. I film premiati, come Leonera dell’argentino Pablo Trapero, una dura storia al femminile, carceraria e violenta, o come Elève libre del belga Joachim Lafosse, il ritratto sfaccettato di un adolescente, confermano il valore dei loro autori.
Ma c’è anche un discorso più ampio da fare, che riguarda l’importanza di affrontare certi temi, spesso scabrosi, e di svolgerli in modi e forme che non scadano nel banale o nello scandalistico. Ed è ciò che hanno fatto la maggior parte degli autori. Basti pensare a Khastegi dell’iraniano Bahman Motamedian sulla transessualità, o a Out of India: A Family’s Journey dell’americano Tom Keegan sul flagello dell’Aids, premiati ex-aequo come migliori documentari. Ma si pensi anche a Giorgio/Giorgia… storia di una voce (menzione speciale) di Gianfranco Mingozzi, ritratto composito e prospettico di Giorgia O’Brien (al secolo Giorgio Montana), attrice e cantante transessuale molto nota negli Anni 50 e 60.
Mingozzi ne ripercorre la storia attraverso una sua lunga intervista, che ne mostra il carattere forte e ilare, solare e autoironico, oltre a una serie di testimonianze e materiale d’archivio. Infine dovremmo citare altri autori e altri film, a conferma di un programma estremamente vario e ricco. Ci limitiamo a ricordare l’opera dello spagnolo Adorfo Arrieta, noto anche come Udolfo, Adolfo, Alfio ecc. Un artista di stampo surrealista, poeta e sperimentatore, amico intimo di Jean Marais.