Buoni Genitori

  

Buoni Genitori
di Chiara Lalli
prefazione di Vittorio Lingiardi
postfazione di Ivan Scalfarotto
Il Saggiatore edizioni


Nicola e Matteo, Sofia e Barbara sono i cogenitori di due gemelli. Violetta e Arthur sono nati da una madre surrogata e hanno due papà. Sono solo due delle famiglie che si raccontano in Buoni Genitori, che raccontano le loro giornate, la loro normalità.

Eppure, per la legge italiana, non tutte le famiglie sono davvero tali. È questa la prima bugia da combattere, insieme a tutte quelle che pesano sulle famiglie omosessuali e sulla omogenitorialità. Qual è, infatti, la condizione necessaria per l’esistenza di una famiglia? Nel tempo e nei luoghi i modelli e gli assetti familiari sono mutati, ma è rimasta un’unica costante: il vincolo relazionale, non necessariamente biologico. L’affetto è un legame che va oltre quello di sangue.

Ecco perché, fin dal titolo, il libro parla di famiglie e non di famiglia. Famiglie che esistono già, ma che vengono considerate illegittime.

***

Intervista a Chiara Lalli di Giulia Pandolfi
Da www.linkontro.info

“Buoni genitori. Storie di mamme e papà gay” (Il Saggiatore). Storie di famiglie omogenitoriali, come quella di Nicola e Matteo, Sofia e Barbara, cogenitori di due gemelli. Le ha raccolte nel suo ultimo saggio Chiara Lalli,
docente di Logica e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza” di Roma. “Non è rilevante il nostro orientamento sessuale sulla possibilità di essere buoni genitori”, ci spiega l’autrice, che il prossimo 17 giugno alle ore 18 presenterà il libro alla Feltrinelli di via Orlando 78 a Roma. L’abbiamo intervistata. 

Innanzitutto, ci spieghi come è nata l’idea di scrivere un libro sulla omogenitorialità?

Lo racconto nella introduzione del libro: ha radici profonde e antiche. Molti anni fa mi sono resa conto di avere assimilato il sospetto diffuso verso la possibilità di adottare da parte dei gay. Questo sospetto, come dicevo, è diffuso ma privo di qualsiasi fondamento. Questo libro è il sintomo e il risultato della mia demolizione di una credenza irriflessa e rivelatasi insensata non appena quella credenza è stata analizzata. Non è rilevante il nostro orientamento sessuale sulla possibilità di essere “buoni genitori”.

Ci siamo appena lasciati alle spalle il Gay Pride, una manifestazione a cui dal 2005 si è aggiunta l’adesione di una nuova associazione, “Famiglie Arcobaleno”, che lo scorso 10 maggio ha promosso in varie città italiane “La festa delle famiglie”. Qual è a tuo avviso il contributo principale che in questi primi 4 anni di vita l’associazione sta apportando al dibattito sui diritti civili in Italia?

Intanto Pride e non “Gay Pride” perché ci stanno pure lesbiche, bisessuali, transessuali e queer. Me lo ha fatto notare tempo fa una amica e mi è sembrata convincente questa precisazione (magari un po’ da vecchia maestrina, ma i diritti passano anche per la precisione terminologica e concettuale). Quanto al contributo di “Famiglie Arcobaleno” credo che il più importante sia di mostrarsi e mostrare qual è la loro vita. Basta poco per accorgersi che sono famiglie come tantissime altre. Eppure è un pregiudizio resistente quello che dice che la genitorialità non possa stare con l’omosessualità; che servono un padre e una madre intesi come una figura maschile e una femminile; che ci vuole la famiglia “naturale” e tutti i luoghi comuni simili. Contro tutto questo la conoscenza è molto efficace. Merito di “Famiglie Arcobaleno” è anche di denunciare le conseguenze delle mancate tutele. In Italia la legge non protegge alcuni dei suoi cittadini: se hai un certo orientamento sessuale godi di pieni diritti; se invece sei di quello “sbagliato” devi accontentarti di una tutela mutilata. Senza lamentarti, e magari ottenendo qualche gesto di amicizia e anche qualche accomodamento dettato dalla bontà d’animo, ma ti devi scordare di rivendicare un diritto sacrosanto. Se non sei il genitore biologico di un bambino hai la vita difficile: da quando lo porti dal medico fino allo scenario più drammatico, ovvero la morte del genitore biologico. Unico genitore per la nostra legge. Un nonno potrebbe avere l’affidamento di tuo figlio perché condivide con lui il patrimonio genetico; magari nient’altro. Tutto questo, è bene sottolinearlo, pesa soprattutto sui bambini, in nome della cui protezione si battono tutti quelli contrari al matrimonio gay. L’unico modo per tutelare i figli sarebbe fare leggi
giuste.

Nella quarta di copertina del tuo libro si legge “Ogni famiglia è famiglia a suo modo”. Eppure, per la legge italiana, non tutte le famiglie sono davvero tali. E se poi oltre al razzismo istituzionale, ci si mette pure l’omofobia istituzionale (vedi una delle ultime battute del premier: “Mi hanno detto di tutto, manca solo che mi dicano che sono gay…”), di strada da fare sembra essercene ancora parecchia. Tra le testimonianze di famiglie omogenitoriali che hai raccolto, quali sono gli aspetti a tuo avviso più interessanti per capire come stanno cambiando nel tempo e nei luoghi i modelli e gli assetti familiari?

Gli assetti familiari sono sempre stati eterogenei e difformi dallo stupido modello che di questi tempi è diventato uno scudo contro le richieste di pari diritti. La famigliola felice perché corrisponde a papà eterosessuale XY e mamma eterosessuale XX è il frutto di una fantasia molto ristretta. Ci sono (sempre state) le famiglie allargate o le famiglie omogenitoriali. Basta spostarsi per incontrare culture che organizzano la vita matrimoniale in modo molto diverso dal modello coniugale a due. E così via. Non esiste un modello giusto, non esiste la Vera Famiglia. Le famiglie gay, oggi e in Italia, rappresentano una realtà diversa soltanto perché non godono di alcuni importanti diritti. Quando li ascolti o ci parli non puoi inferire quale sia il loro orientamento sessuale. Non c’è nulla di straordinario. Ma forse è questo l’aspetto più straordinario alle orecchie di chi vorrebbe fare la lista dei buoni e quella dei cattivi, in base – manco a dirlo – all’orientamento sessuale.

Da uno studio pubblicato sul sito dell’associazione risulta che all’8 aprile 2009 in Italia “Famiglie Arcobaleno” è composta da 188 nuclei  familiari (139 nuclei femminili; 47 nuclei maschili; 2 nuclei etero), 106 al Nord, 67 al Centro, 13 al Sud e Isole. 83 nuclei hanno già dei figli,  l’altra metà li vuole e molti hanno già iniziato il processo per averli.
Risultano 38 i bambini nati da ex relazione o matrimonio etero; 59 quelli desiderati e fatti nascere in ambito omosessuale attraverso la procreazione medicalmente assistita all’estero; 12 i bambini nati con donatore amico conosciuto e 6 quelli nati in co-parenting (genitorialità condivisa). A quanto pare, la società italiana ancora una volta mostra di essere più avanti dei suoi legislatori. Come leggi questi dati?

È molto difficile fermare il desiderio di diventare genitori. E siccome è un desiderio legittimo sarebbe anche illiberale e ingiusto farlo; ma soprattutto sarebbe fallimentare, come ostinarsi a svuotare Loch Ness con una paletta. C’è un aspetto drammatico e non immediato di questi dati: chi può permettersi, emotivamente e economicamente, di aggirare gli assurdi divieti italiani può provare ad avere un figlio. Gli altri devono rinunciarvi.

Giocare a fare il moralizzatore delle esistenze altrui è intollerabile. Finché la parità e l’uguaglianza non saranno davvero affermate l’Italia non potrà definirsi un Paese civile.


  •