Cosenza, porte aperte all’Arcigay: incontro pubblico sull’omofobia

  

L’Eos Arcigay di Cosenza si riorganizza e riparte. Un comunicato informa che l’Associazione sabato 30 luglio 2011 dalle ore 17 alle 20 sarà aperta a chiunque voglia conoscere più da vicino la comunità cosentina LGBT (lesbica, gay, transessuale e bisessuale). Sarà offerto un aperitivo nella sede di Corso Telesio presso la Casa delle culture, ma soprattutto sarà l’occasione per far conoscere le prossime iniziative dell’Arcigay che già il 7 agosto interverrà a San Giovanni in Fiore a un incontro pubblico sull’omofobia.

“Noi come l’intera comunità” – si legge nella nota – “siamo molto dispiaciuti della bocciatura della legge contro l’omofobia alla Camera dei Deputati”. “Ciò che più è spiacevole è che la norma non si è potuta neanche discutere in Parlamento poiché è stata affossata nelle fasi iniziali della discussione”. “E l’uso delle pregiudiziali di costituzionalità come esame politico e non come esame tecnico, un uso chiaramente strumentale, non ha permesso neanche un’assunzione di responsabilità piena da parte dei Signori Deputati che lì stanno per fare Leggi”. “Non per cassare le proposte e smarcarsi dalla responsabilità di riconoscere com’è composta la società e governarla con Leggi e norme che possono essere emendate, migliorate o peggiorate nel corso della discussione parlamentare; troppo facile giocare a fare i giudici costituzionali, dopo che se sono viste di tutti i colori in questi anni, in cui davvero la Corte Costituzionale ha poi dovuto porre rimedio”.

“Cosenza -continua il comunicato- non è una città che fa registrare episodi di omofobia clamorosi, ma c’è tanto da fare poiché dai racconti e dalle esperienze personali della vita privata di tutti i giorni, quotidianamente emergono episodi di ordinaria discriminazione”. “Quando giungono richieste di aiuto nelle nostre caselle di posta elettronica come quella di pochi giorni fa da parte di una ragazza che dichiara la propria disperazione per la solitudine e il peso di non conoscere nessuno”. “Quando questo svela la paura di restare vittima dello stigma sociale nel far conoscere il proprio orientamento sessuale, la paura di essere derisi, offesi, ingiuriati, discriminati, denigrati, allora c’è da prendere atto che la violenza omofoba non si esprime soltanto quando qualcuno è malmenato e torna a casa con la testa spaccata di botte”. “Non è quindi il momento di allentare il lavoro contro l’omofobia, ma riconoscerlo quale una delle tanti radici della pianta del razzismo e in questa chiave va letto il fenomeno, altrimenti c’è il rischio di incappare nell’errore di credere che ci siano forme di razzismo meno gravi di altre”.


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