Conferenza mondiale AIDS: maracas!

  

Articolo di Sandro Mattioli Presidente Plus Onlus e Responsabile salute Arcigay Il Cassero Bologna Tutti i dispacci dalla COnferenza mondiale AIDS 2012 qui.

In questa conferenza si parla moltissimo della terapia come prevenzione e di come la prevenzione combinata possa essere un formidabile strumento per vincere Hiv. Anzi, a dire il vero, qui è tutto uno slogan sulla fine dell’Aids, slogan che lasciano pensare ad una fine imminente.

Pertanto ho deciso di seguire il dibattito e vedere cosa c’è di vero nel tam tam della propaganda statunitense i cui tamburi sono in movimento da tempo ormai.

La complessa e articolata presentazione in plenaria del dott. Javier Martinez Picado, Spagna, è stata molto illuminante.

L’inibizione del HIV è uno dei maggiori successi della medicina, oggi è possibile (e quindi doveroso) bloccare la replicazione del HIV (parlo della cosiddetta carica virale “undetectable”, ossia non più rilevabile). Cosa che, per altro, negli Stati Uniti non riescono a fare e i dati usciti dall’ultimo CROI sono stati impietosi: quasi un milione di persone sieropositive in terapia negli USA non sono undetectable. Per farvi un esempio la media italiana è del’80% con punte del 90%.

Quindi un grosso, enorme punto a favore della ricerca medica. Tuttavia i farmaci non sono una cura, non eradicano il virus che, al contrario, resta presente nell’organismo. Se ne resta a sonnecchiare nei “reservoir” in attesa che il paziente si stanchi di assumere regolarmente le pillole… forse avverrà, forse no, ma lui aspetta.

L’infezione non è, quindi, ancora sconfitta, è sempre li, così è ancora aperto il tema della attivazione del sistema immunitario indotta dall’infiammazione generale causata da HIV.

Rispetto a questi temi si può fare molto, per esempio ormai è abbastanza chiaro che il trattamento precoce riduce la possibilità di incrementare i reservoir.

Studi di intensificazione della terapia sembrano dare buone speranze, così come studi sull’utilizzo dell’interferone. Altri studi, per esempio sulla stimolazione del sistema immune a riconoscere e combattere Hiv, stanno dando risultati interessanti. Ma siamo pressoché allo stato iniziale, c’è ancora molta strada da fare per dei risultati concreti e, soprattutto, applicabili alla pratica clinica. Anche se è giusto sottolineare che nessuno ha mai affermato che da questa conferenza sarebbe arrivata la risposta definitiva alla lotta contro il virus, è anche vero che i toni utilizzati negli annunci a supporto della conference sono molto più vicini alla propaganda che alla evidenza scientifica.

Oggi non siamo affatto in grado di fermare HIV. Siamo molto più bravi, avendo i soldi e possibilità, nel bloccarne l’avanzata.

Oggi non abbiamo una cura contro HIV, non siamo in grado di eradicare il virus.

Questo per onestà intellettuale va detto.

Per troppi anni abbiamo letto annunci trionfalistici che sono miseramente crollati davanti alle incredibili capacità di HIV di sfuggire ad ogni trappola che la scienza gli ha teso fino ad oggi. La conferenza mondiale di Città del Messico del 2008, ci dovrebbe aver insegnato che è meglio attendere risultati certi, prima di dare speranze che, se non possiamo sicuramente definire false, le possiamo chiare sovrastimate.

Lo stesso prof. Javier Martinez-Picado ha concluso che servono ancora molti anni di ricerca prima di poter giungere a risultati concreti.

Abbiamo tuttavia strumenti di prevenzione molto potenti, con tanto di evidenza scientifica come ci ha spiegato la dott.ssa Nelly Mugo, Kenya durante la plenaria di questa mattina.

In primo luogo, la relatrice ha citato i dati: IDU, MSM, coppie sierodiscordanti, il non sapere di avere l’hiv e quindi non aver fatto il test sono formidabili “riserve di caccia” per il virus.

Parliamo di popolazioni marginalizzate ma, anche in Kenya, con una alta prevalenza per le quali occorrono interventi mirati, specifici, chiarisce la relatrice, e non solo da un punto di vista medico. In Kenya la sodomia è un reato, quindi anche dal punto di vista culturale, religioso, ecc. servono interventi importanti i quali, aggiungo io, ci fanno implicitamente capire che il problema HIV non si risolverà nel momento in cui avremo un vaccino o un farmaco risolutivo, se non ci saranno interventi consistenti a livello sociale, culturale.

Ciò detto gli strumenti che elenca la dott.ssa Mugo sono formidabili anche se non infallibili, ovviamente e vanno usati in modo adeguato alle necessità e alle caratteristiche delle popolazioni target (ancora il target).

Per esempio quando pensiamo al trattamento come prevenzione, dobbiamo tenere presente sia ovviamente il costo, ma anche, di nuovo, i dati che ci dicono che almeno il 30% delle coppie non pensano di prendere (o di aver preso) il virus dal partner abituale.

La PrEP è direttamente connessa con la percezione del rischio. Inoltre tenuto presente che prep non è una terapia per la vita ma per un periodo, una stagione della vita (giovani MSM, persone drug addicted, forse persone che vivono in zone dove sono presenti conflitti). Ovviamente non vanno dimenticati i preservativi che costa molto meno di tutto il resto.

Quindi, condom, PrEP, PEP, therapy as prevention, ecc. abbiamo molti strumenti che devono essere usati in combinazione. Serve focalizzare le risorse per incrementare l’impatto che la prevenzione in combinazione può avere. Il coinvolgimento dell’associazionismo, delle comunità locali in questo campo è essenziale.

Di nuovo la dottoressa chiede campagne mirate alle popolazioni esposte cita di nuovo gli MSM e cita anche la necessità di formare la polizia contro la discriminazione, le campagne e gli interventi sociali hanno senso solo se mirate a target specifici, taglia corto la relatrice.

Paura degli effetti collaterali, paura dello stigma, sono punti da tenere presente quando si affronta il tema del HIV sul piano sociale, il coinvolgimento delle comunità locali è vitale anche per aggirare questo ostacolo.

L’importanza di investire correttamente in questo campo ha una evidenza scientifica che non potrebbe essere più palese: Brasile e Russia hanno più o meno la stessa popolazione e lo stesso livello di incidenza, hanno investito negli ultimi anni circa la stessa cifra nella lotta contro l’HIV/AIDS, ma mentre il Brasile ha effettuato investimenti basati sull’evidenza scientifica ed ha ottenuto risultati evidenti in termini di riduzione delle nuove infezioni, la Russia ha scelto di non fare investimenti verso chi fa uso di droghe, verso gli MSM, ecc. e non ha avuto alcun ritorno dalla spesa che ha sostenuto come dimostrano i dati portati in conferenza. Soldi spesi a vanvera per mera ottusità politica, religiosa, sociale.

Non mi sembra che abbiamo fatto clamorosi passi in avanti sul piano sociale rispetto alla conferenza del 2008 dove ho sentito più o meno gli stessi discorsi. Ancora dobbiamo combattere contro il virus e contro l’ottusità delle varie chiese e dei politicanti moralisti, ancora abbiamo Paesi che non considerano la comunità MSM, che rifiutano di attivare strategie di lotta mirate alle popolazioni esposte, che rifiutano di attivare politiche di riduzione del rischio, che non attivano campagne contro la discriminazione.

Solo a me viene in mente l’Italia?

Durante la giornata, l’associazione francese Sidaction ha presentato dati molto interessanti sull’attività di promozione e implementazione dei test.

In Francia il tema dei late presenters è problematico quanto in Italia. Chiamando HIV l’epidemia nascosta, Sidaction sostiene che una corretta attività di testing può rendere meno nascosta purché fatta con attenzione e, soprattutto, su target.

Per cercare di limitare i casi di sieropositività non conosciuta in Francia, le autorità sanitarie hanno cercato di implementare il test a chiunque entrasse in contatto con la medicina di urgenza. Sidaction ha fatto 1 studio sulla popolazione dell’area metropolitana di Parigi, più di 29 centri di medicina di urgenza. Questo studio ha chiaramente dimostrato che lo screening è fattibile ma poco utile: su 20.000 pazienti il 63% hanno eseguito il test quindi un buon livello di accettazione, ma i risultati non sono stati apprezzabili perché nonostante l’elevato numero di test fatti, sono stati rilevate solo 18 nuove diagnosi, il 4 % di queste late presenter, 6 su 18 sono spariti dopo la notifica.

Tutti questi pazienti appartenevano ad gruppi esposti: 8 MSM e 10 sub sahariani. Si poteva ottenere lo stesso risultato con un numero minore di test fatto su popolazioni target.

Curioso notare come, in linea con gli altri studi del genere, le motivazioni delle persone che hanno rifiutato il test sono state collegate a un basso livello di percezione del rischio e all’aver fatto un test recente.

Altri sistemi sperimentati per allargare le possibilità di test, riguardavano la possibilità di effettuare il test in casa e spedire il campione per l’analisi, per poi ricevere un “sostegno” via internet. Sembra che in particolare gli MSM che vivono nelle zone rurali o in piccoli paesi della Francia, abbiamo apprezzato questa eventualità. Da ultima, la possibilità di test rapidi nei locali gay (bar, saune, ecc.). Organizzato con infermieri e attivisti hanno effettuato rapid test nei locali, in camper nei pressi dei locali, ecc. Anche questo strumento pare che sia stato molto apprezzato dagli MSM francesi.

Evidentemente la Francia si fa meno problemi di noi a sperimentare. A Parigi è presente un checkpoint e la sperimentazione continua.

Oggi è stata una giornata movimentata, caratterizzata dalla annunciata marcia della positive community. Gli attivisti delle associazioni di lotta contro l’HIV/AIDS hanno organizzato una imponente sfilata, con concentramento al Global Village presso la conferenza ma anche in altri punti della città. Elemento centrale della protesta è, di nuovo, l’accesso alle terapie e come la proprietà intellettuale impedisca la produzione di farmaci generici a costi più accettabili per chi deve pagare le terapie, siano essi i pazienti o gli Stati.

Le associazioni, in prima fila Act Up come sempre, se la sono presa, fra gli altri, con Novartis. Gli attivisti hanno marciato facendo rumore e baccano con qualunque cosa. Molto di impatto un folto gruppo di persone sieropositive che usava le scatole di plastica delle pillole ARV, come maracas, molto di impatto vedere pazienti marciare con il deambulatore pur di esserci, e, soprattutto, molto forte è stata l’emozione di sentirmi parte di una grande global community che il coraggio di lottare per la propria vita.