Ancora psicosi Babau “Gender” – il caso clinico di Verona. Nota Arcigay

  

Dopo la minaccia di censura sui libri nelle biblioteche che ha scatenato polemiche e reazione anche fuori dai confini italiani, è arrivato l’annullamento dell’evento “La biblioteca Vivente” nel programma del festival Tocatì previsto a Verona tra pochi giorni.

Il Comune è terrorizzato dal solito babau (lo chiamano “gender”) inventato e agitato dai fondamentalisti cattolici della città. Si scopre così che la pericolosa minaccia alla “famiglia naturale” si materializza in 25 persone che con coraggio raccontano il loro vissuto affinché, come avviene appunto nella lettura di un libro, l’ascoltatore possa vivere e conoscere realtà diversa dalla propria. 25 persone, 25 persone che con coraggio raccontano una esperienza di discriminazione per la loro differenza culturale, per la loro disabilità fisica, per il loro passato, per il loro diverso orientamento sessuale.

Ma il Comune decide di bloccare l’iniziativa già rodata negli anni, che ha sempre avuto un ampio successo di pubblico per l’alto contenuto di valori umani di cui si fa promotrice, perché “la tipologia di contenuti non è adeguata al messaggio culturale del festival”. Già perché tra i vissuti c’è anche “Mio figlio è gay”: evidentemente il messaggio culturale del festival, su mandato di Sboarina e dei pasdaran cattolici della città, è che non esistono figli gay a Verona, e se esistono non bisogna vederli e ascoltarli. Bel messaggio culturale per la famiglia.

La deriva d’inutile fondamentalismo religioso che inghiottirà Verona è già evidente in pochi mesi d’inoperosa amministrazione.

Esortiamo chiunque creda in una società aperta, laica, libera, tollerante ed europea, a non arretrare di fronte a questi tristi rigurgiti di oscurantismo d’altri tempi. Persone LGBTI, persone laiche, ma anche cattolici adulti, attenzione ai danni che può fare questa psicosi: finché il babau spaventa i bambini, si può capire, ma quando mobilita un’amministrazione di adulti, diventa un caso clinico.

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