Più forti e autonomi.

  

‘Arcigay ha con questo congresso avviato una riflessione seria non tanto su stessa, ma quanto sulla necessità che la comunità omosessuale italiana non rimanga un sogno senza una prospettiva reale. Per far ciò bisogna dotarsi di strumenti utili che facciano definitivamente emergere nel Paese una socialità gay.
La discussione che stiamo facendo non è però di tipo organizzativo, ma è squisitamente politica. Scegliere infatti di costruire un nuovo tipo di rete associativa è di per se scegliere una politica piuttosto che u’altra.

Cosa sottintende quindi la necessità di riformare profondamente la nostra associazione? Quali sono i nostri obiettivi politici?
In primo luogo partiamo dalla considerazione oggettiva che centinaia di migliaia di omosessuali italiani continuano a non sentirsi rappresentati e tutelati. Oltre a ciò, le decine di migliaia di gay che hanno in tasca la nostra tessera stentano a comprendere quali strategie perseguiamo.
Intendiamoci se non ci fosse stata ‘Arcigay la questione omosessuale non sarebbe diventato uno dei fenomeni sociali che hanno cambiato ‘opinione di milioni di persone, e questo ruolo dovremmo difenderlo con più forza.
Ma ora questo è alle nostre spalle e si apre una nuova fase: quella della reale costruzione di una rete autonoma, forte, autosufficiente di servizi e di luoghi di e per gli omosessuali.
Cioè u’organizzazione capace di essere influente e potente.
Non tutto si può organizzare nel’Arcigay. Oltre a noi esistono gruppi, idee, sensibilità diverse.
Dobbiamo rispettare queste differenze, ma chiediamo allo stesso modo agli altri soggetti presenti nel movimento glbt di rispettare le nostre idee, la nostra storia, il nostro impegno quotidiano a favore dei gay.
E per ottenere questo bisogna essere chiari: noi la pensiamo diversamente da chi propugna che i gay debbano prima di tutto occuparsi di altro e poi di se stessi, o da chi ci invita a scioglierci in altri e più alti movimenti, magari lasciando fuori dal’uscio il nostro specifico che invece non intendiamo svendere.

‘Arcigay non rinuncerà mai a essere ‘organizzazione nazionale che ha alla base del suo patto associativo ‘impegno di essere strumento dei gay al servizio dei gay. Con orgoglio rivendichiamo qui, e non per autocompiacimento, ma perché i fatti lo hanno dimostrato, noi siamo ‘organizzazione che scontando diversi errori, ma anche ottenendo indubbi risultati, ha difeso e promosso i diritti personali e collettivi dei gay italiani.
In questi anni si sono affacciate nuove associazioni, imprese editoriali, gruppi di interesse, che hanno con noi costruito rapporti a volte dialettici, in altri casi di aperta critica. Si tratta come in altri casi, di avere un dialogo con tutti, facendosi sempre guidare dalla necessità che ogni nostra azione deve portare un beneficio concreto per i gay. La giusta riaffermazione del nostro importante ruolo al’interno del movimento glbt, ci deve cioè permettere di ampliare i nostri orizzonti, evitando atteggiamenti di sterile chiusura.

Dire che dobbiamo ripartire da noi stessi non significa pensare solo a noi, ne tanto meno non vedere che la politica, la cultura, le organizzazioni categoriali, ‘associazionismo giocano un ruolo fondamentale. Dobbiamo saper costruire alleanze, anche inedite, ascoltare tutti, aprire le nostre porte a chi con generosità vuole aiutarci e costruire sinergie.
Tocca quindi a noi esplicitare chi rappresentiamo e per quali obiettivi crediamo giusto spenderci.

In primo luogo noi vogliamo rappresentare tutti i gay, che al di là della propria appartenenza politica, culturale e religiosa, credano possibile vivere meglio da subito, senza attendere rivoluzioni future o società fantastiche del’avvenire.
Li vogliamo organizzare costruendo insieme a loro strumenti concreti che alimentino la socializzazione 24 ore su 24, che siano visibili, utili, anche divertenti, attenti ai loro bisogni e rispettosi della loro dignità.
Questa scelta di campo significa mettere al centro la persona omosessuale del’oggi, attenti a non dimenticare che per raggiungere alcuni obiettivi saranno necessarie battaglie civili accompagnate da una forte politica culturale al’interno della comunità gay. ‘ infatti innegabile che molti gay italiani si siano illusi di aver raggiunto uno status quasi accettabile. Sta avanzando una pericolosa omologazione che instupidisce anche le menti più accorte e, che spinge a pensare che solo il mercato permetterà una vita meno grama.

I milioni di gay che vivono in provincia, o che non possono stare al passo con le mode, che non hanno strumenti economici e sociali per affermarsi in quanto persone complete, sanno bene che dietro questa facciata luccicante si nasconde il buio della solitudine.
E questo vale anche per i tanti che frequentano i nostri locali o i nostri circoli politici.
‘altro canto ripudiare le risorse e le positive sollecitazioni che in questi anni sono pervenute dal mercato, significa operare scelte suicide, come per esempio, ben sanno alcuni gruppi che negli anni passati sono fuoriusciti dal’Arcigay in polemica rispetto alla presenza dei Circoli ricreativi. Questi stessi si sono poi costruiti occasioni commerciali molto aggressive e spregiudicate. ‘altronde Giorgio Amendola diceva: non fai in tempo a vederli alla tua sinistra che sono già alla tua destra…
Pensare ai gay, ai loro bisogni, significa per noi, unica organizzazione nazionale che già oggi fa i conti con queste contraddizioni, costruire un patto nuovo con i gay italiani.

I nostri 90 circoli ricreativi e politici così come sono non sono sufficienti, anzi in qualche modo rischiano di riprodurre meccanismi di auto conservazione dannosi per la futura comunità gay italiana.
Abbiamo il dovere di pensare in grande. ‘altronde se non lo facciamo noi chi lo può fare? Dobbiamo da questo congresso in poi metterci tutti al servizio di una paziente, quotidiana costruzione di un nuovo soggetto politico: la comunità gay.
Nella pratica questo vuol dire che ognuno, nel rispetto delle autonomie territoriali, gestionali e culturali deve lavorare per un cantiere più grande di cui sarà un mattone indispensabile.
La riforma organizzativa, che è scelta politica, di trasformarci in vera e propria organizzazione sindacale (non piace?) significa dare seguito ad alcuni semplici, ma non per questo immediatamente realizzabili obiettivi: costruzione di Gay center in ogni regione ‘Italia, riforma del Circuito Uno attraverso la puntualizzazione e il minuzioso rispetto di poche, ma condivise regole.
Ognuno deve proseguire nel lavoro intrapreso dispiegando appieno le proprie risorse intellettuali e imprenditoriali, consapevole che sta per siglare un patto tra la sua iniziativa imprenditoriale o associazione politica e il nuovo gruppo dirigente nazionale che uscirà da questo congresso.
Al Consiglio nazionale spetterà il compito di definire meglio le proposte già contenute in alcuni documenti presentati in questo Congresso. Ma su alcuni punti conviene essere chiari fin da subito.

Il Circuito Uno deve ‘ora in poi giocare un ruolo ben più importante di quello avuto fino a oggi. La rete di locali ricreativi deve essere riconoscibile rispetto al resto del’offerta commerciale essenzialmente per questi elementi: offerta di servizi ai soci identici in tutto il Paese (materiale informativo, fornitura di preservativi, pulizia, controllo sistematico delle tessere, rispetto della normativa vigente). La qualità e ‘equità di trattamento dei soci saranno elementi essenziali per continuare a far parte del Circuito Uno. Il nuovo gruppo dirigente Arcigay sarà particolarmente attento a promuovere un coinvolgimento più diretto di questa rete nelle scelte del’associazione, in particolare per la costruzione delle campagne Aids, per la messa in campo di servizi aggiuntivi da proporre ai soci. E allo stesso tempo sarà assolutamente più solerte nel’esercitare un controllo severo del rispetto delle regole di cui concordemente ci si doterà.
Nel rispetto del’autonomia di gestione che i Circoli ricreativi devono mantenere, ‘Arcigay chiede a tutti loro di diventare sistema, ovvero rete di divertimento e svago che opera in comune alcune scelte culturali e sociali che la pongono al di sopra di altre offerte.
Chi conosce bene il Circuito Uno sa quante potenzialità inespresse vi siano e quante opportunità in questi anni abbiamo mancato.
In questi anni abbiamo gestito un patrimonio che in pochi anni è diventato enorme, senza questa premessa oggi non potremmo parlare di progetti di sviluppo e di investimento per riformare ‘Arcigay.
Il gruppo dirigente nazionale è fermamente intenzionato a rendere il Circuito Uno la spina dorsale di un sindacato omosessuale politicamente ed economicamente autonomo e forte.
Andranno abbandonate al più presto abitudini e atteggiamenti dannosi.

Allo stesso modo ai Circoli politici spetta un compito enorme. Riformare se stessi per dar vita a qualcosa che vada oltre.
I mesi che hanno preceduto questo appuntamento ci hanno consentito di verificare lo stato di salute del’organizzazione territoriale. Ebbene, nonostante difficoltà e gli immancabili problemi, devo dire che la stragrande maggioranza dei Circoli è pronta a impegnarsi verso nuove sfide. Esistono sul territorio esperienze avanzate.
I 30 Circoli politici sono tutti attivi, con un programma di lavoro fitto, hanno rapporti con le istituzioni e altre associazioni. Alcuni gestiscono fondi pubblici, altri rassegne e attività culturali che coinvolgono migliaia di persone.
Ci sono i presupposti per attivare un lavoro su vasta scala di formazione di decine di volontari che costruiscano i nuovi strumenti di socializzazione. Questo è possibile riscontrarlo non solo in alcune grandi città, ma anche nelle medie e piccole città, dove tra ‘altro, a volte operano i Circoli più forti e con u’intensa attività culturale.
‘idea di gay center regionali, parte dalla consapevolezza che è possibile avviare a cascata un lavoro di reperimento di risorse, alleanze, patti territoriali e nazionali con altre associazioni, convenzioni e progetti con gli enti locali che con i tempi e modi che insieme sceglieremo, possano far nascere le Case della cultura e della presenza gay, nel senso più largo del termine.

Per far ciò sono inutili le fughe in avanti.
La frettolosità, stagione con cui ci siamo confrontati a volte nel passato, non deve più essere di casa. Il progetto che si propone è serio, ma proprio per questo necessita di molte verifiche, di essere dimensionato in ogni realtà territoriale nel rispetto delle peculiarità geografiche e culturali.
Quello che serve è un centro forte che coordini insieme ai Circoli la costruzione di altrettante forti organizzazioni regionali e territoriali, luoghi nuovi aperti e che coinvolgano tanti nuovi gay.

‘è tanto da fare. Bisogna pensare ai nostri anziani, ai nostri adolescenti, alla solitudine nei piccoli centri o nelle grandi metropoli, ai nostri professionisti, alle nostre coppie senza diritti, ecc. La nuova Arcigay dovrà lavorare per tutti loro.
Infine. Arriviamo a questo Congresso, dopo tre anni di importanti risultati, il World Pride di Roma, il Gay Pride di Milano del’anno scorso, dopo esser riusciti a far eleggere Franco Grillini al Parlamento. Dopo aver sviluppato u’azione, sopratutto negli ultimi tempi resa più visibile, di riattivazione di un rapporto più stretto tra il nazionale e i Circoli. Ora bisogna osare di più.
Conosco la gran parte delle realtà territoriali e ricreative da cui provenite. So bene quanto sia faticoso assumersi tanti oneri e pochi onori. Ma in questi anni abbiamo peccato di eccessiva modestia e timidezza.

Far crescere un forte sentimento di appartenenza al’Arcigay significa innanzitutto credere fermamente che quel Pegaso stampato sulle nostre bandiere è la migliore cosa che i gay italiani abbiano costruito in questo Paese, perché continuerà, con i cambiamenti necessari, a difendere e promuovere la nostra dignità di persone libere, che vogliono affermare i propri sentimenti e la propria sessualità.
Tutto ciò lo facciamo perché sappiamo che fa bene alla società italiana, lo facciamo perché vogliamo bene a noi stessi.


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