I labili confini della sessualità

  

«E Dio disse: Facciamo l’uomo… non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli sia simile… allora il Signore gli tolse una costola… plasmò una donna e la condusse all’uomo» (Genesi I 1, 2).

Fino a quando il compito rimase nelle mani del Creatore tutto filò liscio; non si registrò errore: il maschio era uomo; la femmina, donna. Ma le identità sessuali non rimasero a lungo così nette e cominciarono a confondersi quando il compito passò alla Natura, tradizionalmente distratta e sbadata, che operando in maniera disattenta contribuì a dar luogo a equivoci e a significative e ardue complicazioni. Mascheramenti, travestitismo e metamorfosi in contrarium (transessualità) hanno riguardato importanti figure dell’immaginario antico.
Le narrazioni mitiche e le prassi rituali inveravano e legittimavano atteggiamenti ritenuti assolutamente normali nel mondo antico. Il mito di Attis spiegava l’ermafroditismo; nel dialogo platonico «Simposio», si affrontano tematiche che tentano di chiarire le conseguenze che ebbe sul rapporto uomo-donna, la concezione greca della sessualità e dell’omosessualità. E già il filosofo greco non si limita a descrivere il fenomeno ma attraverso il mito dimostra sensibilità e attenzione verso queste tematiche che non conoscono eguali. Egli scrive: «L’umanità comprendeva tre sessi… Era allora l’androgino».

La necessità di spiegare concezioni che riguardavano la sessualità interessò le menti pensanti di ogni tempo. Già Alessandro Severo parlava di «tertium genus hominum», ovvero della esistenza di un terzo sesso. Ma tra coloro che hanno saputo leggere correttamente il fenomeno transessualità brilla la scrittrice Virginia Woolf. Nel romanzo «Orlando» scrive: «Non c’è essere umano che non oscilli da un sesso all’altro… Nessuno ignora le complicazioni e le confusioni che ne risultano».

Scienza, letteratura, filosofia, scienze umane hanno tentato di spiegare una realtà incomprensibile per molti. Il disagio di vivere della persona transessuale è caratterizzato dalla ricerca di un’accettazione che spesso non ha riferimenti chiari. «Da piccolo amavo giocare a vestirmi da regina e sentivo che ero perfettamente a mio agio – spiega Pina Bonanno, – ma era una lotta impari tra quello che sentivo e i ruoli che convenivano a un maschio».

In una cultura in cui ogni differenza viene ridefinita come «diversità» e connotata di pericolo o di perversione, non è facile per un bambino distinguere tra le sue responsabilità e l’angoscia di non deludere una famiglia, la sua, che è guardiana dell’ordine e del controllo di identità destabilizzanti sia sul piano psichico sia su quello della relazione sociale. Spesso si parla di transessualismo quasi come di una scelta. Le persone transessuali ribattono di non aver scelto la condizione di transessualità, anzi la sensazione è di essersi trovati dentro, con un corpo che spontaneamente va in una direzione e una psiche che altrettanto spontaneamente va in un’altra.«Non è per nulla piacevole trovarsi con parti o appendici del corpo che non senti tue e ti fanno anche ribrezzo – sottolinea Jessica -. E’ come subire una tortura ogni istante della vita».

La transessualità pur dovendosi esporre al dileggio e al disprezzo dei cosiddetti normali, è scesa in piazza e ha dato vita a un movimento di opinione. Così, da dissidio privato e vergognoso, il fenomeno ha trovato una sua collocazione sociale, una sua legittimità anche fuori dell’ambiente clinico. «Il transessualismo appartiene al gruppo dei disturbi dell’indentità di genere – spiega il dottore Carmelo Florio psichiatra -, però non si tratta di cristallizzare la persona in una diagnosi specifica, piuttosto della necessità di descrivere alcune variabili e oggettivarle a fini scientifici».

I transessuali fanno paura perché sono diversi e perché sono la prova inequivocabile della potenza dell’intercambiabilità sessuale e, per dirla con lo psichiatra svizzero Eugen Bleuler, «dell’ambivalenza» in uno stesso individuo. Il transessuale gioca con i codici e ride della loro rigidità. Evidenzia che «sesso e genere non coincidono, né strutturalmente né esperienzialmente – precisa il dottore Arturo Xibilia, psicologo – e che l’impiego dell’uno come sinonimo dell’altro è un vizio o una mera consuetudine lessicale».

La transessualità è incomprensibile ed è questo che per un verso fa paura e per un altro affascina. I più identificano il transessuale con il malato o il pervertito. Invece «Il problema del transessuale – spiega il dottore Arturo Xibilia, psicologo – è che percepisce il suo corpo come un errore o una trappola. Sente che il destino legato al sesso in cui si è incarnato non è il suo e avverte un’intima estraneità ai modi, alle aspettative e ai dettami, correlati al genere in cui è finito per errore».

Dunque anime sepolte in corpi sbagliati che vogliono rimediare all’errore. Le richieste inoltrate nei tribunale e negli ospedali per il cambio di sesso sono moltissime. «L’incidenza del fenomeno nella popolazione è di 1 su 100.00 nei casi di conversione uomo-donna e di 1 su 400.000 nei casi di conversione donna-uomo – precisa lo psichiatra Carmelo Florio -. Le manifestazioni essenziali sono l’identificazione con il sesso opposto a quello fisiologico per un periodo superiore a 2 anni , l’avvertire una sensazione di costrizione nel proprio corpo e, il provare disgusto verso i propri caratteri sessuali primari e secondari. Bisogna, però, differenziare tale disturbo da altre condizioni cliniche che sono in grado di indurre disturbi sessuali quali le malattie psichiatriche e le malattie organiche.

Un aspetto che entrambi i professionisti marcano con vigore riguarda l’opportunità di non ridurre il transessuale o a travestito o ad omosessuale sic et simpliciter. «E’ fuorviante definire omosessuali i transessuali sebbene spesso i loro interessi sessuali sono e restano i membri del loro stesso sesso biologico – spiega il dottore Xibilia -. Il transessuale desidera persone del suo stesso sesso di nascita perché ad esse si rapporta come membro dell’altro sesso, in tutto e per tutto: intendono cioè queste relazioni come eterosessuali».

D’altra parte il dottore Florio sottolinea che «nel travestitismo i soggetti si identificano con il loro sesso anatomico e provano piacere sessuale nell’indossare abiti del sesso opposto. Nel transessuale invece l’abbigliamento è vissuto come elemento che agevola l’apparire congruo con la propria identità psichica». In definitiva,sebbene siano portatori di una confusione intima e profonda come quella di genere, sebbene per dirla con lo psichiatra Bruno Callieri «la natura sbaglia scaffale», i transessuali chiedono fermamente una precisa identità sessuale e una sua stessa legalizzazione.Dunque i transessuali sono persone normali, che vivono il trauma di un errore sintetizzato dal filosofo statunitense Charles Morris: «… avevo tre o forse quattro anni quando mi resi conto che ero nato nel corpo sbagliato e che avrei voluto essere una bambina per davvero… Attraverso gli anni ogni mio istinto sembrava diventare più femminile e la mia sepoltura dentro un fisico maschile più terribile per me».

Glossario della sessualità

Dal video di Christina Aguilera’Beautifu’

Eterosessuale è colui che non presenta devianze e che ha rapporti sessuali soltanto con persone di sesso opposto.

Omosessuale (gay o lesbica) è colui che ha rapporti sessuali con persone del proprio sesso.

Transessuale è l’individuo che ha un’identità sessuale psicologica completamente opposta a quella fisica, e sente la necessità di far coincidere l’una con l’altra.

Bisessuale è colui che prova attrazione per persone appartenenti allo stesso sesso e al sesso opposto.

Androginia è il possesso di caratteristiche sia maschili sia femminili evidenti sia nel corpo sia negli atteggiamenti.

Travestitismo è un atto solitario che non richiede nessun partner per le relazioni sessuali anche se spesso sono con una donna. Quando avvengono con un maschio generelmente vedono il travestito in posizione femminile nel coito.

Automonosessuale (autoerotico) che si abbiglia eccitandosi e raggiungendo il piacere con la sola masturbazione.

Narcisista è colui che è realmente innamorato di se stesso, come il classico Narciso. Trascorre un’insolita quantità di tempo dinanzi allo specchio ammirando la propria immagine e cambiando continuamente l’abito. Non ama nessuno fuorchè se stesso.

Ermafroditismo è la coesistenza di tessuto ovarico e tessuto testicolare nella stessa persona con conseguente anomalia dei caratteri sessuali secondari a seconda della prevalenza funzionale dell’uno o dell’altro.

Feticista è colui che ricerca il piacere e l’eccitazione negli indumenti e negli oggetti femminili che si vogliono possedere e indossare.

Sadomasochista è colui che per godere ha bisogno di atti di violenza estremi. La più pericolosa forma è nella bramosia di essere legati eventualmente con tentativi di auto-strangolamento.


«Siamo persone normali è dentro che siamo diversi»
Da femmina a maschio

«Tu credi che quanto affermo sia uno scherzo, magari per divertirti o magari o per scandalizzarti. Beh non è così. Ma è vero, sono transessuale, anzi, a voler essere precisi sono un Ftm (Female to Male, da femmina a maschio), e sono fiero di non essermi fatto schiacciare dal pregiudizio e dall’intolleranza. Intendiamoci: la mia vita non è un’oasi di felicità ma ormai da buon siciliano mi sono rassegnato, e mi sono convinto che su certi temi le società passano dalla barbarie alla decadenza senza la tappa intermedia della civiltà». Il suo nome è Mario, e definisce la sua vicenda un calvario che si è concluso «con la solita crocifissione».

«Gioia, – attacca con l’ansia di chi ha tanto da dire -, essere un Ftm significa nascere in un corpo sbagliato; in realtà biologicamente hai il sesso con il quale sei nata, nel mio caso femmina, ma l’identità intrapsichica è dalla prima infanzia quella maschile. E’ necessario precisare, però, che i transessuali non sono malati, malati mentali o malformati: siamo persone sanissime e normali. L’unico neo è che non corrisponde a quello che noi sentiamo di essere dentro».

Il fervore dell’attacco è mitigato da note di rammarico che si ripercuotono nella voce e addolciscono anche i gesti. «Vorrei parlare con distacco ma è un argomento che mi stritola. Se soltanto si pensa che passano alcuni anni tra l’inizio della terapia ormonale e il cambio effettivo di nome e di sesso, è facile comprendere come viviamo in una condizione di pseudoclandestinità. Appariamo maschi in tutto ma i nostri documenti riportano dati anagrafici femminili. Non è necessario che commenti quanti equivoci crei questo stato di cose e soprattutto cosa significhi anche in termini psicologici».

Mario si cerchia la testa con le mani ed elenca le offese, gli insulti, le minacce, e lo sforzo sovrumano per rompere quella coltre di ghiaccio emotivo sul quale la società, si trova sempre a pattinare. «Hanno idea di quello che dobbiamo subire? No. Per noi è difficilissimo trovare lavoro, cambiare un assegno, espatriare, pernottare in albergo, persino pagare con la carta di credito. Tutto questo per noi si traduce in imbarazzo e quel che è peggio in una continua violazione della privacy. La soluzione a tutto questo c’è, e sta nel velocizzare e nello snellire il percorso burocratico e legale che oltre a gravi esborsi economici, comporta anche dolorose perdite di tempo. Vorremmo soltanto vivere la nostra vita. Come viverla e con quale identità è una nostra scelta e soprattutto un nostro sacrosanto diritto».


«Non è stata una scelta il sesso non si decide»
Da maschio a femmina

«Ora basta, non ne posso più. Dire che sono indignata è parlare per eufemismi. Quando si parla di transessuali la gente non sa dove arrampicarsi. Vivono tutti di pregiudizi e non si schiodano dal cervello l’idea che alla transessualità corrisponda la malattia; basta, noi siamo persone normali ma costretti a vivere ai margini della società». A parlare è Jessica, 39 anni, transessuale, che vive a Messina. Parla di libertà intesa come rispetto dell’altro.

E forte della sua esperienza di combattente «proprio come un gladiatore del colosseo» lotta per difendere se stessa e i suoi diritti. «Guardami – dice – devi ammettere che sono atipica come trans. Non sono alta e vistosa come quelle che fanno le loro apparizioni nei talk show. Non sono bellissima né femminilissima, non ho labbroni rifatti né occhi truccatissimi e tiratissimi come quelle che stuzzicano le voglie e le fantasie dei maschietti. Sono invece normalmente femminile e carina quanto basta, e soprattutto so stare al mio posto, perché la gente vedendomi per strada non si schifi. Inoltre sono colta (ho una laurea in Scienze delle costruzioni), ascolto musica, leggo libri ho un lavoro che mi permette di vivere dignitosamente e quel che più conta so stare alle regole che la società impone. E soprattutto non sono una prostituta. Ma nonostante tutto, io per la gente resto un uomo travestito con tutti i dolorosi contorni: porco, depravato, checca, finocchio, malato, e via con tutto il campionario delle aggettivazioni peggiori».

Muove gli oggetti quasi assetata di ordine e disciplina. Si siede e con voce rotta ma dura riprende: «Lo volete capire che la nostra non è una scelta? Si sceglie una professione. Scegli di diventare medico, magistrato, avvocato, ma non scegli di diventare trans. Se le gente sapesse cosa significa essere imprigionata in un corpo che non senti tuo e che ti fa schifo. E se le donne sapessero. Ah si, le donne. Sono stronzissime nei nostri confronti, cattive fino alla perfidia. Si ritengono superiori a noi, che, poveri stupidi, vogliamo imitarle. Se capissero quanto dolore e quanta solitudine c’è dietro la nostra scelta e se sapessero quanti dei loro adorati maschietti cercano quelli come noi, di certo la smetterebbero di guardarci con sufficienza. Ma hanno dalla loro le regole, quelle scritte e quelle non scritte. Hanno la società e la Chiesa. No, non voglio la commiserazione di nessuno. Voglio soltanto vivere senza vergognarmi, perché io non ho commesso alcun crimine!».


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