Pari opportunità, l’Emilia Romagna silura la candidata Udc: «È cattolica»

  

BOLOGNA. Il tam tam era iniziato su Internet già da qualche mese, a suon di blog e appelli per raccolte firme.
Obiettivo: porre il veto alla nomina del capogruppo Udc in consiglio regionale dell’Emilia Romagna Silvia Noè alla presidenza della Commissione Pari opportunità.
Che, parola delle associazioni che difendono i diritti degli omosessuali – in testa Arcigay e Arcilesbica – sarebbe stata del tutto “inadeguata” in quel ruolo viste le sue convinzioni “poco laiche”: tanto per snocciolarne un paio, la difesa della famiglia e il rifiuto dell’aborto facile tramite la pillola abortiva. Troppo cattolica, insomma, la Noè, per ricoprire un ruolo istituzionalmente nato per tutelare i diritti delle donne e favorirne la partecipazione egualitaria alla vita sociale (e che tuttavia oggi viene rivendicato da alcuni come strumento per affermare esclusivamente i diritti degli omosessuali). E ancora, tanto per usare l’espressione utilizzata del vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto: «La Noè alle Pari opportunità in Emilia? Allora facciamo il Conte Dracula presidente dell’Avis di Bologna». A poco è servita la posizione iniziale del governatore dell’Emilia Romagna, Vasco Errani, che aveva addirittura sponsorizzato la candidatura della Noè per il ruolo: il Pd ha serrato i ranghi e ieri ha appoggiato completamente la posizione di Sinistra e libertà, Italia dei valori e dell’Arcigay votando per l’altra candidata, Roberta Mori, che è stata eletta (anche grazie alla posizione ambigua della Lega). Indignata la Noè, e con lei tutto l’Udc: «Sono stata discriminata per le mie convinzioni: evidentemente – ha aggiunto – l’Emilia Romagna è una regione dove i cattolici non hanno più diritto di cittadinanza. E questo è un fatto gravissimo». (V. D.)


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