Omosessuali riconosciuti come rifugiati

  

Omosessuali, rifugiati. Una trentenne arrivata sei mesi fa dalla Libia, un ragazzo che in Iran rischiava la pena di morte, un egiziano con un compagno in Italia. La Commissione territoriale che ha esaminato le loro pratiche ha riconosciuto il pericolo di discriminazione in patria legato all’orientamento sessuale. Non era scontato, ma sono orami sei casi in due anni e questi ultimi sembrano aver sbloccato la burocrazia. «Gay, lesbiche, trans stranieri da noi sono doppiamente in difficoltà spiega Diego Puccio, responsabile del gruppo IO-Immigrazioni e omosessualità dell’Arcigay : diversamente dagli altri migranti non hanno il supporto delle comunità di origine che soprattutto nella fase di arrivo ti permette di sopravvivere». Il progetto dell’Arcigay ha creato una rete con altre associazioni sul territorio come il Naga e assiste i richiedenti asilo in particolare nella fase delicata della stesura del dossier: «Facciamo in modo che tutto quello che scrivono sia il più dettagliato possibile e metta in evidenza la discriminazione subita continua Puccio . Se la storia è limpida, ormai sappiamo che possiamo avere buone risposte». A. Cop.


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