“Bisogna dire la verità a chi si ama”

  

Da "La Stampa" del 05.12.04 – "Come va?"

Lettera a mio figlio (dopo il suo outing)

L'AGeDO è l'associazione dei genitori di persone omosessuali

L’AGeDO è l’associazione dei genitori di persone omosessuali

Dopo la rivelazione di ieri (anzi adesso si dice outing) sono qui, alla mia scrivania come sempre. C’è una costante nella mia vita: nei momenti bui il lavoro è sempre stata la mia ancora di salvezza. Non so se questo sia un bene, forse è solo molto triste perché mi fa pensare al desolante deserto affettivo che è stata la mia vita, a parte te.

Tu sei la mia unica ragione di vita e lo sarai anche adesso dopo questa mazzata che mi hai dato, dopo che mi hai detto che sei gay. Sono sola, come sempre: con i miei segreti, le mie lacrime, le mie ansie. Ancora una volta dovrò tenere per me un segreto, un grande segreto, e so che non sarà facile. Ce la farò, per la serenità di tutti, soprattutto per la tua.

In questa notte agitata, piena di dubbi irrisolti, di mille domande senza risposta, ho paura. La tua vita non sarà facile, figlio mio, ma io non smetterò mai di esserci, per te. Non avrei mai pensato di trovarmi in questa situazione, mi sento confusa e impotente, e non posso fare a meno di chiedermi “perché?”. Vedo davanti a me un immenso deserto, buio, senza lampi di luce, né di felicità, solo tristezza e solitudine. Immaginavo una vecchiaia serena, con un paio di nipotini tra i piedi, ma adesso so che non sarà così.

Passano le ore e, sfinita, per un attimo smetto di arrovellarmi con i miei interrogativi e sento solo la stanchezza, un’ enorme stanchezza che cala su di me. Vorrei dormire, solo dormire e non pensare più a niente… Penso che domani si ricomincia, solo la ruga in mezzo agli occhi sarà un po’ più profonda, ma nessuno se ne accorgerà. Ti voglio tanto bene, di questo non dubitare mai.

Mariangela

La risposta di Stefania Miretti

«COME va?» è anche la rubrica delle mamme: tante, attente, amorose e – a volte – un filo ingombranti. Ho chiesto a un mio caro amico, gay, di rispondere a Mariangela. Ecco la sua lettera:

«Cara Mariangela, sì, per una madre, per un padre, può essere molto difficile sapere di avere un figlio gay. Provi però anche a pensare quanto è costato a suo figlio dirglielo. Provi a immaginare la sua sofferenza, il suo senso di smarrimento e vergogna.

Ma perché un figlio deve vergognarsi di rivelare a una madre chi è, quali sono i suoi veri desideri? Dove sta il male in tutto questo? La vergogna, il senso di colpa, appartengono a chi non ha occhi e sentimenti. Suo figlio è sicuramente un ragazzo coraggioso e lei una mamma amorevole, altrimenti – come è sempre successo e purtroppo continuerà a succedere – avrebbe tenuto questo "segreto" per sé vivendo nel’orrendo limbo della menzogna. Sono certo che lei preferisce sapere chi è il suo ragazzo: una persona perbene che farà la sua vita, che sceglierà a chi voler bene, e che, da oggi, è un ragazzo che non deve più nascondere i suoi sentimenti.

Io credo, mi permetta di dirlo, che da oggi può iniziare tra di voi la bellissima avventura di un rapporto nuovo, più maturo, più consapevole, un rapporto dove non ci sarà spazio per la menzogna. E, forse, anche un rapporto più "leggero", meno angosciante.

Lei non ha sbagliato in niente, se non a scrivere, mi scusi, che questa è stata una mazzata. Suo figlio soffrirà nel leggere che le ha inferto una mazzata. Sono certo che non desidera farla soffrire ma essere con lei più trasparente, più se stesso. Questo è un motivo di orgoglio: un figlio che le vuole bene e vuole essere riconosciuto per ciò che è. Cara Mariangela, dia retta al suo cuore e alla sua intelligenza, oggi le sembrerà paradossale ma suo figlio, dicendole di essere omosessuale, le ha detto che le vuole bene. E che ha bisogno della sua fiducia».

Da "La Stampa" del 09.12.04 – "Come va?" Risponde Stefania Miretti

Lettere a Mariangela (dopo l’outing del figlio)

Dire la verità
Cara Stefania, sento il bisogno di rivolgere alcune parole al ragazzo gay che ha fatto «outing» nei confronti della madre, donna fortunatissima a cui è stato concesso il dono della verità. In un mondo civile dove ‘omertà regna sovrana, è cosa molto bella il sapere che ci sono ragazzi come Te, ragazzi coraggiosi, ragazzi tanto onesti con sè quanto onesti con gli altri.
Non vi sono, dunque, solamente giovani-clone che vivono giornate-fotocopia dove ‘originale è depositato in TV. La tua sincerità ti fa un onore enorme.

Quel grande artista di Ozpetek tratta con questo dialogo il tema della verità. «Bisogna dire la verità a Chi si ama». «Ma se chi dice di amarti, saputa la verità, non ti ama poi più?». «’ chi DICE di amarti, che poi non ti ama più. Non chi ti AMA». Sii certo, caro ragazzo, che chi ti ama lo farà sempre.

Un mio caro amico non ha fatto in tempo a dire una verità come la tua a chi aveva caro, perché troppo preso a pensare cosa sarebbe stato meglio fare. E so che non si perdona ancora adesso di non averlo SUSSURRATO quando era ora. SUSSURRATO, appunto, e non GRIDATO. Perché sta lì, nel porsi con garbo per quello che si è, la soluzione del nostro essere, né facendo proclami, né muovendo ‘aria in maniera imperiosa.

Chi Ti vuole bene, è con Te.

Gianpiero Gai


Vorrei dire a Mariangela che vorrebbe dormire e non pensare più a niente perché il figlio è omosessuale, che questa è una condizione umana come tante, che non ha impedito, anzi ha stimolato, Leopardi, Proust, Whitman, Wilde, Gide, Cocteau, Pasolini, a diventare punti di riferimento per l’umanità. Diceva il poeta Sandro penna: «Io vorrei addormentarmi / entro il dolce rumore della vita.

Alessandro Novellini


Cara Mariangela, ho letto la tua struggente, dolcissima lettera a tuo figlio e, senza la pretesa di aiutarti, vorrei almeno che mi accompagnassi in queste considerazioni di padre di 4 figli e nonno settantenne di otto nipotini. Tuo figlio, superando i tabù, le convenzioni, le opinioni prefabbricate di questa nostra società, ha trovato il coraggio di confessarti la propria situazione e tu, con altrettanto coraggio e lucidità gli confermi il tuo amore. Il fulcro del discorso è tutto qui.

Il resto conta poco o niente. Soffermiamoci su queste convenzioni: per un musulmano fondamentalista è peccato tagliarsi la barba e bere vino; noi ce la tagliamo ogni mattina, quanto al vino un solo bicchiere non basta e ci diciamo pure la Messa, ma né il suo Dio glie ‘è grato né il Mio me ne vuole. Un jainista si mette la mascherina e spazza il proprio cammino con una spazzola per non commettere il peccato di calpestare gli insetti, io se posso schiacciare una zanzara lo faccio e nessun anatema mi incombe. Per un israelita è peccato lavorare il sabato e mangiare carne di maiale; per un musulmano non festeggiare il venerdì, per un cristiano non celebrare la domenica etc.. I dogmi sono false verità, fabbricate da uomini ad uso di altri uomini, a puri fini di potere.

Vai tranquilla e stai serena, Mariangela, tuo figlio e te vi meritate ‘uno ‘altra ed i tabù mandali al diavolo. Sono credente, perciò NON sono religioso; ma se devo pensare che una Entità Suprema voglia un giorno giudicarci, mi piace pensare che lo farebbe nello spirito de «La Consolà» di Nino Costa in questi versi: «a treuvo ajut an ti, quand c’à ‘invòco/ con le lacrime a ‘eui senssa impostura /tant la paisa-na c’a rabasta i sòco / come la sgnora c’a vèn sì’n vitura, / e ‘anginojo sì, s’istessa banca/ e ti tij goarde con ‘istess sorìs/ la monigheta con la scufia bianca/ e la còcòtte con jë scarpin’d vernis».


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