Ma Raul Castro è davvero gay?

  

Roma – Dopo l’avvicendamento fra Fidel e Raul Castro si sono rinnovate le voci secondo cui il fratello del lider maximo sarebbe omosessuale. Su la Repubblica è perfino apparso il curioso appello del ds Franco Grillini, esponente dell’Arcigay: «Se Raul e’ gay, lo ammetta e migliori la condizione degli omosessuali a Cuba». La questione è però molto controversa poichè non esiste uno straccio di prova, ma soltanto chiacchiere. Le presunte indiscrezioni ci paiono inoltre tanto piu’ assurde quanto piu’ si considera che Raul vanta 45 anni di felice matrimonio con l’amata moglie Vilma Espin Gullois. Insieme hanno avuto ben 4 figli.

Comunque, se per ipotesi fosse vero, si paleserebbe una smaccata contraddizione fra la condotta di Raul e la repressione, da lui stesso organizzata, dei gay cubani, rinchiusi nei cosiddetti UMAP, in pratica i corrispettivi castristi dei ben noti gulag sovietici.
Non ha bisogno invece di conferme un’altra contraddizione, quella interna all’ideologismo di sinistra, che nella sua storia e’ balzato dalla repressione dei gay a esagerazioni nella direzione opposta, come il propugnare per gli stessi matrimoni e adozioni.

Sentiamo cosa dice lo storico Massimo Consoli, specialista nel campo.

– Sig. Consoli, quanto sono fondate le voci che indicano Raul omosessuale?

«Siamo fermi al chiacchericcio, al pettegolezzo. Tra le fonti possiamo ricordare Allen Young nel suo libro “Gay under the revolution”. Ma soprattutto lo scrittore Allen Ginsberg, che era stato invitato all’Avana nel 1965 in quanto simpatizzava per la rivoluzione. Ebbene, intervistato dalla Tv cubana disse apertamente che Raul era omosessuale, col risultato che venne cacciato subito dall’isola».

– In effetti la rivoluzione cubana ha sempre liquidato i gay come elementi antisociali, imprigionandoli insieme agli oppositori. Cosa ci puo’ dire sull’apparato repressivo organizzato proprio da Raul Castro?

Raul Castro

Raul Castro

«In pratica si basava tutto sul lavoro forzato. Determinante fu l’influenza dei sovietici. Raul in persona si reco’ negli anni Sessanta in Bulgaria per imparare da quel regime comunista i metodi piu’ efficaci di repressione. Voleva sapere come i bulgari avessero ripulito le strade di Sofia dai gay. Nacquero cosi’ a Cuba le UMAP, sigla di Unitades Militares de Ayudo a la Produccion. Raccoglievano tutti quelli “accusados de ser vagos”, vale a dire gli accusati di essere vaghi. Con questa espressione si intendevano i devianti, gli asociali in genere e anche i gay. Molti omosessuali internati provenivano dal mondo dell’arte e dello spettacolo, in particolare dal balletto. Erano tutti costretti al lavoro agricolo, a ore e ore di taglio della canna da zucchero sotto il sole. A spingere Fidel Castro in questa direzione contribui’ anche la situazione cubana precedente alla rivoluzione. Sotto il regime di Batista l’isola era il bordello degli americani, che talvolta adescavano non solo ragazze, ma anche ragazzi. Dopo la vittoria di Castro, le donne furono recuperate, ma gli uomini furono considerati colpevoli. Praticamente si confuse l’omosessualita’ in quanto tale con la prostituzione maschile.

Gia’ nel 1965, a pochi anni dalla rivoluzione, le UMAP raccoglievano circa 45.000 prigionieri in numerose fattorie isolate. E ci si poteva finire anche per delle denunce anonime. Un prete che simpatizzava per il regime, Ernesto Cardenal, riporto’ la testimonianza paradossale di un cattolico cubano di nome Eugenio, secondo cui, in fondo le UMAP non erano poi cosi’ male. Secondo lui, ma io non ci credo minimamente, gli omosessuali erano particolarmente felici nei campi di concentramento perche’ “essere cosi’ concentrati deve essere per loro un paradiso”. Li’ gli omosessuali sarebbero diventati ancora “piu’ omosessuali” e molti cominciarono a “dipingersi la faccia”. In realta’ si assisteva a scene orribili, perche’ tanti si suidicidavano impiccandosi, segno che non dovevano essere affatto felici. Nelle forze armate cubane, inoltre, vigeva uno stretto controllo, perche’ sui documenti personali dei militari sospettati di essere omosessuali veniva stampigliata la sigla “B1”, che stava appunto a significare che il soldato presentava magari comportamenti effemminati.

Le autorita’ cubane ovviamente hanno sempre negato tutto. Ma voglio ricordare che questa realta’ era ben nota a Giangiacomo Feltrinelli, che durante una cena con Castro protesto’ contro il dittatore. Gli rinfaccio’ che una politica del genere verso i gay non era degna di una rivoluzione socialista».

– Ma in Italia cosa si sapeva di tutto ciò?

«Poco o nulla. Io fui tra i primi, negli anni Settanta, a denunciare questo lato del castrismo. Presentai un reportage a “Speciale”, diretto da Rosanna Guerrini. Lei voleva pubblicare il mio articolo, ma il suo caporedattore, che era comunista, era contrario. Tanti altri giornali, come “Il Messaggero” me lo rifiutarono. Il primo che riusci’ a parlare delle UMAP fu Valerio Riva su “L’Espresso”. Poi uscì il libro di Pierre Golendorf “Un comunista prigioniero di Castro”, edito a Milano dalla SugarCo nel 1978. Oggi dicono tutti che Castro è cattivo, ma allora era un’altra storia…»

– Per concludere, come commenta l’appello di Grillini a Raul Castro?
«Chi sta al potere non si sogna affatto di dichiararsi omosessuale e di aiutare i gay».

Comunque, l’ipotesi di Raul Castro gay continua a sembrarci cosi’ assurda…

Da "La Padania" del 3 agosto 2006


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