C’è la parola lesbica: preside cancella la recita

  

Da "LA STAMPA" del 12.06.07

C’è la parola lesbica: niente recita a scuola
Il preside teme per il pudore dei minori

Una scena del film'Fucking Ama'

In quel copione c’era una parola di troppo: «lesbica». Marco Grilli, 10 anni di teatro e una laurea in sociologia in tasca, non se l’aspettava. «Finire come Pasolini nel 1955 con “Ragazzi di Vita”. Glielo giuro: ancora adesso mi sembra uno scandalo». Ha lavorato un anno per mettere in scena uno spettacolo teatrale con la classe terza della media Manzoni di Nichelino. Invano. La recita è saltata alla vigilia dell’esordio. C’era un parola di troppo, «una parolaccia per dirla con le parole del preside» che ha mandato tutto a monte.

A pagina 4 del copione scritto dagli alunni si legge «lesbica». Troppo forte, anche nella città del Gay Pride, per andare in scena. E allora tutti a casa, senza siparietto. Poteva finire in sordina, perché in fondo i ragazzi hanno gli esami di licenza media e di esporsi non ne volevano sapere. E invece no. Perché Marco Grilli, incaricato dall’assessorato all’istruzione di Nichelino di aiutarli nella redazione del progetto teatrale, ha deciso di fare outing. «E’ assurdo – dice – che nel 2007 ci siano ancora ragionamenti medioevali di questo tipo. I ragazzi ci sono rimasti malissimo. Da attori si sono trasformati in protagonisti della storia».

Il copione parla di una coppia di ragazze, che viene discriminata dai coetanei per i loro gusti omosessuali. Le due giovani arrivano in un hotel, d’estate, al mare. Nell’albergo ci sono anche due ragazzi che le corteggiano a lungo, ma invano. La trama ha una svolta quando la donna delle pulizie scopre nella stanza delle ragazze alcune loro foto. A dir suo sono scandalose. «Scopre che le due sono lesbiche – spiega Grilli – e nell’hotel scoppia lo scandalo».

Sono stati gli stessi studenti a scegliere il tema da affrontare con il sostegno di un’insegnante. Ha seguito passo passo la realizzazione dello spettacolo e pare ci sia rimasta altrettanto male del forfeit inatteso.

Si sono visti a scuola una volta la settimana, tre ore per volta. «Ci credevano tanto in questo progetto» spiega il consulente teatrale. «Mi avevano detto che l’episodio narrato era accaduto ad alcune loro coetanee e volevano sensibilizzare la gente su un tema attuale e grave allo stesso tempo».
L’impianto scenico è andato in tilt giovedì scorso. Il preside avrebbe chiamato l’insegnante di riferimento: «Questo tema è troppo forte per dei ragazzi di terza media, soprattutto le classi coi ragazzini più piccoli potrebbero reagire male». E’ questa «censura» che ha fatto imbestialire Marco Grilli, tanto da scrivere a Wladimir Luxuria, parlamentare pirotecnico di Rifondazione Comunista.

La risposta dalla segreteria dell’onorevole che difende i diritti omosessuali è arrivata subito: «La preghiamo di inviarci più particolari possibili di questa vicenda, per riuscire a formulare in tempi brevi un’interrogazione parlamentare».

Per Marco Grilli è una liberazione: «anche perché – dice – sentirsi trattato come uno che vuole provocare quando invece l’obiettivo era di parlare di temi attuali, senza offendere il pudore di nessuno, mi è sembrata anche un’offesa bella e buona allo specifico ruolo del teatro, che deve aiutare a creare informazione e cultura della tolleranza. Siamo tornati indietro». Pasolini docet.


COMUNICATO STAMPA DI ARCIGAY TORINO

Ecco. Ci risiamo. Come qualche mese fa al Liceo Curie di Grugliasco, quando la dirigente scolastica pretese per parlare di omosessualità di affiancare ai rappresentanti dell’Arcigay anche un medico cattolico ed un prete, che portassero “un’opinione contraria” al fenomeno e salvassero così il buon nome dell’istituto.

Ancora un dirigente scolastico, stavolta alla scuola media Manzoni di Nichelino, che considera disdicevole parlare di omosessualità, e che anzi ritiene la stessa parola “lesbica” assimilabile ad un’ingiuria, e quindi in grado di ferire la sensibilità dei minori. Se l’episodio raccontato oggi nelle pagine della cronaca locale de La Stampa fosse confermato, le responsabilità del preside sarebbero gravissime: perché è a partire dalla negazione dell’esistenza dell’omosessualità tra i più giovani, dal tentativo di rinchiuderla nel silenzio, che nasce il pregiudizio omofobico; perché il dirigente si sarebbe macchiato della promozione, nel suo istituto, di un clima di diffidenza e pregiudizio nei confronti dell’omosessualità e delle persone gay e lesbiche, di quell’atteggiamento, cioè, che il Parlamento Europeo ha ripetutamente chiamato col nome che gli spetta: omofobia. E’ lo stesso atteggiamento che legittima ed è in grado di stimolare atti di violenza psicologica, verbale e fisica nei confronti di ragazze e ragazzi omosessuali o presunti tali.

La morte di Matteo, vittima dell’omofobia a scuola, dovrebbe essere troppo vicina per far dimenticare tutto ciò. La memoria di quella tragedia dovrebbe essere troppo fresca per spingere un dirigente scolastico, come tale massimo responsabile dei compiti educativi della sua scuola, a tanta leggerezza. Eppure, se questo è avvenuto ancora una volta, il lavoro che le associazioni GLBT e il Coordinamento Torino Pride dovranno portare avanti è tanto, così come è lunga la strada per riportare la scuola alla sua missione più alta: quella di favorire l’incontro tra le diversità e lavorare per una società più sicura ed accogliente per ogni essere umano.

Antonio Soggia
Presidente del Comitato Arcigay di Torino "Ottavio Mai"


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