Chiediamo protezione per un gay afgano

  

"Esprimiamo la nostra soddisfazione per le molte parole di solidarietà ed accoglienza espresse da ministri ed esponenti politici di entrambi gli schieramenti in occasione della vicenda di Pegah Emambakhsh, lesbica iraniana perseguitata in patria a motivo del suo orientamento sessuale."

"Tuttavia ci giunge segnalazione che per un ragazzo afgano, omosessuale, richiedente protezione umanitaria in una questura lombarda, si sia avviato il procedimento di rifiuto del permesso di soggiorno". Lo affermano Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay, e Luca Trentini, responsabile nazionale Arcigay per i diritti umani e la lotta alla violenza.

"Il ragazzo – proseguono Mancuso e Trentini – che risiede in Italia da nove mesi, è espatriato per vivere in libertà la sua condizione di vita e fuggire dal'imposizione di un matrimonio combinato. Nel nostro paese convive con il suo fidanzato, un cittadino italiano. La sharia, legge islamica in vigore in Afganistan, prevede per gli omosessuali la morte per lapidazione. ' questa la sorte che sarebbe riservata al ragazzo qualora fosse costretto a rientrare in patria. Per questa ragione crediamo sia necessario che un paese civile offra protezione umanitaria ad un giovane che rischia la vita in ragione del suo orientamento sessuale".

"Non possiamo rendere pubbliche le generalità del cittadino straniero a causa dei rischi a cui sarebbe esposto. Uscire allo scoperto lo condannerebbe al'isolamento dalla sua comunit' di riferimento qui in Italia ed esporrebbe la sua famiglia, ancora in Afghanistan, a ritorsioni e discriminazioni da parte di una società profondamente tribale ed omofoba."

"Facciamo appello al ministro degli Interni, Giuliano Amato, e al ministro della Giustizia, Clemente Mastella, perché – concludono Mancuso e Trentini – attivino tutti gli strumenti in loro possesso per garantire il permesso di soggiorno nel nostro Paese a questo cittadino afgano".


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