Educazione al rispetto dell’omosessualità

  

Educazione al rispetto dell’omosessualità
Antonella Di Luoffo
Edizione Libero Di Scrivere
http://www.liberodiscrivere.it/biblio/scheda.asp?idopere=133776&vedi=5

La società contemporanea manifesta una falsa accettazione nei confronti delle persone omosessuali che si svela in una autentica forma razzista nei discorsi di molta gente, fatti di battute e sfottò derisori e, ancora peggio, nelle scuole, dove non sono rari i fenomeni di bullismo e di violenza verso i più deboli. A tal proposito, viene da ricordare il triste episodio di aggressione, avvenuto proprio poco tempo fa a Torino, per opera di un gruppo di giovani facenti parte dell’associazione italiana di naziskin, compiuto su un ragazzo diciassettenne, la cui unica colpa è stata quella di difendere in classe, pur non essendo omosessuale, Oscar Wilde e André Gide dalle facili ironie sulla vita sessuale dei due scrittori.

Tale evento ha suscitato scalpore ed incredulità nell’opinione pubblica ed insieme a molti altri casi, i quali sebbene non abbiano un’uguale rilevanza sui giornali, sono pur tuttavia costituiti dalla medesima volontà di sopraffazione e di prepotenza, possono essere considerati il sintomo dell’affermazione della violenza, all’interno della comunicazione giovanile, come principale e frequente modalità di relazione, di là da qualsiasi fede politica ed ideologica che l’accompagni.

E qui, le istituzioni educative, in particolar modo la scuola, versano in una situazione lacunosa: mancano, infatti, di interventi atti a favorire non soltanto la crescita culturale e nozionistica dei giovani, ma anche quella emotiva; di conseguenza il carattere, il cui apice dello sviluppo sopraggiunge proprio negli anni dell’adolescenza, si trova ad avere come unico modello di riferimento, perché l’unico che s’impone barbaramente al silenzio diseducativo degli insegnanti, quello della forza e della volontà del più prepotente sul più debole, dell’omologato sul diverso.

Il silenzio, non solo degli insegnanti ma dell’intera collettività, oltre a permettere il dilagarsi di forme aggressive nei rapporti fra i ragazzi, ha l’aggravante di lasciar perpetrare pregiudizi e luoghi comuni su ogni diversità e di trascinare tanti di loro, spesso pigri interiormente e di debole temperamento, alla costruzione di un’identità “per esclusione” che si fonda su un “noi” artificioso e conformista, anziché stimolarli ad approfondire una riflessione su se stessi e a fare uno sforzo di autoaccettazione e di accettazione dell’altro.

Nelle scuole manca una cultura del rispetto, innanzi tutto, perché non se ne parla; al di fuori dei programmi scolastici, infatti, non vi è spazio per proposte educative che diano inizio ad un’opera di demolizione del concetto di “uomo” troppo uniforme e stereotipato; a riguardo, lo psicologo Umberto Galimberti, in un suo intervento su La Repubblica, ha rilevato quanto sia decisivo, molto più del passato, negli anni di globalizzazione di cui tutti siamo protagonisti, il confronto con l’altro, perché usi e costumi si vanno contaminando in continuazione e l’etica, fondata sulla nozione di territorio e confine, è destinata a subire una crisi profonda, dalla quale potrà uscire soltanto trasformandosi da “etica esclusiva” in una “etica dell’accoglienza”.

Lo psicologo rivolge, dunque, un monito a tutti gli insegnanti i quali, per stare a passo coi tempi, devono accettare la realtà in trasformazione e “bombardare” le teste dei loro alunni dei cambiamenti culturali in atto, «in modo da svuotarle dagli stereotipi e di riempirle di pensieri difficili da ospitare, e così ingombranti da dover chiedere loro un lavoro di ristrutturazione della loro mente» .

«…essi devono spiegare che il “prossimo” sarà sempre meno specchio di noi e sempre un “altro”, per cui tutti saremo obbligati a fare i conti con la differenza…la diversità sarà il terreno su cui far crescere le decisioni etiche, mentre le leggi del territorio si attorciglieranno come i rami secchi di un albero inaridito. Fine del legalismo e quindi dell’uomo come l’abbiamo conosciuto sotto il rivestimento della comunità omogenea e protetta, e nascita di quell’uomo più difficile da collocare, perché portatore di differenze sessuali, religiose, etniche, in uno spazio che non è garantito neppure dall’aristotelico “cielo delle stelle fisse”, perché anche questo è tramontato per noi» .

Nella società attuale non hanno più ragione di esistere atteggiamenti discriminatori ed intolleranti, provocati da diffidenza, paura, ma anche da un sentimento di superiorità, di essere nel giusto, tutti fattori scaturenti da uno stato retrogrado di ignoranza che blocca la volontà umana ad aprire i confini della conoscenza verso l’altro, non permettendo, in tal modo, di attuare il ridimensionamento di una visione eccessivamente aliena delle minoranze. Se infatti la diversità, proprio nella sua essenza, non può rispettare i canoni dell’uguaglianza, intesa nel senso di omologazione, non può neppure essere considerata come incodificabile ed incomunicabile e, perciò stesso, ostile e nemica oppure, ridicolizzata e cabarettistica.

L’immaginario collettivo si porta dietro l’eredità di convinzioni stereotipiche secolari, difficili da sradicare; da sempre, l’organizzazione sociale occidentale ha imposto, infatti, o apertamente o in modo più surrettizio e quindi anche più ipocrita, un’obbligatorietà alla normalizzazione, ad una fusione fra interazione-integrazione forzata ad un modello uniforme di comportamento, ad un’omogeneizzazione della massa coi mass-media e viceversa.

Ricordando quanto già sostenuto da Pasolini negli anni Settanta, anni per lui terribili perché rivelatisi decisivi per la trasformazione antropologica degli italiani, quando la cosiddetta “normalità” prende il sopravvento nella vita quotidiana di ogni uomo, egli tende ad addormentarsi, perdendo l’abitudine a giudicarsi ma acquistando nello stesso tempo, quella di giudicare colui che non si comporta secondo la convenzionalità dettata, giungendo, non di rado purtroppo, a vere e proprie forme di razzismo, definito quest’ultimo dal grande intellettuale scomparso, “il cancro morale dell’uomo moderno”, un cancro che nasce dal conformismo e dalla prepotenza della maggioranza.

Per quel che concerne più specificamente l’educazione al rispetto dell’omosessualità, compito di psicologi, insegnanti, genitori e tutti coloro che lavorano nell’ambiente educativo (scuole, servizi socio-sanitari, associazioni, gruppi di formazione), consiste nel provvedere a fornirsi di nuovi strumenti, atti a favorire un’integrazione piena degli adolescenti omosessuali coi loro coetanei e ad insegnare l’uguaglianza dei diritti fra le differenze, queste ultime però, non più poste in un ordine gerarchico ma su una pari dignità e considerazione sociale.


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