Nozze gay, parola alla Consulta

  

Il 3 aprile 2009 il Tribunale di Venezia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis del codice civile nella parte in cui, sistematicamente interpretati, non consentono che persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso per contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 117 1° comma della Costituzione.

Il caso riguardava due uomini che avevano chiesto all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Venezia la pubblicazione del loro matrimonio; il Comune rispondeva con un provvedimento di diniego contro il quale i due proponevano ricorso presso il Tribunale di Venezia.

Il ricorso, preparato dall’Avv. Francesco Bilotta, ricercatore presso l’Università di Udine, è solo uno dei numerosi presentati negli ultimi mesi in diversi tribunali italiani, nell’ambito dell’iniziativa di affermazione civile promossa congiuntamente dall’Associazione Certi Diritti e dall’Associazione Avvocatura per i diritti LGBT – Rete Lenford, associazione composta da legali impegnati contro la discriminazione a danno di lesbiche, gay, bisex e trans.

L’ordinanza del Tribunale è stata motivata con ampiezza di argomentazioni, sviluppate sulle considerazioni fondamentali che “nuovi bisogni, legati anche all’evoluzione della cultura e della civiltà, chiedono tutela” e che nel matrimonio fra persone dello stesso sesso non si “individua alcun pericolo di lesione a interessi
pubblici o privati…”

L’ordinanza del Tribunale di Venezia è una tappa importante della battaglia che Avvocatura per i diritti LGBT – Rete Lenford (www.retelenford.it) sta conducendo per il rispetto delle persone omosessuali nel nostro Paese.

Crediamo fermamente – dichiara Saveria Ricci, presidente di Avvocatura per i diritti LGBT – che escludere le coppie dello stesso sesso dalle tutele che discendono dal matrimonio, sia contrario alla nostra Costituzione e agli impegni che l’Italia ha assunto entrando nell’Unione Europea.

Confidiamo che la Corte costituzionale prenda in considerazione le argomentazioni del Tribunale di Venezia, che brillano per accuratezza e per rigore giuridico.

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Da Il Sole 24 Ore – di Beatrice Dalia


Sui matrimoni gay una parola risolutiva potrebbe arrivare dalla Corte costituzionale. Dopo l’intervento sulla legge in materia di fecondazione assistita, un’altra fondamentale questione di confine tra etica, società e diritto rischia di dover essere risolta dal giudice delle leggi. Il Tribunale ordinario di Venezia ha infatti rimesso alla Consulta (disponibile sul
sito www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com) il problema del "vuoto" normativo in tema di unioni tra persone dello stesso sesso.

Secondo il magistrato veneziano il fatto che le regole del nostro ordinamento civile, così come sistematicamente interpretate, non consentano alle persone di orientamento omosessuale di sposarsi viola almeno quattro principi fondamentali; ovvero parità, uguaglianza, diritto alla famiglia e potestà legislativa (articoli 2, 3, 29 e 117, comma 1, della Carta fondamentale).

La vicenda nasce dal ricorso di due uomini contro il rifiuto dell’ufficiale di stato civile del Comune di Venezia di procedere alla pubblicazione delle loro nozze. Si tratta di una delle venti coppie gay – tutte del Centro-Nord – che ha deciso di sposarsi, a suon di marche da bollo. Il Tribunale ha preso atto che, in linea con le risoluzioni del Parlamento europeo e a conferma degli ormai consolidati mutamenti dei modelli e dei costumi familiari, nel diritto di molte nazioni di civiltà giuridica affine alla nostra, si stia delineando una nozione di relazioni familiari tale da includere le coppie omosessuali.

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l’ordinanza del Tribunale di Venezia

Fonte Il Sole 24 Ore
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