Emanuele Pullega, da Arcigay a Madrid

  

Emanuele Pullega: insegniamo a scuola la nostra omosessualità

Emanuele Pullega è bolognese, ha 37 anni e si occupa di progetti di formazione rivolti alle persone LGBT. In Arcigay ‘Il Cassero’ ha ricoperto svariati ruoli, da coordinatore del settore benessere e salute a presidente, ma adesso vive a Madrid ed è un altro dei molti italiani ‘fuggiti verso la terra promessa’ spagnola.
Continuano le interviste di GAY.tv ai personaggi attivamente impegnati nella causa LGBT e che quotidianamente si battono a favore dei diritti degli omosessuali
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1) Raccontaci un po’ di te: chi sei, cosa ti appassiona, qual è la tua formazione?

Chi Sono? Sono Emanuele, in primis. E poi sono un italiano emigrato in Spagna, sono un frocio, sono (ancora) un attivista, sono un fratello, un amico, un figlio.
Sono una persona che ama fare ‘cose’ per la mia gente, che si è formata sul campo in tanti anni di attivismo e sono anche un conduttore di gruppi con tanto di master!
In Italia sono stato redattore editoriale e formatore per Arcigay. Oggi a Madrid sono alla ricerca di un lavoro che mi permetta di conciliare la mia voglia di continuare a fare progetti per le persone LGBT con il mio bisogno di pagare un affitto!

2) Per 7 anni hai coordinato le attività del settore che si occupa di benessere per le persone LGBT nel più grande comitato Arcigay italiano: qual è la tua idea di benessere per una persona LGBT e quali attività ritieni più importanti per ottenerlo?

Negli anni al Cassero ho compreso che la relazione non-virtuale fra pari LGBT in un contesto accogliente delle diverse specificità permette al singol@ di generare strumenti per comprendere il proprio malessere e per nutrire il proprio benessere.
Ogni momento di confronto fra persone gay e lesbiche è quindi importante, meglio se in un contesto laboratoriale, in gruppi di educazione non-formale, attraverso attività strutturate per favorire una crescita non solo sul piano cognitivo, ma anche su quello emozionale.

3) Per diverse volte hai progettato e condotto laboratori sulla relazione di gruppo. Quanto è fondamentale lavorare in gruppo tra persone LGBT per una maggiore consapevolezza e per vivere felici?

Il gruppo è una risorsa ricca e potente. Negli altri – uguali e allo stesso tempo diversi da me – posso rispecchiarmi, le loro storie possono essere mie, i miei strumenti diventare loro.
In fondo è una questione matematica: meglio avere attorno a me più risorse possibili, nel momento in cui scopro che gli altri possono essere veicoli per aumentare il mio benessere!
Ma nella relazione con l’altro, nell’abbassare le proprie difese e mettersi in ascolto di sè e degli altri c’è anche un che di ‘magico’, proprio perchè spesso lo si sperimenta con sconosciuti, che come me hanno deciso di partecipare ad un laboratorio lgbt.

4) L’ultimo tuo progetto si chiama Arcobaleni ed è un laboratorio su identità LGBT ed omofobia interiorizzata. Come si può combattere questo nemico interiore che ciascuno/a di noi si porta dentro?

L’omofobia interiorizzata fa più danni di quella esterna a noi, perchè è talmente radicata in profondità dentro di noi, che non importa quanti anni di attivismo, terapia, coming out in casa, sul lavoro, nella vita di tutti i giorni facciamo. Una parte di noi persone lgbt continuerà a credere che siamo sbagliat@. Allora il primo passo è la consapevolezza. Il secondo l’azione: ogni momento in cui ci sentiamo maltrattati in quanto persone LGBT, dobbiamo trovare il modo di non trattenere i sentimenti negativi che si generano in noi, ma di rimandarli al mittente.

5) Da 7 anni Il Cassero propone uno spazio di incontro e confronto che si chiama Liberamente, da te inventato nel 2002. In cosa consiste? Come spieghi che ogni due domeniche decine di persone sempre diverse dedichino alcune ore per socializzare lontano da discoteche o aperitivi?

Liberamente è un contenitore aperto a tutto e tutt@, per un paio d’ore, chi partecipa si incontra, interagisce, si racconta e ascolta il racconto di altri. E questa apertura, questa accoglienza è qualche cosa che raramente si trova disponibile nel panorama LGBT. Il divertimento, la sessualità sono una componente fondamentali, ma non bastano. Perchè è la relazione con l’altr@ che ci nutre profondamente; e perchè ci sia davvero relazione devo mettermi un po’ più in gioco di quanto succeda in una discoteca, in una sauna o in internet.

6) Sei tra i responsabili dei primi progetti di Arcigay rivolti alla popolazione studentesca sull’educazione all’alterità e contro il bullismo omofobico (Insieme agli Altri e Schoolmates). Perché è importante intervenire nelle scuole tra i giovanissimi?

È importante andare a scuola a portare i nostri temi, le nostre storie, ad aiutare a comprendere come nella società eterosessuale dominante si usino con leggerezza termini come ‘finocchio’ o ‘lesbica’ con accezzioni discriminatorie, mentre ad esempio parole come ‘negro’ o ‘ebreo’ vengono trattate diversamente. ‘Chi parla male, pensa male’: è più facile far passare questo concetto educativo con gli adolescenti piuttosto che con gli adulti. Meno strutture, meno barriere.
E poi è anche un’occasione di riscatto per noi stessi, tornare a scuola non più invisibili, ma proprio in quanto gay e lesbiche, per ‘insegnare’ della nostra omosessualità!

7) Quali sono le esperienze e le emozioni più forti che hai vissuto in più di 10 anni di associazionismo in Arcigay a Bologna?

Mah, è difficile, anche perchè si sommano più piani, quello personale, quello di attivista, quello di formatore: per ciascuno ci sono momenti diversi. Penso che comunque i momenti più importanti siano stati quelli piccoli, i sorrisi e i grazie a distanza di tempo, perchè il tuo lavoro per qualcun@ ha fatto davvero la differenza. E poi i Pride. E poi chi, conosciuto al Cassero per ‘lavoro’, è rimasto nella mia vita come amico.

8) Quali critiche e consigli puoi dare ad Arcigay, guardandola dall’esterno, da un altro Paese?

Penso che Arcigay stia affrontando finalmente una trasformazione da troppo tempo rimandata. Mi piacerebbe a breve trovare un’associazione organizzata in modo da poter essere un propulsore politico nella sociatà italiana, che porta a casa dei risultati tangibili per le persone lgbt.
Ma allo stesso tempo vorrei che Arcigay mettesse al centro il singolo gay e la singola lesbica, i suoi bisogni quotidiani, le sue problematiche reali di tutti i giorni. Ancora di più, non solo nelle grandi metropoli, ma anche nei comitati più piccoli.
E forse le due cose non sono poi così distanti… Credo che potrebbe essere interessante provare a smettere di reagire alle provocazioni del difficilissimo attuale contesto italiano, ma piuttosto agire in primis: insomma, lanciare Arcigay la sua palla, piuttosto che essere bersagliati dalle palle altrui.

9) Quali sono le maggiori differenze tra la comunità LGBT madrilena e quella bolognese? Ci sono aspetti più positivi in Italia rispetto alla Spagna?

Paradossalmente sì, in Spagna la comunità lgbt ha ottenuto talmente tanto negli ultimi 5 anni, che ormai rimane ben poco da rivendicare! Ok, è una provocazione, è ovvio che c’è ancora molta differenza tra città come Madrid o Barcellona e ad esempio un pueblo di 800 abitanti in Extremadura.
Ma qui il giorno dell’Orgullo è ormai ‘solo’ una grande festa. In Italia, invece, è ancora una grande emozione vedere il trenino delle Famiglie Arcobaleno che precede il carro di Agedo in un Pride…

10) Quali sono i futuri progetti di formazione dedicati a gay, lesbiche e bisessuali che vorresti proporre?

Mi piacerebbe continuare a proporre anche in altre città i laboratori già sperimentati al Cassero negli anni passati: Ingruppo e Arcobaleni.
Ma anche un nuovo laboratorio residenziale su affettività e sessualità, un laboratorio sul coming out, sulla omogenitorialità, sulla coppia… insomma, le idee sono tante!

CONTATTI: [email protected]

Intervista a cura di Matteo Ricci


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