Storie Liquide

  

«… fin che il “diverso” vive la sua “diversità” in silenzio, chiuso nel ghetto mentale che gli viene assegnato, tutto va bene: e tutti si sentono gratificati dalla tolleranza che gli concedono. Ma se appena egli dice una parola sulla propria esperienza di “diverso”, oppure, semplicemente, osa pronunciare delle parole “tinte” dal sentimento della sua esperienza di “diverso”, si scatena il linciaggio.» (Pier Paolo Pasolini, Io sono come un negro, vogliono linciarmi)

Leggere Storie liquide di Gianluca Pirozzi è stata una vera avventura. Un’avventura in cui la necessità di un rapporto razionale con la “parola” ha rischiato di essere scalzata dal desiderio di affidarsi alla fantasia e all’immaginazione.
Tuttavia ho resistito alla tentazione e andando avanti nella lettura sono rimasta affascinata dalla sensibilità con cui l’autore si è servito dell’ironia per descrivere con delicatezza il vissuto particolare dei protagonisti.
 
Giacomo non lo capì immediatamente; pensò d’avere gli arti ancora un po’ addormentati, come intorpiditi. Distese le dita della mano, poi un movimento rapido prima in un senso, poi nell’altro, ma nulla. Tutto era liscio! Nulla da prendere tra le dita: solo il suo ventre caldo e liscio come la testa d’un cane.

Una delicatezza esaltata dalla scorrevolezza del testo e dall’imprevedibilità degli avvenimenti che mi hanno imposto di proseguire la lettura fino alla fine del libro.

Era bellissimo potersene rimanere lì fermi, lasciarsi trasportare dall’acqua, assaporando tutto, essere finalmente parte di quel ritmo lento, calmo e silenzioso che non faceva paura.
 
Uno stile, quello adottato da Gianluca Pirozzi, in grado di rappresentare le molteplici esperienze di protagonisti che vivono con difficoltà la propria “diversità” o le proprie “debolezze” senza rincorrere a mode lessicali o giochi di parole; ed è questo suo modo di esprimersi a farmi considerare Storie liquide un fatto letterario di indubbio spessore.

Saliva veloce, rallentando solo tra una rampa e l’altra, solo il tempo d’inspirare aria e calcolare quanto mancasse ancora alla cima.
 
Anche il titolo scelto dall’autore per questa raccolta mi sembra azzeccato perché vi leggo, fra le altre, la metafora della “finestra aperta” dove alla luce è riconosciuto il diritto di illuminare gli angoli più remoti e da dove la vista può spingersi oltre le pareti erette da convenzioni insincere.
 
Per un attimo pensò che si fosse addormentato, poi lentamente avvicinò la sua testa strofinando il viso sulle pietre fino ad un paio di centimetri da quella di…
 
Seppure nelle singole Storie liquide trovo l’avanzare della paura (pronta a graffiare ogni volta si presenti l’occasione) o l’acqua del mare (disposta a “cullare” chi ad essa si affida) e la velocità del tempo (che non conosce eccezioni), incontro anche il sentimento (puntuale ambasciatore di sensazioni avvincenti) oppure la primavera (contaminata da tutti i colori) e l’inoltrarsi del pensiero in mondi fantastici.
 
Forse non ne aveva avuto il tempo, perché aveva ancora davanti a sé la mossa del ragazzino che s’era allora diretto alla porta dello spogliatoio e l’aveva chiusa per tornare poi indietro e sedersi vicino a lui.
 
In Storie liquide Gianluca Pirozzi descrive con coraggio e rispetto alcune delle tante miserie del mondo e lo fa come soltanto un intellettuale può fare.

Paolina Carli


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