«Vaffa» a tutti: ecco il programma di Beppe Grillo

  

Il leader di Sel Nichi Vendola ha detto che il merito di Beppe Grillo è quello di sollevare «temi giusti», mentre il suo difetto è quello di usare un linguaggio «eccessivamente maschilista». E la bacchettata del governatore pugliese ha un suo perché: al comizio di sabato scorso a Bologna, in una gremita Piazza Maggiore, Grillo l’aveva salutato così: «At salut buson», un’antipatica espressione, usata non proprio come un complimento e che fa il paio con quel «vecchio» indirizzato pochi giorni prima al candidato del centrosinistra a Milano, Giuliano Pisapia.

Eppure nella sua analisi del Grillo pensiero, bollato come «fondamentalista», ma assai più generosa di quella fatta dall’Arcigay (per l’associazione il leader del Movimento Cinque Stelle è più o meno un demagogo che cerca «l’applauso facile» con battute da bar sport), traspare con evidenza il suo principale errore: quello delle frequentazioni in piazza (grillini) e delle alleanze elettorali (IdV) che la sinistra, e soprattutto la sinistra radicale e girotondina, ha messo in atto da quando il centrodestra è tornato al governo.

Perché la presenza nell’agone politico di personaggi votati al qualunquismo e alla demagogia, che preferiscono il giudizio spiccio e sommario, piuttosto che il ragionamento pacato, quali Grillo o Di Pietro, e da sempre supportati mediaticamente dalla coppia Santoro & Travaglio, in questi anni ha fatto male soprattutto alla sinistra e non alla destra, come verrebbe da pensare e di cui, anzi, risultano i più validi alleati dal punto di vista elettorale: portando via consensi e voti a Pd e Sel, come è successo alle regionali del 2010, lasciano campo libero allo schieramento opposto.

Sia chiaro, l’elettorato a cui si rivolge Grillo è eterogeneo ed è formato dai cosiddetti delusi della politica (di questa politica, dicono loro); ma ad una più attenta analisi, considerando i temi trattati, come l’antinuclearismo, e i modi delle loro proteste in piazza, forse non è sbagliato pensare che la maggior parte di loro provenga proprio da sinistra. Ecco perché quando Vendola, o lo stesso Pd (o «Pdmenoelle», come lo chiamano i grillini), liscia il pelo a Grillo, o al suo diretto concorrente nell’antipolitica, Tonino Di Pietro, in verità si rivolge al suo popolo, sperando di catturarne il consenso e di riportarlo all’ovile.

Il guaio, però (e ancora la sinistra non sembra averlo capito), è che nel tendere la mano ai Robespierre di turno, quasi sempre in cambio si ottiene un ceffone o un «vaffa», quando va bene; un «sei un vecchio» e un «ti saluto frocio», quando va male.


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