La voce di: Rosario Coco

  

La risposta alla nostra lettera aperta sull’assemblea del 29 Marzo al Mario Mieli di Roma

Car3 tutt3,

La vostra lettera aperta a seguito dell’assemblea del 29 marzo mi ha fatto venire in mente alcuni spunti che vorrei condividere con voi, a titolo personale. Parto dalla mia esperienza di presidente di Gaynet, che è solo una delle realtà che attraversano la Strada Dei Diritti, e dalla recente esperienza appena iniziata all’interno del board di ILGA Europe, dando quindi un punto di vista parziale e non esaustivo.

La Strada dei Diritti, nata da un primo nucleo di realtà nell’estate del 2021, è per me uno spazio di confronto, non un blocco orientato a portare movimenti e associazioni sempre sulle stesse posizioni, pratiche e prassi. Dentro la Strada dei Diritti, sono nate in questi anni sia iniziative congiunte, sia iniziative promosse solo da alcune realtà. Ho avuto modo di approfondire negli ultimi mesi come esistano spazi simili anche in altri Paesi, spazi che, alla luce della situazione drammatica di restrizione di risorse e capacità operativa del movimento internazionale, diventano sempre più preziosi.

Il punto di riferimento dentro Strada dei Diritti resta il manifesto politico pubblicato nel 2022, orientato a offrire un panorama chiaro dei nostri obiettivi legislativi.

Il movimento LGBTQIA+, per come lo vedo io, non è solo rivendicazione di diritti, questo è certo. È presenza in spazi diversi, battaglie diverse, istituzioni diverse. È presenza tra le soggettività marginalizzate. È motore di cambiamento sociale a tutti i livelli. A differenza di altri movimenti, siamo un arcipelago di culture e pratiche politiche molto distanti tra loro. Perchè siamo ovunque.

In quello che ho chiamato “movimento” in senso lato, molte persone individuano poi i “movimenti” e le “associazioni”, una dicotomia che presenta spesso una sovrapposizione di soggettività, specie allargando lo sguardo alle piccole città. Una dialettica che è spesso legata a funzioni diverse, più che a soggetti diversi. L’attacco a questo movimento, oggi, è sotto gli occhi di tutt3 noi. La vostra associazione, è un esempio chiaro di quei luoghi della nostra comunità oggi più che mai presi di mira. Condivide con molte altre realtà la responsabilità di gestire servizi, presidi per la salute, luoghi di incontro e spazi ricreativi cruciali per le persone LGBTQIA+. La chiamata per il 29 marzo, nell’ottica del 17 maggio, partiva da qui: cambiare passo, rispondere insieme alla restrizione dei nostri spazi vitali. Rispondere al rischio che l’Italia segua lentamente e inesorabilmente la deriva nera globale.

Anziché dire che “i movimenti non hanno risposto a quella chiamata”, io credo che i movimenti fossero in ascolto. Ad oggi, a pochi giorni dal 17 maggio, è stato costruito un dialogo importante con il movimento per il Referendum cittadinanza e con la rete contro il ddl Sicurezza. Anche le realtà studentesche si stanno mobilitando. Concordo col dire che si poteva fare di più. Comunque vada la piazza, penso che in questa prima parte del 2025 siamo riuscit3 a dare nuovo slancio al movimento.

Non credo, tuttavia, possa esistere uno spazio dove tutt3 convergano su tutto. Ho attraversato in minima parte i percorsi precedenti e l’idea che mi sono fatto e che i problemi principali fossero la sostenibilità nel lungo periodo e la scelta degli obiettivi. Chiaramente sono considerazioni con il classico “senno di poi”, che nulla tolgono all’importanza di quelle iniziative in termini di laboratori politici e crescita delle persone coinvolte come attivist3.

Credo che oggi le persone abbiano sempre meno possibilità di dedicarsi all’attivismo, perché le nostre vite quotidiane sono sempre più complesse e difficili. Dall’altra parte, gli avversari sono estremamente organizzati e professionalizzati. Credo quindi che serva uno spazio per definire dei minimi comuni denominatori, degli obiettivi precisi e delle strategie intorno ad eventi chiave, ad esempio il 17 maggio, quando media e politica parlano di noi con le solite dichiarazioni di facciata. A noi tocca invertire la narrazione, prendendo parola nel dibattito pubblico.

I nostri avversari fanno questo in tutto il mondo da decenni e sono arrivati dove sono arrivati. Certi decreti di Trump sembrano i volantini di Militia Christi di 20 anni fa.

Serve in sostanza riconoscersi tra soggettività diverse, ottimizzare gli sforzi e costruire processi chiari in cui al tempo dell’orizzontalità segua un risultato tangibile, che abbia un impatto in termini di opinione pubblica e reazioni politiche.

Abbiamo bisogno di parlare a molt3, alla maggioranza del Paese, come emerso in diversi tavoli dell’assemblea. Momenti come la piazza del 17 maggio, la prima iniziativa con una prospettiva nazionale, dopo anni, credo debbano essere radicali nelle proposte quanto attraversabili nei linguaggi e specifici nelle rivendicazioni politiche

La piattaforma del 17 maggio da questo punto di vista è chiara: andiamo a gridare tutt3 insieme, il giorno in cui TG e media parlano di noi, che bisogna sciogliere subito il tavolo sulla “disforia di genere”, che bisogna fermare la persecuzione delle famiglie arcobaleno nei tribunali, che bisogna buttare fuori i Pro-life dai consultori, che abbiamo di fronte un governo neofascista che impone un modello autoritario nelle piazze come nelle nelle scuole.

Coinvolgiamo nella piazza organizzazioni progressiste, sindacati e movimenti che ci supportano ma che non ancora hanno messo a fuoco i nostri temi con la stessa nostra consapevolezza o che a volte non ci capiscono. Proviamo per un attimo ad immaginarci nella piazza del 1 maggio. Molte persone, sulla carta, si dichiarerebbero a favore della comunità LGBTQIA+ (e già sentiremmo dei distinguo), ma quante saprebbero spiegare perché il “gender” è una bufala o cos’è l’identità di genere?

Sono convinto che serva impegnarci tutte in una nuova stagione di alfabetizzazione della società civile e della politica su questi temi, altrimenti non riusciremo ad ottenere alcun avanzamento in termini legislativi nemmeno dopo un ipotetico cambio di governo. Si dirà che è presto per pensarci. Forse. Ma i nostri avversari hanno ottenuto quello che hanno ottenuto lavorando in prospettiva per decenni.

Dopo la stagione dei Pride, che speriamo sia tra le più intense degli ultimi anni, credo che ci sia sicuramente bisogno di proseguire il lavoro dei tavoli, a condizione però di avere chiaro l’obiettivo successivo. In questa fase, i tavoli erano pensati come strumento orientato al 17. Hanno svolto il compito individuato dalle realtà promotrici del 29 marzo, elaborando 5 relazioni approfondite che hanno costituito la base del comunicato uscito per il lancio della piazza.

Io credo che bisogna immaginare un percorso di confronto funzionale tra le varie soggettività del movimento, un percorso che immagino orientato a coordinarci in modo strategico per le mobilitazioni e a intervenire nei momenti cruciali del dibattito pubblico sulle questioni LGBTQIA+, ponendosi in primo luogo il tema della sostenibilità e degli obiettivi.

Credo che la vera sfida di oggi sia fare in modo che non siano altri soggetti a orientare la discussione, ma che invece a farlo sia il movimento, facendosi promotore di iniziative rivolte alla società civile e alla politica.

Ci vediamo il 17 maggio e nelle occasioni che seguiranno!

Rosario Coco

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