Nuovo direttivo ONIG, Arcigay: “È tempo di modificare le linee guida: stop alla patologizzazione delle persone trans*”

  

NUOVO DIRETTIVO ONIG, ARCIGAY: “È TEMPO DI MODIFICARE LE LINEE GUIDA: STOP ALLA PATOLOGIZZAZIONE DELLE PERSONE TRANS*”

Bologna, 7 dicembre 2023 – “I nostri auguri di buon lavoro al nuovo direttivo dell’ONIG (Osservatorio Nazionale Identità di genere), ente che negli anni  della sua fondazione, nel 1998, ha svolto un ruolo di apripista, stabilendo per primo le linee guida per i professionisti impegnati nel supporto alle persone transgender durante i percorsi di affermazione di genere”: lo dichiara Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay. Che prosegue: “Tuttavia, va preso atto che da anni la comunità trans* e non binaria lamenta di non sentirsi tutelata dai protocolli ONIG e avanza la richiesta, precisa e non più eludibile, di adeguarli alle ormai già note linee guida internazionali WPATH”.

“A causa dei protocolli ONIG” prosegue Christian Cristalli, responsabile nazionale politiche trans di Arcigay, molte persone trans* in Italia hanno dovuto affrontare percorsi di psicoterapia non richiesti, sostenere costi elevati per diagnosi che nemmeno erano richieste dalla legge 164/1982, e in questi decenni migliaia di persone hanno dovuto sottoporsi alla violenza di cosiddetti “test di vita reale” che servivano solo a confermare le aspettative binarie dei medici e che per fortuna oggi non si fanno più.  Abbiamo assistito a piccoli graduali aggiornamenti e revisioni di queste linee guida che tuttavia risultano ancora lesive della dignità personale di migliaia di persone trans che purtroppo hanno addosso lo stigma di una diagnosi che fino a qualche anno fa era addirittura etichettata come un “disturbo dell’identità di genere”.  Quella della diagnosi e della patologizzazione è una prassi inaccettabile, a cui i medici hanno abituato i giudici dei tribunali, per i quali la documentazione contenente la diagnosi che in base alla legge non sarebbe richiesta dallo Stato, nei fatti viene pretesa dai giudici, così come un tempo accadeva esattamente con la sterilizzazione. ONIG deve cambiare rotta, a partire dal riconoscere la propria responsabilità nell’aver introdotto come prassi la necessità della diagnosi e di averla mantenuta tale anche dopo il 2018, anno in cui l’OMS ha chiesto a tutti i professionisti di non utilizzare più l’approccio diagnostico e di non basarsi più sul DSM, invitandoli a rispettare quanto previsto nell’ICD 11 – ovvero il rilascio di una semplice relazione di incongruenza di genere – per rispettare il benessere e la salute psicofisica delle persone transgender”.
“Ancora oggi – prosegue Cristalli – al primo punto degli standard of care di ONIG si richiede la “valutazione di criteri di eleggibilità della persona”, in pieno contrasto con l’approccio affermativo che riconosce alla persona il principio di autodeterminarsi, anche in quanto persona non binaria. Come persone trans* e non binarie, rivendichiamo la nostra de-psichiatrizzazione e la totale depatologizzazione dell’esperienza trans e rifiutiamo la narrazione della persona transgender come persona sofferente, malata o bisognosa di cure psicologiche non richieste. Ormai sappiamo bene che in Italia la TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva) non richiede alcun obbligo di prescrizione psicologica e che anche un endocrinologo può somministrarla privatamente sulla base del semplice consenso informato della persona.  Sono orgoglioso che Arcigay e la sua Rete Trans Nazionale abbiano come orizzonte di riferimento quanto stabilito da WPATH negli «Standards of Care Version 8»: ovvero l’eliminazione della diagnosi di disforia o varianza di genere e del limite di età minima per la somministrazione di bloccanti della pubertà, affermando esplicitamente che la medicalizzazione, la terapia ormonale sostitutiva, gli interventi chirurgici o la psicoterapia non sono trattamenti obbligatori o da raccomandare per forza, anche verso i minorenni. Arcigay,  in accordo con le indicazioni di WPATH, chiede ai professionisti che accolgano semplicemente il genere affermato dalla persona senza metterlo in discussione e senza sottoporla a test di validazione e che la comorbidità con altre questioni anche psicologiche non infici il percorso o l’accesso al percorso medico di affermazione di genere. Arcigay prende una distanza netta da tutti gli approcci diagnostici ai percorsi di affermazione di genere e condanna fermamente il gatekeeping, ovvero il potere da parte della classe medica e delle istituzioni di tenere sotto controllo l’accesso all’autodeterminazione delle nostre soggettività. Arcigay prende distanza dallo stigma della patologizzazione e dell’erogazione delle diagnosi che hanno portato molte persone trans alla transfobia interiorizzata e a non trovare la forza di affermarsi. Arcigay ha una rete di persone transgender che rivendica il riconoscimento delle linee guida internazionali WPATH versione 8 e chiede all’ONIG di lasciare posto all’applicabilità delle stesse in Italia: questo il miglior gesto di cura che si possa fare.” conclude.

 


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